MARUSCELLI, Paolo
MARUSCELLI (Marucelli, Maroscelli, Marovelli), Paolo. – Nacque nel 1594 da «Girolamo romano», come si apprende da un atto notarile del 22 marzo 1646 (Serego Alighieri, 1994, p. 146). Resta dubbio il luogo di nascita del M.: Baglione lo definisce «romano»; mentre è detto fiorentino in diversi documenti (Sacchetti Sassetti, p. 45 n. 139; Tesi, pp. 39, 132).
Non si hanno notizie sulla sua formazione; ma è stato ipotizzato (Connors, 1989, p. 162) che essa sia avvenuta a contatto con G.B. Soria, cui lo accomuna il lessico architettonico e ornamentale. La sua attività è documentata a partire dal 1622, quando risulta essere perito per la Congregazione degli oratoriani di Roma (ibid., pp. 22, 177 s.). Il primo incarico da progettista affidato al M. risale al 1626 circa, anno della commissione e fondazione della chiesa Nuova degli oratoriani di Perugia, giunta all’edificazione della facciata nel 1646 e terminata, dopo la morte del M., nel 1665 (ibid., pp. 162 s.; Serego Alighieri, p. 147).
Il 27 ag. 1628 la Compagnia del Sacramento commissionò al M. l’ampliamento dell’omonima cappella nel duomo di Rieti (Barroero, p. 177), terminato nella primavera del 1629.
L’architettura della piccola cappella è costituita da un parallelepido d’impianto «classicheggiante» con angoli smussati, riccamente decorato in stucco (1638 circa, da Gregorio Grimani da Stroncone), ed evidenzia la sostanziale comunanza di linguaggio del giovane M. con quello di Soria e di F. Ponzio (ibid., p. 178). I rivestimenti e gli arredi marmorei furono realizzati tra 1631 e 1635, mentre il M. era a Roma.
La prima documentazione reatina riguardante il M. risale comunque al 1626. È stato infatti identificato con lui il «S.r Paolo Marovelli fiorentino Architetto in Roma fatto venir aposta in questa città» (ibid., p. 179).
Nel 1627 iniziò la collaborazione del M. con gli oratoriani di S. Filippo Neri di Roma per la realizzazione del loro convento, la cui pianta si sviluppava intorno a due assi di cui quello est-ovest terminava nella sacrestia di S. Maria in Vallicella, primo nucleo della costruzione (1629-30).
Il M. lavorò per un quindicennio per la casa, in stretta consonanza con Virgilio Spada, influente oratoriano e amatore d’architettura, con gli apporti di «consulte» di periti esterni (G. De Vecchi, Soria, G. Rainaldi), accuratamente documentati e integrati dal M. nel progetto finale. Anche se il successivo progetto di F. Borromini si è sovrapposto al precedente inglobandolo, le vicende marucelliane ricostruite da Connors (1989, pp. 23-31) hanno fatto chiarezza sulla genesi del complesso, tra i maggiori exempla architettonico-urbanistici del Seicento. L’effettiva costruzione marucelliana fu realizzata negli anni 1629-34; il M. fu responsabile unico dei progetti fino al 1637, quando gli venne associato Borromini.
Al M. sono riferibili la sacrestia (compresi i credenzoni in noce, datati 1634), con i suoi ambienti di servizio, il corridoio e il complesso di stanze circostanti la cappella di S. Filippo Neri, traslata dalla sua vecchia abitazione, e quattro o cinque tra portali e mostre (di legno e marmo) realizzati tra 1634 e 1635 circa. Tale nucleo marucelliano, centrale ma funzionalmente secondario, fu incorporato nel vasto complesso borrominiano senza sostanziali modifiche. Quest’ultimo deve comunque molto alle soluzioni funzionali e strutturali del M., poiché la Congregazione, che applicò sempre il sistema delle «consulte» estese a vari architetti, aveva già vagliato e approvato il suo progetto, malgrado poi i temi ispiratori del M. (ripresi da A. Palladio, P. Tibaldi e Soria) siano stati superati dalle innovazioni borrominiane.
La sistemazione urbanistica dell’area prospiciente la Vallicella (strada Nuova) fu realizzata, tra 1627 e 1630, su disegni del M., approvati da papa Urbano VIII Barberini (Connors, 1989, pp. 127 s.), ma rimase incompiuta.
Nel 1629 il M. ebbe il primo incarico per disegnare la casa o convento dei teatini di S. Andrea della Valle, a Roma, di cui gli vengono riconosciute facciata e corte con fontana. Il cantiere si protrasse a lungo (post 1698), rispecchiando sostanzialmente il suo progetto.
L’attribuzione della sacrestia al M., sostenuta fino a Connors (1989, pp. 163 s.), è stata confutata da Coen e Petrucci, che la riferiscono a Girolamo Rainaldi, basandosi su un documento del 1616, secondo il quale la suddetta sacrestia doveva essere già costruita a quella data. Sempre a Connors (1989, p. 164) si deve il riconoscimento al M. delle porte della sacrestia; per gli importanti arredi (credenzoni e lavamani), compatibili col suo stile architettonico e ornamentale, non si hanno certezze documentarie.
A partire dal 1628 il M. è documentato quale architetto mediceo a Roma (Fumagalli, 1991, p. 578 n. 55; 2005, p. 59 n. 82), con incarichi relativi fra l’altro ai rilievi e alle misure per le fabbriche di palazzo Madama, del palazzo in Campo Marzio e nel giardino di Trinità dei Monti.
I primi pagamenti noti risalgono, però, al gennaio 1636. A quella data il granduca Ferdinando II incaricò il M. di progettare l’ampliamento di palazzo Madama, com’era detto il palazzotto Medici (del 1478 circa) in memoria di Margherita d’Austria, che vi aveva dimorato intorno alla metà del Cinquecento. Di quel cantiere, attivo tra 1638 e 1645, già avanzato tra 1641 e 1643, ma completato con ulteriori lavori dal lato di palazzo Carpegna entro il 1648, il M. ha lasciato vari disegni (ibid.), a partire dal bel rilievo dello stato di partenza (1638) e dal primo progetto con modello ligneo della finestra centrale (1638). Il progetto definitivo si discostò dall’iniziale sobrietà e approdò a una peculiare complessità decorativa, la cui paternità è ancora oggi oggetto di studi e ricerche. Il M. realizzò una nuova facciata, che inglobava quella precedente, il cortile e l’appartamento dei cardinali Carlo e Giovanni Carlo de’ Medici.
I lavori furono ordinati da Ferdinando II, rispettivamente fratello e padre dei due cardinali, per dare ai Medici un’adeguata sede di rappresentanza, dotata di abitazioni per il seguito e di annessi per cavalli e carrozze. Il progetto iniziale prevedeva una facciata tripartita da lesene giganti, che fu regolarizzata seguendo la tradizione fiorentina (B. Buontalenti, B. Ammannati) con una partitura di finestre e mattoni a «facciavista» (Borsi, pp. 26-29; Ruschi, p. 613).
La facies generale dell’edificio riflette l’esigenza del granduca e dei cardinali di affermare un’identità toscana, adattandola all’ambiente romano e al plasticismo dell’epoca barocca. Nonostante i costi complessivi molto elevati (più di 90.000 scudi), è attualmente documentata per il M. soltanto la spesa totale di 750 scudi (ibid.; Fumagalli, 2005, pp. 63, 72). Secondo quanto risulta dalle recenti ricerche archivistiche, il M. alternò il ruolo di progettista alle funzioni di direttore responsabile di cantiere, coordinando artisti e artigiani attivi sotto la sua guida anche in altri importanti coevi cantieri romani, quali lo scultore Cosimo Fancelli, gli scalpellini Francesco Ortolani, Simone Castelli, Andrea Appiani, Domenico Prestinari, Giovanni Maria Bongiardini (Ruschi, pp. 615, 624; Barroero, p. 177). Per gli interni (1638-39) ebbe come collaboratore M. Monanni, pittore e influente maestro di camera del cardinale Giovanni Carlo.
Successivamente all’acquisto da parte di Bernardino Spada nel 1632 del palazzo Capodiferro, il M. fu incaricato dapprima di ristrutturare (1633-34) l’ampio vestibolo, e poi quando nel luglio 1636, in qualità di sottomastro di strada, firmò la concessione al cardinale Spada di un’area del vicolo dell’Arco, lavorò all’ampliamento del palazzo cinquecentesco.
In particolare si occupò del ripristino del giardino segreto e della costruzione della quadreria e dello studiolo del cardinale al piano nobile (attuali III e IV sala della Galleria Spada). Tra il 1641 e il 1642 ricevette inoltre l’incarico di rinnovare le 3 stanze del piano terreno, verso il giardino segreto, e di aprire le due arcate del cortile, nel lato sud-ovest, dove verrà successivamente realizzata la prospettiva borrominiana.
In quegli stessi anni il M., su commissione di Virgilio Spada, collaborò alla sistemazione delle cappelle Spada di S. Andrea della Valle (1631-32) e S. Girolamo della Carità (1634), e successivamente, a partire dal 1641, fu incaricato della ristrutturazione del palazzo Spada-Veralli al Corso (non più esistente).
Nel 1634 fu richiesta l’opera del M. nella sacrestia di S. Maria dell’Anima dai sovrintendenti L. Holstein e J. Savenier, mentre architetto della chiesa era O. Torrioni (Knopp - Hansmann, pp. 67-69; Connors, 1989, p. 164). Tra 1636 e 1644, e oltre, venne realizzato un ottagono ad angoli smussati con ornamentazione e partiture comparabili a talune dell’oratorio e del palazzo Madama. Al 1635 è datato il progetto per la sontuosa e raffinata cappella Filonardi in S. Carlo ai Catinari (Breve racconto…; Tesi, p. 44; Ruschi, p. 623).
Tra 1638 e 1642 attese al funzionale progetto del convento di S. Maria sopra Minerva (ala orientale), con botteghe al piano terra (ora murate), stanze con mezzanino al piano nobile e largo corridoio, ora sala di lettura della Biblioteca Casanatense, a nord della successiva sala coperta principale (1700-29) che sul lato breve prosegue la facciata del Maruscelli.
Nella sacrestia di S. Maria sopra Minerva gli è stata attribuita l’estrosa e geniale Camera di s. Caterina (Barroero, p. 178), data in precedenza a Borromini e ad A. Sacchi (Connors, 1989, p. 165), per la scarsa riconoscibilità stilistica. La proposta attributiva si basa su un manoscritto di Fioravante Martinelli (1660 circa), amico di Borromini.
Per vari altri lavori, tra cui quelli per il Collegio germanico di S. Apollinare (1624 e 1632-37) e per S. Maria dell’Umiltà, presso il Quirinale (1641-46), non esiste una documentazione esauriente (ibid., pp. 167 s.). La cappelletta in S. Giovanni in Laterano, con partiture in stucco dorato molto apprezzate da Mola, è da identificarsi probabilmente con la cappella adiacente alla sacrestia dei canonici, dotata d’altare dedicato a S. Anna (ibid., pp. 168, 172; Barroero, pp. 178 s.).
Durante questi anni di intensa attività il M. divenne membro dell’Accademia di S. Luca (dal 1630) e della Congregazione dei Virtuosi (1640) e mise insieme una cospicua biblioteca personale, comprensiva dei maggiori testi classici dell’architettura, da Vitruvio a Serlio, ai trattati di idraulica e ingegneria militare, cui s’interessavano anche gli Spada. In essa non mancavano testi di prospettiva, geometria, ottica, iconografia, lingua e letteratura, o volumi relativi agli ordini religiosi e ai loro fondatori. I circa 30 disegni di architettura del M. ancora conservati hanno consentito inoltre di rilevare che la sua tecnica disegnativa (inchiostro e acquerello rosa e giallo su traccia a matita) era prossima a quella di Rainaldi e della sua cerchia (Connors, 1989, pp. 169 s.; Borromini e l’universo barocco, p. 147).
A partire dal 1642, anno a cui risale il progetto, fu attivo soprattutto come ingegnere idraulico per la bonifica delle paludi Pontine, su incarico di papa Innocenzo X (Connors, 1989, pp. 168, 172).
Il M. morì a Roma il 23 ott. 1649 (Rossi). In data 5 dic. 1649 fu redatto l’inventario dei beni nella casa in vicolo del Corallo, dal quale risultano essere suoi eredi la moglie Antonia Spicher e i figli Girolamo, Maria Felice, Gian Filippo, Carlo e Ludovico (Serego Alighieri, p. 147).
Nonostante le commesse ricevute e la storiografia secentesca testimonino i successi del M. tanto come architetto che come progettista di interni, nell’ambiente romano-fiorentino della prima metà secolo, la sua figura è stata interpretata in chiave subordinata ai grandi protagonisti del barocco romano Borromini e G.L. Bernini. La sfortuna critica del M. cominciò almeno da Milizia che giudicava negativamente facciata e cortile di palazzo Madama e durò fino al Novecento, da Portoghesi a Ruschi (p. 623, n. 51). Una più profonda comprensione del suo operato deve necessariamente partire dagli studi di Connors e può portare a vederlo come interprete di un Seicento in equilibrio tra classicismo tardocinquecentesco, con forti riferimenti all’opera di Palladio, ed eclettismo barocco.
Fonti e Bibl: G. Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti…, Roma 1642, p. 181; F. Martinelli, Roma ornata dall’architettura, pittura e scoltura (1660-63), in C. D’Onofrio, Roma nel Seicento, Firenze 1969, p. 245; G. Mola, Breve racconto delle migliori opere d’architettura, scultura et pittura fatte in Roma… (1663), a cura di K. Noehles, Berlin 1966, p. 71; F. Milizia, Memorie degli architetti antichi e moderni (1785), Sala Bolognese 1978, p. 128; J. Lohninger, S. Maria dell’Anima, die deutsche Nationalkirche in Rom…, Roma 1909, p. 119; E. Rossi, Avviso, in Roma, XVI (1938), p. 121; P. Portoghesi, Roma barocca, Roma 1966, pp. 267 s.; A. Sacchetti Sassetti, Il duomo di Rieti, Rieti 1968, pp. 42-51; C. D’Onofrio, Roma nel Seicento, cit., ad ind.; G. Knopp - W. Hansmann, S. Maria dell’Anima, die deutsche Nationalkirche in Rom, Kühlen 1979, pp. 66-69; V. Del Gaizo et al., I palazzi del Senato. Palazzo Madama, Roma 1984, pp. 19 s.; E. Fumagalli, Affreschi dello Spadarino a palazzo Madama, in Paragone, XXXVII (1986), 435, pp. 28-39; J. Connors, Borromini e l’Oratorio romano (1980), Torino 1989, ad ind.; E. Fumagalli, La villa Médicis au XVIIe siècle, in A. Chastel, La villa Médicis, II, Roma 1991, pp. 568-586; C. Coen - P. Petrucci, Il convento e l’isola dei padri teatini di S. Andrea della Valle, in Regnum Dei, XLVIII (1992), pp. 105-194; F. Borsi, Introduzione, in La facciata di palazzo Madama, Roma 1994, pp. 11-36; V. Tesi, P. Marucelli e la facciata di palazzo Madama, ibid., pp. 37-88; Id., La «fabbrica» di palazzo Madama, ibid., pp. 129-135, 138; F. Serego Alighieri, Le altre opere di P. Marucelli, ibid., pp. 141-148; Palazzo Spada. Le decorazioni restaurate, a cura di R. Cannatà, Milano 1995, pp. 15, 17, 59; J. Connors, in The Dictiornary of art, XX, London-New York 1996, pp. 520 s.; L. Barroero, Note per P. Maroscelli, in Scritti di archeologia e storia dell’arte in onore di C. Pietrangeli, a cura di V. Casale - F. Coarelli - B. Toscano, Roma 1996, pp. 177-179, 350-353; E. Fumagalli, Committenza e iconografia medicea a Roma nel Seicento. Il ciclo di affreschi di palazzo Madama, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XLI (1997-98), pp. 314-346; Id., Il sogno di un’«isola». I luoghi medicei a Roma: progetti e realizzazioni, in Villa Medici: il sogno di un cardinale. Collezioni e artisti di Ferdinando de’ Medici (catal.), a cura di M. Hochmann, Roma 1999, pp. 94-103; Borromini e l’universo barocco (catal., Roma), a cura di R. Bösel - C.L. Frommel, Milano 1999, pp. XXXI s., 146 s.; P. Ruschi, Alcune note sul cantiere seicentesco della facciata di palazzo Madama a Roma, in Opere e giorni: studi su mille anni di arte europea dedicati a Max Seidel, a cura di K. Bergdolt - G. Bonsanti, Venezia 2001, pp. 613-624; E. Fumagalli, Il palazzo Madama, in Palazzo Madama, Roma 2005, pp. 41-140; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 187; Diz. encicl. di architettura e urbanistica, III, pp. 502 s.