BERNARDINI, Paolino
Nacque a Lucca, da famiglia nobile, il 17 marzo 1518, ed ebbe il nome di Cosimo, che mutò nell'atto di professare i voti. Entrò novizio nel convento domenicano di S. Miniato al Tedesco nel 1532. Quasi certamente suggestioni familiari lo indirizzarono alla vita religiosa e all'Ordine dei predicatori, cui aderirono anche due fratelli e due sorelle. Nel marzo 1533, avendo già pronunziato i voti, venne mandato a studiare nel convento lucchese di S. Romano.
Nell'agosto 1542 il B. ed il confratello Vincenzo Franciotti denunziarono al vicario episcopale di Lucca cinque proposizioni eterodosse di don Costantino da Carraia, priore dei canonici lateranensi di Fregionaia, che fu costretto a fuggire. Nello stesso anno il B. fu inviato nel convento di Perugia. Non sappiamo quando tornasse in patria, ma va forse identificato in lui un frate che nel gennaio 1547 denunziò a Roma nuove infiltrazioni ereticali in Lucca. Nel 1549, quando Paolo III decise di istituire anche in quella città il S. Uffizio, furono designati a reggerlo il priore di S. Romano ed il B. stesso, ma il governo della repubblica riuscì a far revocare l'istituzione. Dall'episodio seguì una certa animosità del governo verso i religiosi di S. Romano, rinnovata anche in occasione di una nuova denunzia giunta a Roma l'anno seguente.
Anche la produzione letteraria del B. fu indirizzata alla lotta contro l'eresia. Il suo primo frutto fu una libera traduzione da s. Vincenzo di Lérins: Admonitione catholica a tutti i fideli christiani di Vincentio Lirinense, fatta per quelli che al tempo delli heretici si trouano (Lucca, Busdrago, 1549). I problemi della vita ecclesiastica nati con la Riforma furono anche il tema dell'opera maggiore del B., la Concordia ecclesiastica contra tutti gli heretici (Firenze 1552), destinata ad un ampio pubblico e scritta perciò in volgare.
Il B., stabilita la necessità di un magistero assoluto quale può garantire la Chiesa, affermava che esso si esprime attraverso il concilio generale, giudice legittimo ed infallibile cui ogni cristiano deve obbedienza. I concili possono essere convocati solo dai pontefici, che ne confermano le decisioni, ed esse, in materia di fede, sono irrevocabili. Quando il concilio non è riunito, la concordanza dei Padri e Dottori e l'autorità della Sede apostolica sono le due fonti per la soluzione dei dubbi. Nell'ultimo libro è esposta la dottrina cattolica nelle materie controverse: libero arbitrio, sacramenti, la Scrittura. In appendice è data la traduzione di un altro scritto controversistico, il Discorso sopra la vita et dottrina lutherana (cioè la Retectio Lutherismi, Lipsiae 1538) di Georg Witzel. Su uno dei problemi trattati nella Concordia ilB. tornò con un inedito Tractatus de praedestinatione (erroneamente toltogli dal Mazzuchelli) non precisamente databile.
Nel 1556 il B. era maestro dello Studio che l'Ordine teneva nel convento di Perugia e che l'anno seguente fu trasferito a Firenze. Ci sono conservati gli appunti autografi delle lezioni su Cristo e i sacramenti da lui tenute a Firenze proprio nell'autunno del 1557. Nel 1558 egli, che era vissuto in ambienti, come quello dei domenicani lucchesi, ricchi di spiritualità savonaroliana, fu chiamato a Roma dal maestro del Sacro Palazzo, Matteo Lachi, a sostenere le parti della difesa nella discussione che si svolgeva davanti alla Congregazione dell'Inquisizione circa la dottrina del Savonarola. Il B. presentò alla Congregazione alcune memorie, e partecipò al dibattito nel quale ebbe per principale antagonista Giacomo Laynez. Affermò che l'insegnamento del Savonarola non era eretico né scismatico né scandaloso né temerario quanto all'atteggiamento profetico.
Circa quest'ultimo punto, dopo aver premesso che anche al suo tempo potevano darsi profeti, osservava che le profezie savonaroliane, nel loro significato generale, inculcando la riforma della Chiesa e la punizione dei peccatori, non potevano essere rifiutate se non da chi avesse negato la provvidenza, mentre, circa i modi di attuazione, il Savonarola non pretendeva una fiducia illimitata. In un breve scritto che dové esser composto nello stesso anno, ma che non fu forse usato nella difesa, dimostrò poi l'invalidità della scomunica inflitta al predicatore da Alessandro VI.
Verso il Natale del 1558 si ebbe la conclusione del procedimento, che il B. e gli altri savonaroliani considerarono soddisfacente, venendo posti nell'Indice, con la formula "donec emendata prodeant", solo pochi scritti del Savonarola.
A Roma il B. predicò con successo nei primi mesi del 1559, nella chiesa della Minerva. Nuovamente vi predicò, pare, nel 1560, ma la tarda testimonianza che lo afferma potrebbe riferirsi in realtà alle prediche dei 1559. Tornò ad insegnare nello Studio dell'Ordine, che nel 1563 fu riportato da Firenze a Pertigia, col B. a reggente. Nel capitolo generale tenuto a Bologna nel 1564 ricevette il grado di maestro di teologia. Era a Lucca nel 1566-67, poi a Roma, dove fu incaricato, col confratello Alessandro Franceschi, di riferire e giudicare il tenore delle prediche dei compagni di s. Filippo Neri, col quale contrasse amicizia. Nel 1570 fu costretto ad allontanarsi da Roma per breve tempo perché un parere emesso da s. Filippo, da lui e da altri due teologi sull'illiceità del costringere al servizio sulle galere gli zingari immuni da reati era dispiaciuto a Pio V. Si ritirò allora nella casa che i domenicani lucchesi avevano nella campagna di Mastiano, e quivi ebbe peidiscepolo Giovanni Leonardi, il futuro fondatore dei chierici regolari della Madre di Dio, alla cui formazione religiosa aveva contribuito il fratello dei B., Francesco.
Gli ultimi anni videro una risoluta conversione del B. dagli studi e dalla predicazione all'attività di riformatore del proprio Ordine, che ebbe inizio quando, il 20 apr. 1573, il padre generale Serafino Cavalli assegnò a lui e ai suoi compagni il convento di S. Domenico in Chieti perché vi instaurassero una più stretta osservanza.
Il B. realizzava così un desiderio maturato da almeno dieci anni, poiché già una sua lettera dei luglio 1563 testimonia la sua intenzione di ravvivare l'osservanza della regola in qualche convento (che per questo fine avrebbe dovuto godere di una certa indipendenza disciplinare): progetto che aveva incontrato serie opposizioni. Non mancò qualche nuovo contrasto (egli si dovette giustificare dall'accusa di avere imposto ai suoi domenicani il modo di vita dei cappuccini), ma neppure mancò l'appoggio dell'Ordine, il cui maestro generale concesse o confermò al B., il 30 maggio 1580, la facoltà di accogliere nella sua riforma quanti volessero aderirvi, mentre il capitolo generale, istituendo uno Studio nel convento di Chieti, lo nominò suo reggente per il primo anno. Allo stesso capitolo era stato designato come candidato all'ufficio di maestro generale (Mortier, Hisroire des Maîtres généraux de l'ordre des Frères Prêcheurs, V, Paris 1911, p. 589). La riforma si estese a diversi conventi dell'Abruzzo; nel 1581 il B. ne aprì due a Napoli, dove sorsero pure alcune confraternite laicali; nel 1583 la preesistente congregazione aprutina, essendo già riformati tutti i suoi conventi, prese il nome di congregazione di S. Carerina da Siena. Una ispirazione largamente savonaroliana presiedeva all'opera del B., sia per la rigorosa osservanza della regola che egli imponeva, sia per l'insistenza dell'esempio savonaroliano che egli adduceva onde giustificare l'idea di staccare i religiosi e i conventi aderenti alla riforma da quelli più rilassati. Non a caso quindi il B., secondo il racconto del suo concittadino e confratello Dionisio (al secolo Giovanni) Martini - la cui storia della riforma aprutina è edita, tradotta in italiano, dal Carderi in La riforma…, pp. 84-125 -, credette di scorgere il Savonarola in una figura misteriosa apparsa durante una cerimonia che segnava un successo importante per la congregazione e che si celebrava proprio nell'anniversario dei supplizio.
Il B., cui si attribuirono spirito profetico ed alcuni miracoli post mortem, morì a Napoli il 25 giugno 1585.
Opere: Il Tractatus de praedestinatione è nel ms. Vaticano lat. 4722, cc. 144a-182a. Le lezioni dei 1557 e 1559 sono nel ms. 2442 della Biblioteca governativa di Lucca. Il Discorso sopra la dottrina et opera dei Reverendo Padre Fra Girolamo Savonarola da Ferrara… fu edito dal Quétif in G. F. Pico, Vita… Hieronymi Savonarolae…, II, Parisiis 1674, pp. 561-615. In realtà solo le prime pagine (fino alla p. 573) costituiscono il vero Discorso, cioè la difesa dei Savonarola, mentre il seguito è un resoconto del difficile dibattito, steso dal B. non prima del 1566 e arbitrariamente fusocon il Discorso, che, ridotto a miliglior lezione, è stato riedito separatamente da I. Taurisano in Fra Girolamo Savonarola (Da Alessandro VI a Paolo IV), in La Bibliofilia, LV(1953), pp. 47-53. La Definitio contra iniustam ex communicationern latam erga Fratrem Hierorum in Savonarolam Ferrariensem fu edita da G. D. Mansi in St. Baluzii Miscellanea, 2 ed., I, Lucca 1761, pp. 593-95. Un'operetta destinata alla formazione dei giovani religiosi, il Trattato utilissimo della perfetta obbedientia, a cura di B. Carderi, è in Arch. ital. per la storia della Pietà, II, Roma 1959, pp. 285-305.
Diverse le opere perdute o tuttora non ritrovate. Uno scrittore dell'Ordine suo contemporaneo riferiva di Quodlibeta… de absolutis quae Deo conveniunt, de Trinitate, de angelis, de gratia, de incarnatione et do sacr entis (forse da identificarsi in parte con le citate lezioni fiorentine), di un indice delle sentenze contenute nel commento del Caetano alla Summa di s. Tommaso e di una cronaca dell'Ordine dei predicatori, che sarebbe stata incominciata prima dei 1556. Per altri suoi scritti inediti. non tutti abbastanza sicuramente attestati (ma alcuni si sarebbero trovati ancora nel sec. XVIII a Perugia), e per due opuscoli per confraternite napoletane usciti postumi, v. Carderi, La riforma, p. 111 n. 48.
Bibl.: Antonius Senensis, Bibliotheca Ordinis fratrum praedicatrum, Parisiis 1585, pp. 189 s.; S. Razzi, Istoria degli huomini illustri… del sacro ordine de gli predicatori, Lucca 1596, pp. 328, 335 a.; G. M. Piò, Delle vite degli huomini illustri di S. Domenico, Bologna 1620, col. 616; J. Quétif-J. Echard, Scriptores Ordinis praedicatorum, II, Lutetiae P. 1721, pp. 274 s.; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 972 s.; C. Lucchesini, Della storia letter. del ducato lucchese, I, Lucca 1825, pp. 224-29; F. Lauchert, Die italien. literar. Gegner Luthers, Freiburg i. B. 1912, pp. 556-68; I. Taurisano, I domenicani in Lucca, Lucca 1914, pp. 112-25; L. Ponnelle-L. Bordet, Saint Philippe Néri et la société romaine de son temps (1515-1595), Paris 1928, passim; Il primo processo per san Filippo Neri…, a cura di G. Incisa della Rocchetta, N. Vian, G. Gasbarri. 4 voll., Città del Vaticano 1957-1963, passim; B. Carderi. La riforma domenicana in Abruzzo, in Memorie domenicane, n. s., XXXIV (1958), pp. 72-125; Id., introduzione al Trattato della perfetta obbedienza…, pp. 237-90; Id., Messe all'Indice le opere del Savonarola? (Ricordo del 4°centenario d'una contrastata vicenda), in Memorie domenicane, n. a., XXXVI (1960). pp. 37-52; Id., La Provincia domenicana d'Abruzzo detta Provincia di s. Caterina da Siena,in Archivum fratrum praedicatorum, XXXIV(1964), pp. 191-229; M. Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Torino 1965, pp. 385, 411-13, 426 s.