BRUSANTINI, Paolo
Nacque a Ferrara nel 1552 da Alessandro. Le notizie sulla famiglia sono scarsissime: i genealogisti ferraresi non ne indicano le origini (A. Maresti, Teatro geneologico et istor. delle famiglie di Ferrara, I, Ferrara 1678, p. 231); e nel corso del secolo stesso il casato si spense con un Bartolomeo morto nel 1661 (A. Libanori, Ferrara d'oro, III, Ferrara 1674, pp. 222-23).
Nulla sappiamo della sua formazione e degli studi giovanili. Partecipò alla vita letteraria, galante e politica della sua città: accademico dei Parteni e degli Intrepidi, brigò, pel tramite di Leonardo Salviati, per essere ascritto all'Accademia Fiorentina (Prose inedite del cav. L. Salviati, raccolte da L. Manzoni, Bologna 1873, pp. 138, 140; già, sommariamente, in S. Salvini, Fasti consolari dell'Accad. Fiorentina, Firenze 1717, p. 270); fu amico di Alessandro Guarini e corrispose con Ferrante II Gonzaga, signore di Guastalla, a cui mandava per un giudizio i suoi esercizi poetici e retorici di vario argomento. Tra le opere del primo periodo ferrarese è una tragicommedia pastorale, L'Alcida (rammentata con lode da A. Ingegneri, Della poesia rappresentativa, Ferrara 1598. p. 61), che probabilmente non fu mai stampata e che certo oggi risulta irreperibile. Allo stesso periodo deve forse essere ascritta la "favola pastorale" Filaura, di ispirazione e forme convenzionali ma non priva d'una certa scolastica scaltrezza; a meno che non si voglia dar consistenza a qualche particolare che sembra richiamare alla Filli inSciro del Bonarelli, nel qual caso la datazione sarebbe posteriore al 1609.
Fu al servizio della corte estense: Alfonso II gli affidò varie missioni, soprattutto a Mantova (1583); Cesare, impegnato nella lotta contro Clemente VIII, lo incaricò nel 1597 di reprimere la dissidenza di Cento (A. Faustini, Aggiunta alle Istorie ferraresi di G. Sardi, Ferrara 1646, p. 114). Quando nel 1598 avveniva la devoluzione di Ferrara alla S. Sede, i Brusantini seguivano a Modena il duca Cesare, insieme con molte altre famiglie, contro le quali fu sempre molto viva l'ostilità dei Modenesi. Il membro più potente del "partito ferrarese" era G. B. Laderchi detto l'Imola, consigliere di Stato di Alfonso e Cesare, poi ministro di Cesare sino al 1617; del quale il B. era genero, avendone sposato la figlia Anna, da cui ebbe Alessandro e due figlie: una monaca, un'altra, Laura, maritata a Padova a Giulio Alvarotti.
Il 10 nov. 1599 gli Estensi fecero attentare alla vita di Marco Pio signore di Sassuolo, morto diciassette giorni dopo, e il B., allora capitano della guardia tedesca, era gravemente indiziato d'aver avuto parte in tale omicidio, secondo riferiva il nunzio pontificio presso il duca di Modena, G. B. Stella, in una lettera al cardinale S. G. (probabilmente Cinzio Aldobrandini, cardinale di San Giorgio: copia della lettera nell'Arch. di Stato di Modena: Serie particolari, B. P.). Cesare provocava una sentenza della Camera ducale che devolveva agli Este il dominio di Sassuolo sottraendolo a Enea Pio, zio del signore defunto. Il 7 genn. 1600, forse a premio della parte avuta nelle trame estensi, il B. veniva mandato a Sassuolo come governatore per un anno, venendovi riconfermato sino al giugno del 1604, quando venne sostituito dal reggiano Paolo Manfredi.
Il B. affrontava un compito difficile, sia per la forza dei fautori dei Pio, sia pei contrasti coi minori feudatari delle località finitime (i Rangoni, i Calcagnini, i Buoncompagni); e il suo governo fu duro e volto a comprimere le autonomie locali, ma certamente abile e non imprudente. Sciolse il Consiglio comunale fedele ai vecchi signori ed epurò il nuovo consiglio dei membri non abbastanza docili. Il 4 apr. 1603 indirizzava al duca una relazione dello stato di Sassuolo dedicata, a parte qualche convenzionale tratto descrittivo, a una rassegna delle persone e delle famiglie più in vista, giudicate per attività, onestà e fedeltà al nuovo signore, che veniva assicurato della lealtà dei sudditi, nonostante i focolai di sediziosi che avrebbero preteso "quasi di vivere a Repubblica".Tornato a corte col grado di cameriere segreto del duca e nella vecchia funzione di capitano della guardia tedesca, onorato (29 ott. 1604) con la concessione della cittadinanza modenese e più tardi (24 febbr. 1608) investito, con diritto di trasmissione, del feudo d'Acquabona e Nismozza, nel territorio di Castelnuovo Monti, comprendente anche la frazione di Culagna, il B. servì il suo sovrano in varie missioni diplomatiche: a Ferrara per trattative con la Chiesa (aprile 1606), a Urbino (febbraio 1608), a Mantova (novembre 1609 e 1612), a Milano (1610).
Furono questi gli anni di più prospera fortuna. Nel 1611 apparivano i Dialoghi de' governi dedicati al duca Cesare, lo scritto di maggior impegno.
Sono tre dialoghi ambientati nella villa estense di Spezzano - del tutto esemplati sugli schemi della letteratura "di conversazione" evocatrice di un'arcadia signorile - che trattano tre modi di governo: in tempo di pace, di sospetto di guerra e di guerra aperta. Interlocutori sono il Laderchi, Ernesto Bevilacqua, poi governatore di Carpi e di Reggio, Alfonso Fontanelli, Fabio Scotti, Ippolito Bentivogli: tutti ferraresi e tutti viventi quando si stampava l'opera, che anche da questo trae parte del suo interesse, per essere un tentativo di teorizzare il dominio dei nuovi gruppi. L'immagine ideale del governatore che il B. tratteggia è rigidamente conservatrice e tutta intrisa di quel moralismo controriformistico, che si manifesta nella continua e stizzosa polemica contro il Machiavelli, e più ancora nella intenzione di giustificare comunque il consenso con chi detiene il potere, "essendo sempre giusto il servire al Principe, alla patria ed a' parenti" (p. 68).
In breve tempo vari episodi scossero la posizione del B., anche lasciando a parte le sventure coniugali del figlio Alessandro, ragione di dileggio per la famiglia. Il 17 febbr. 1612 il cronista Spaccini (sempre ostile ai Brusantini, che considerava "gente siocha et infame": Arch. Comunale di Modena, Cronaca dello Spaccini, 4 apr. 1612) registra con evidente soddisfazione un attentato al B. andato a vuoto e insinua che fosse tutta una finzione. Nel 1613 il granduca di Toscana Cosimo II chiese il passo attraverso il Modenese. per duemila fanti e trecento cavalli promessi a Ferdinando Gonzaga contro Carlo Emanuele I di Savoia: rifiutato il transito, i Toscani forzarono i confini nella zona di Montetortore e riuscirono a passare costeggiando il territorio bolognese, perché il B., in accordo con altri capi militari, ordinò un ripiegamento che si trasformò in rotta disordinata. L'opinione comune mise ingiustamente a carico del solo B. questo episodio inglorioso (cfr. Spaccini, Cronaca, cit., 12 giugno 1613). L'anno dopo, come appendice maligna al contrasto tra l'Aromatari e il Tassoni, venivano diffuse a Modena due scritture infamatorie contro il Tassoni; e questi le attribuì a Maiolino Bisaccioni - che dichiarava la sua responsabilità in una lettera al Testi del 12 giugno 1614 - e ai Brusantini. Le risultanze del processo non provarono nulla a carico dei Brusantini, ma è difficile credere che essi, amici e protettori del Bisaccioni, non avessero parte alcuna nella vicenda; dalla quale, naturalmente, ebbe origine l'astio implacabile del Tassoni, che dileggiò i suoi avversari nella figura del conte di Culagna.
Una tradizione che il Muratori (Vita di A. Tassoni, Modena s.d. [ma 1739], pp. 36, 63-65) dice costante vedeva nel Culagna il B.; gli studiosi moderni identificano il personaggio con Alessandro. In effetti nella Secchia rapita visono allusioni ad ambedue i Brusantini (per il B.: III, 57; IX, 72-73; e, nell'edizione parigina del 1622, poi modificata, XI, 10-11), e anche in una lettera al Barisoni, 29 apr. 1616, si dice che a Sassuolo e v'era in governo il Conte di Culagna (Tassoni, Lettere, II, p. 38).
Alla fine del '15 la fortuna della famiglia declinava rapidamente: un infelice negoziato col principe di Correggio provocava le ire del duca Cesare, che faceva incarcerare il B. (M. A. Guarini, Diario di tutte le cose accadute nella città di Ferrara, ms. nella Biblioteca Estense di Modena, α.H.2.17, c.414). Liberato dopo pochi giorni, il 16 novembre, fu destituito dalla carica e costretto ad abbandonare Modena. Si ritirava a Ferrara con la famiglia nel gennaio 1617, e a Ferrara visse poi sempre, tranne un temporaneo trasferimento a Roma, alla fine del '17, per seguire una causa civile concernente la figlia. Nel 1621 veniva ascritto da Gregorio XV nel novero dei ventisette nobili consiglieri di Ferrara; nello stesso anno acquistava per sé e per il figlio un feudo con titolo marchionale, conferitogli da un avventuriero levantino, che si spacciava per principe di Macedonia: incauta ingenuità che il Tassoni non mancò di irridere. Qualche tempo dopo, tuttavia, le ambizioni nobiliari del B. (che aveva dovuto rinunciare all'investitura dei feudi d'Acquabona e Nismozza) venivano soddisfatte, e il 15 maggio 1622 il papa erigeva a marchesato la giurisdizione del castello romagnolo di Falcino (Maresti cit., p. 231; F. Pasini, I feudatariferraresi nel sec. XVII, in Giornale araldico, n.s., II [1893], suppl., p. 391).
Morì a Ferrara nel marzo 1625 efu sepolto nella chiesa dei padri di S. Paolo.
Opere: Modena, Bibl. Estense: cinque lettere a F. Gonzaga [1582-86], ms. α.S.I.36(Ital. 854), cc. 178-81; Filaura, Favola pastorale, Ms.α.K.3.10. Arch. di Stato di Modena: lettere al duca Cesare e al Laderchi, Cancelleria Ducale, Carteggio dei Rettori: Sassuolo; lettere al duca Cesare, al Laderchi e altri documenti. Serie Particolari: Brusantini Paolo. Arch. di Stato di Ferrara, ordine di pagamento per V. Ruggero, ms. Nº 562. Dialoghi de' Governi, Modena1611; traduzione dallo spagnolo dell'Istoria, vita, miracoli, estasi e revelationi della vergine suor Giovanna della Croce... composta e di nuovo corretta ed emendata per fra Antonio Dazza, Modena 1615 (e di nuovo, Modena 1616, Pavia 1616, Padova 1619); Pastorella gentil, in Rime scelte de' poeti ferraresi, Ferrara 1711, p. 262; Relazione dello stato di Sassuolo, in Omaggio del Municipio di Sassuolo per la solenne inaugurazione del nuovo ponte sul fiume Secchia il dì 29 settembre 1872, Sassuolo 1872, pp. 45-59.
Fonti e Bibl.: G. B. Spaccini, Cronaca modenese (1588-1636), I-III, Modena 1911-1936, ad Indices (con una parte ancora inedita nell'Arch. Comunale di Modena, Camera Segreta); A. Guarini, Lettere, Ferrara 1611, pp. 15 s., 39-43, 45, 57 s., 67-69, 153 s.; A. Querenghi, Poesie volgari, Padova 1616, p. 49; A. Tassoni, Lettere [1616-1621], a cura di G. Rossi, I, Bologna 1901, pp. 49, 63, 229, 281 s., 292, 341-43, 345-47, 349; A. Superbi, Apparato degli uomini illustri della città di Ferrara, II, Ferrara 1620, pp. 87 s.; F. Testi, Lettere [1625], a cura di M. L. Doglio, I, Bari 1967, p. 102; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii, II, Ferrara 1735, p. 334; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2233 s.; G. Tiraboschi, Biblioteca Modenese, V, Modena 1784, pp. 186-91; G. Ferrari, Corso sugli scrittori politici ital., Milano 1862, pp. 388 s.; F. Cavalli, La scienza politica in Italia, II, Venezia 1881, pp. 285-89; N. Gionini, in Omaggio del Munic. di Sassuolo per la solenne inauguraz. del nuovo Ponte sul fiume Secchia, Sassuolo 1872, passim; V. Santi, Il passaggio dei Toscani per il Modenese nel 1613, Modena 1886, pp. 53, 56 s., 63 s., 81, 84-90; Id., P. ed Alessandro B. nella storia e nella Secchia rapita, in Rassegna emiliana, I (1888), pp. 33-50, 69-84, 223-32, 409-21, 709-46; G. Cavazzuti, Studi sulla letterat. politico-militare dall'assedio di Firenze alla guerra dei trent'anni, Modena 1905, pp. 184-203 e passim; V.Santi, La storia nella "Secchia rapita", II, Modena 1909, pp. 87-95; T. Bozza, Scrittori politici italiani, Roma 1949, p. 116.