GHISLIERI, Paolo
Nacque a Bosco Marengo (Alessandria) nel 1539. Era probabilmente figlio di Luciano, che secondo Gabuzio era fratello di Antonio (Michele) Ghislieri (il futuro papa Pio V), secondo gli Avvisi di Roma un suo cugino, e per P. Tiepolo, invece, un suo cugino di secondo grado.
Sull'infanzia e sull'adolescenza del G. le fonti tacciono; la prima traccia su di lui è del 1566, anno dell'elezione di Pio V, quando fu ricevuto dal papa dopo il riscatto dalla schiavitù: militare imbarcato su una nave da guerra, era stato infatti catturato dai pirati barbareschi e tenuto prigioniero ad Algeri, dove subì maltrattamenti di cui portò i segni visibili tutta la vita (oltre a bastonature subì l'amputazione delle orecchie). Grazie alle sue riconosciute doti militari, al principio del 1567 il papa gli affidò le cariche di comandante della guardia papale (27 apr. 1567) e di governatore di Borgo (4 maggio 1567 - 19 ott. 1568). Ottenne inoltre rendite da luoghi di Monte per 500 scudi annui, dieci cavalierati pii e una villa.
Grazie al favore di Pio V, nel periodo romano condusse una vita agiata e godette di un certo prestigio presso la corte pontificia. Ma il lusso ostentato e una condotta non all'altezza degli uffici ricoperti suscitarono l'ira del pontefice, che in quel momento faceva emanare la normativa suntuaria. Il G. rischiò una prima volta di cadere in disgrazia, ma gli valsero le intercessioni del cardinale Giovan Paolo Della Chiesa e le aderenze che aveva saputo costruirsi in Curia; tuttavia già nell'ottobre del 1568 arrivò la rottura definitiva con Pio V.
Il G. fu coinvolto in una oscura vicenda di cui era rimasta vittima una donna, certa Olivetta, "pizzicarola" di Borgo, probabilmente una cortigiana che aveva avuto rapporti con lui. Il 19 ott. 1568, alla presenza del papa, fu letta la sentenza in cui egli era dichiarato decaduto dagli uffici, privato delle pensioni, dei due cavalierati di S. Pietro e bandito dallo Stato pontificio; a nulla gli valse l'intervento del cardinale Prospero Santacroce. Gli Avvisi di Roma riferiscono del generale stupore che si diffuse nella città alla notizia della partenza del nipote del papa, caduto tanto rapidamente in disgrazia. Da questo momento le notizie sul G. diventano molto frammentarie: nel 1569 si recò alla corte di Spagna, poi fu a Torino, a Bosco Marengo e a Firenze; quindi inviò a Pio V una supplica, sperando in un perdono che non risulta sia stato concesso.
Il G. prese parte alla battaglia di Lepanto (7 ott. 1571) a bordo della nave capitana pontificia: in un feroce combattimento, nel quale si coprì d'onore e rimase ferito al viso, riuscì a uccidere un comandante e molti soldati nemici, conquistandone anche l'imbarcazione e meritando per questo una pensione annua di 600 scudi d'oro dal re di Spagna. Per lo stesso motivo, il capitano O. Biondi e il cavalier Romegasi, uomini legati alla Curia romana e presenti alla battaglia, chiesero al papa di accordare al G. la grazia; la stessa cosa fecero, senza alcun esito, Alessandro Farnese e don Giovanni d'Austria.
Alla fine del 1571 il G. era a Messina, in convalescenza per le ferite della battaglia, sotto la protezione del cardinale Antoine Perrenot di Granvelle, viceré di Napoli, che all'inizio del 1572 gli diede una condotta per il reclutamento di 2000 fanti. Nel 1577 il G. era nuovamente a Roma: il 22 maggio il tribunale criminale del governatore lo condannava, insieme con altri, al pagamento di 3000 scudi e all'esilio dallo Stato pontificio per aggressione e tentato omicidio.
Secondo P.L. Bruzzone, il G., legatosi a don Giovanni d'Austria, nel 1577 si recò a Napoli, dove rimase probabilmente fino al 1594, anno in cui morì.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Tribunale criminale del governatore di Roma, Sentenze, b. 6, cc. 60v-61; Roma, Arch. Capitolino, Archivio Ghislieri, b. 1, f. 1; Bibl. apost. Vaticana, Urb. lat., 1040, cc. 304, 310, 395, 403, 416, 419, 544, 545, 563v, 615, 632v, 633v, 634, 661; 1041, cc. 19v, 117v, 118, 138, 162; 1043, c. 43v; G. Catena, Vita del gloriosissimo papa Pio V, Romae 1586, p. 197; G.A. Gabuzio, De vita et rebus gestis Pii V, Roma 1605, pp. 176, 230, 233; L. Iacobilli, Vita del santissimo sommo pontefice Pio V…, Todi 1661, pp. 4, 10, 66, 104; A. Chacon, Vitae et res gestae pontificum Romanorum…, III, Romae 1677, p. 1015; B. Sereno, Commentari della guerra di Cipro e della Lega dei principi cristiani contro il Turco, Montecassino 1845, p. 209; F. Mutinelli, Storia arcana e aneddotica d'Italia raccontata dai veneti ambasciatori, Venezia 1856, pp. 54-56; M. Soriano, Ritratto di Pio V, in E. Alberi, Relazioni degli ambasciatori veneti, IV, Firenze 1857, p. 201; P. Tiepolo, Relazione da Roma in tempo di Pio IV e Pio V, ibid., p. 178; P.L. Bruzzone, I Ghislieri e la giustizia, in Cosmos illustrato, I (1903), pp. 141-143; Id., Famiglia Ghislieri di Bosco: genealogia, ibid., II (1904), p. 61; P. Spezi, S. Pio V e i suoi tempi, ibid., pp. 17 s.; L. von Pastor, Storia dei papi, VIII, Roma 1912, ad indicem; A. Salimei, Gli Italiani a Lepanto, Roma 1931, pp. 103, 174; N. Del Re, Il governatore di Borgo, in Studi romani, XI (1963), pp. 24 s.; C. Weber, Legati e governatori dello Stato pontificio (1550-1809), Roma 1994, pp. 163, 698.