PANNOCCHIESCHI d'ELCI, Orso Niccolo
PANNOCCHIESCHI d’ELCI, Orso Niccolò. – Nacque a Siena il 15 settembre 1569 dal terzo matrimonio del padre Ranieri di Agnolo con la senese Francesca Ricci Fantoni.
Alla morte del padre, il 4 maggio 1574, come unico figlio maschio vivente acquisì i diritti consortili sul feudo imperiale d’Elci e il titolo di conte di Fosini, ereditando il patrimonio paterno sotto vincolo fedecommissorio; gli esecutori testamentari furono lo zio paterno Alberto e lo zio materno Alessandro Fantoni.
Conseguita la laurea in utroque iure (Arch. di Stato di Siena, ms. A. 15, cc. 116-119) aderì alla nuova Accademia dei Filomati con il nome di Ravvivato, allineandosi al ceto dirigente cittadino conformatosi ai nuovi assetti istituzionali derivanti dalla dominazione medicea. Nel 1587 prese parte al Monte dei Gentiluomini, conseguendo anticipatamente la più ampia facoltà giuridica con la qualifica di ‘risieduto’, che la normativa regolava ai 21 anni di età. Nel 1588 sposò Lucrezia Bulgarini, figlia del letterato senese Scipione e della fiorentina Camilla di Antonio Bartolini Baldelli, cognata di Belisario Vinta.
Dall’unione nacquero sei figli: Ranieri (14 maggio 1590), Francesca Maria (3 febbraio 1592), Cecilia (1° settembre 1595), Fulvia (20 dicembre 1596), Scipione (28 giugno 1598), oltre a Camilla, di cui si ignora la data di nascita.
Il 19 dicembre 1597 fu tra i nobili senesi che accolsero al suo ingresso in città il nuovo arcivescovo Francesco Maria Tarugi, incaricato di riaffermare i principi tridentini nella diocesi. Dal 1600 al 1602 fu camarlengo del Monte dei Paschi e Dogane. Il 5 giugno 1602 accolse la famiglia granducale alla sua prima visita a Siena. A meno di un mese dall’incontro, il 1° luglio, il granduca Ferdinando I lo nominò membro senatoriale di Siena e due anni dopo giusdicente per la conduzione del Capitanato di Montagna.
Il 6 marzo 1605, in qualità di gentiluomo e cerimoniere di corte, giunse a Roma al seguito dello zio Vinta, incaricato dal granduca di seguire la trattativa con l’ambasciatore spagnolo Juan Fernández Pacheco, marchese di Villena e duca di Escalona, finalizzata al riavvicinamento tra Ferdinando I e la Spagna nel tentativo di ridefinire la natura del possesso mediceo su alcuni territori della Lunigiana e dei diritti sul feudo di Piombino. Fu il primo incarico a coinvolgerlo direttamente nel servizio alla corte fiorentina e lo mise in contatto con figure di spicco, come Virginio Orsini duca di Bracciano e Niccolò dell’Entella (Arch. di Stato di Firenze, Miscellanea medicea, 165.10, c. 23), ma anche con giovani funzionari alle prime armi, come Andrea Cioli. Con la morte di Clemente VIII il mandato si allargò nel tentativo di favorire il partito spagnolo in conclave. L’elezione e la morte poco dopo di Leone XI richiesero nuovamente gli uffici di Vinta e del suo seguito per osservare l’andamento del nuovo conclave. Solo il 29 giugno, dopo avere assistito all’elezione di Paolo V e mantenuto vivo il negoziato con la casa reale spagnola, la delegazione ritornò a Firenze.
Nel novembre dello stesso anno Pannocchieschi d’Elci fu rispedito a Roma ad affiancare l’ambasciatore toscano in carica, Giovanni Niccolini, per un nuovo periodo di formazione. L’apprendistato durò fino al 1608, quando si decise di inviarlo presso gli Asburgo d’Austria per concludere l’unione di Maria Maddalena, figlia dell’arciduca d’Austria Carlo II, e Cosimo de’ Medici. A causa delle notizie su epidemie pestilenziali nel Nord Europa, la missione fu rinviata fino a progettare di dirottarla verso la corte di Spagna, dove la regina Margherita, sorella di Maria Maddalena, si era mostrata favorevole al progetto di unione. Concluso il matrimonio per procura, il primo ministro Vinta e il segretario di Stato Curzio Picchena suggerirono di inviare Pannocchieschi d’Elci a effettuare il parabien ai reali di Spagna. Giunto a Firenze da Siena nell’agosto 1608, il conte ricevette le istruzioni dell’incarico straordinario al fianco dell’ambasciatore residente, Silvestro Tarugi. Il compito di onorare la regina per la benevolenza mostrata si inseriva nel più largo disegno di stabilire, «nella più importante ambasceria», come scriveva Vinta (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 2638, c. 91), salde relazioni con i sovrani spagnoli e i loro principali funzionari, a partire dal duca di Lerma e dal suo creato Rodrigo Calderón.
Arrivato a Madrid e preso contatto con Tarugi, il 22 ottobre 1608 si recò con lui a palazzo dell’Escorial a ossequiare la regina. Tra maggio e novembre 1609 ebbero luogo i passaggi di consegne da Tarugi e dal suo segretario Andrea Peroni a Pannocchieschi d’Elci, che gradualmente prese il controllo dell’ambasceria con il suo nuovo segretario Giovan Battista Bartolini Baldelli, cugino materno.
Fu coinvolto nelle delegazioni per le trattative diplomatiche del ‘doppio parentado’ tra Francia e Spagna (il delfino avrebbe dovuto sposare la figlia maggiore di Filippo III e il principe ereditario spagnolo la figlia maggiore di Enrico IV), alle quali prese parte anche l’inviato fiorentino Matteo Botti. In questa fase Pannocchieschi d’Elci riuscì a inserirsi nelle dinamiche della corte, divisa tra le due fazioni gravitanti rispettivamente intorno alla regina e al duca di Lerma, stringendo un legame privilegiato con Rodrigo Calderón, incaricato della Segreteria reale dopo la morte di Andrés de Prada.
Alla morte di Ferdinando I seguì la delicata fase del riconoscimento delle investiture feudali a Cosimo II. In collaborazione con la fazione della regina, ricorrendo anche a doni di pitture, gioielli, tessuti e opere d’arte di manifattura medicea, Pannocchieschi d’Elci assicurò la continuità delle comunicazioni, l’appoggio reciproco e il consenso, fino al riconoscimento, ottenuto con l’ausilio di Calderón, dell’investitura, che riconobbe a Cosimo II il feudo di Siena.
L’abilità con cui l’ambasciatore mediceo aveva portato a termine le trattative gli guadagnarono la licenza del re di intervenire, con procura granducale, nelle trattative per le unioni franco-spagnole. La morte della regina Margherita gli causò però un forte disorientamento e il 4 ottobre 1611 espresse a Vinta il proprio turbamento e la difficoltà a continuare il mandato.
Venuto a mancare nel 1613 lo stesso Vinta, Pannocchieschi d’Elci gli subentrò nell’ufficio e nella corrispondenza con Picchena, progressivamente sempre più sostenuta e guidata dal fidato amico Cioli. Intanto, accolto nel Consiglio di Castiglia sulla capitolazione dei matrimoni (Arch. di Stato di Firenze, Indice della Segreteria Vecchia, Legazione di Spagna, 20), continuò ad affiancare Lerma e la corte spagnola nel negoziato del doppio parentado tra Francia e Spagna fino alla sua conclusione nel 1615. Pienamente inserito nel protocollo della corte madrilena, accompagnò la principessa Anna a Bordeaux, dove concluse con la regina Maria de’ Medici i negoziati sugli articoli dei due matrimoni. Il ruolo svolto in tutta la vicenda gli valse il riconoscimento di una pensione reale di 3000 scudi, commutata, su sua richiesta, in un titolo di marchese, che innalzò il rango del casato, e in una rendita ecclesiastica di 1000 scudi per il figlio Scipione, il quale, avviato agli studi teologici nello Studio di Alcalà nel 1614, in seguito avrebbe potuto godere dei frutti dall’arcivescovato di Messina (Simancas, Archivo General, Estado, 1942, c. 131). Nel 1617 con la morte improvvisa di Eleonora de’ Medici, svanita l’ultima possibilità di unire in matrimonio una delle sorelle di Cosimo II con il vedovo re di Spagna, per Pannocchieschi d’Elci si chiuse il ciclo di negoziati matrimoniali tra il principato mediceo e la casa reale d’Asburgo, che lo avevano visto protagonista. Passate le consegne al segretario Raffaello da Romena e al legato Giulio Inghirami, il 25 settembre 1618 lasciò Madrid alla volta di Firenze, dove giunse il 5 novembre.
I riconoscimenti che ebbe al rientro in Toscana mostrano il suo inserimento tra i ministri più integrati nel sistema di potere mediceo e più vicini alla dinastia regnante. Fu portato a compimento il patto matrimoniale tra la figlia Cecilia e il senese Traiano Buoninsegni, che la granduchessa Cristina di Lorena aveva da tempo indicato ed era pronta a confermare, celebrando la promessa nuziale nella propria camera delle udienze con il rito del tocco della mano. Il primogenito Ranieri fu introdotto nel servizio di corte; lo stesso avvenne provvisoriamente con l’altro figlio Scipione, in attesa di essere inserito nella corte del cardinale Carlo de’ Medici a Roma e avviare una carriera ecclesiastica.
Nel 1620 Pannocchieschi d’Elci fu chiamato a ricoprire altri incarichi diplomatici tra Firenze, Roma e Urbino per il casamento di Claudia de’ Medici. L’anno successivo, morto Paolo V, fu destinato a Roma come inviato straordinario presso il nuovo pontefice Gregorio XV. La morte, subito dopo, di Cosimo II mutò gli assetti del sistema di governo: le due tutrici del principe minore Ferdinando, la madre Maria Maddalena e la nonna Cristina di Lorena, rivendicarono una sempre più ampia partecipazione ai meccanismi del potere. Si crearono due fazioni, che amplificarono le opportunità in mano ai ministri nominati nel testamento da Cosimo II per assistere la reggenza del futuro granduca di Toscana. Pannocchieschi d’Elci fu chiamato a far parte del Consiglio secreto di reggenza, insieme con Niccolò dell’Antella, l’arcivescovo di Pisa Giuliano de’ Medici e Fabrizio Colloredo, coadiuvati dai segretari di Stato Picchena, Cioli, Lorenzo Usimbardi e Niccolò Ricci Fantoni, auditore dei consiglieri.
Il 19 gennaio 1622 Orazio Della Rena, segretario di Maria Maddalena, su incarico dell’arciduchessa, concesse a Pannocchieschi d’Elci l’affitto perpetuo (Arch. di Stato di Siena, Notarile postcosimiano, 1364, cc. 26-31) delle terre palustri di Montepescali e il 27 novembre 1624, in forza dell’investitura granducale, Montepescali divenne nuovo feudo della famiglia.
Il 29 giugno 1623, dopo la morte del duca di Urbino Federico Ubaldo Della Rovere, Cristina di Lorena inviò Pannocchieschi d’Elci a Urbino per assistere sua nipote Vittoria (figlia di Federico Ubaldo e di Claudia de’ Medici) nella rivalsa di beni allodiali su proprietà vincolate da antichi tributi feudali di origine pontificia, e nel contempo per indurre il ritorno a Firenze di Claudia, da impiegare in nuove alleanze matrimoniali. La morte di Gregorio XV richiese però l’immediata partenza di Pannocchieschi d’Elci per Roma. Nei mesi successivi il destino delle due principesse, Claudia e Vittoria, sembrò risolversi con il loro ingresso nel convento fiorentino della Crocetta, almeno fino all’età congrua per celebrare il matrimonio dei consobrini Ferdinando de’ Medici e Vittoria Della Rovere, convenuto per verba de futuro il 20 settembre 1623 tra Pannocchieschi d’Elci e il conte Francesco Maria Mamniani di Sant’Angelo, procuratori delle rispettive famiglie (Arch. di Stato di Firenze, Miscellanea medicea, 39.5, c. 2). Rimase aperta la questione sull’antico feudo imperiale del Montefeltro.
Il 25 dicembre 1624 Pannocchieschi d’Elci subentrò all’antico maestro di camera di Ferdinando II, Iacopo de’ Medici. Fino al 1628, valendosi del fatto di essere preferito dall’arciduchessa Maria Maddalena e apprezzato da Cristina di Lorena, accentrò su di sé un’ampia autorità decisionale e una gestione del potere che, nella pratica, delineò un sistema di governo incentrato sulla figura del favorito, sul modello del valimiento di cui era stato testimone negli anni di legazione alla corte madrilena.
Con il sostegno di Maria Maddalena allontanò dal Consiglio di reggenza il marchese Colloredo, incaricato dal governatorato di Siena, ma il 6 luglio 1627, dinanzi alle reazioni ostili suscitate in alcune frange della nobiltà fiorentina ed extracittadina, fu costretto a richiamarlo. Anche la successiva designazione a governatrice di Siena di Caterina de’ Medici, figlia di Ferdinando I e vedova nel 1626 del duca di Mantova Ferdinando Gonzaga, avvenne su consiglio di Pannocchieschi d’Elci e ancora su suo suggerimento nel 1629 fu designato il successore Mattias de’ Medici.
Quando con la maggiore età, nel 1628, Ferdinando II ottenne il titolo di granduca di Toscana e la Reggenza ebbe fine, Pannocchieschi d’Elci mantenne l’incarico di consigliere e fu inviato presso l’imperatore Ferdinando II per ristabilire una collaborazione sia politica sia militare.
Il 25 luglio 1629 gli fu assegnato il feudo di Monticiano, con il titolo di marchese rilasciato da Filippo III. Montepescali rimase parte integrante del marchesato fino al 1631, quando fu alienato a favore di Girolamo Tolomei da Siena. Nel quadro del riassetto territoriale senese rientrò anche il piano, adottato tra il 1627 e il 1634, di affermare una personale signoria, acquistando per concessione sovrana da nobili, enti ecclesiastici e luoghi pii senesi la quasi totalità degli appezzamenti, vincolati a fedecommesso, del distretto del Padule, dove egli prosciugò e rese salubre il bacino idrografico malsano del fiume Rosia a poche miglia dalla città.
Morì a Firenze il 15 settembre 1636; il corpo fu trasportato a Siena e tumulato nell’avello agnatizio di S. Agostino.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Acquisti e doni, 243.4; 243.5; Indice della Segreteria Vecchia, Legazione di Spagna, 20; Mediceo del Principato, 2638; 3636; 3664; 3665; 3679; 3980; 4065; 4587; 4938; 4941; 4942; 4943; 4944; 4945; 4947; 5053; 5079; 5080; 5975; 6022; 6027; 6069; 6070; 6083; 6104; 6108; 6129; 6131; 6133; 6379; 6399; Miscellanea Medicea, 39.5; Arch. di Stato di Lucca, Anziani al tempo della libertà, 640; 641; 643; Arch. di Stato di Siena, Gabella Contratti, 424; 446; Governatore, 446; 823; 824; Notarile Postcosimiano, 1364; Pannocchieschi d’Elci, 9; 13; 24; 76; Quattro Conservatori, 1758; 2020; 2027; 2055bis; Mss., A.15; A.53; A.56; A.64; A.120; Siena, Arch. privato Pannocchieschi d’Elci, Pergamene, 6, fasc. 16, volumi IV-VI; Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, B.V.24; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, II, Pistoia 1649, pp. 42-44; M. Fantoni, La Corte del Granduca. Forme e simboli del potere mediceo fra Cinque e Seicento, Roma 1994, pp. 21-139; F. Angiolioni, Principi, uomini di governo e direzione politica nella toscana seicentesca, in Ricerche di Storia Moderna IV in onore di Mario Mirri, Pisa 1995, pp. 459-481; F. Benigno, Tra corte e stato: il mondo del favorito, in Storica, V (1999), pp. 123-137; C. Sodini, L’Ercole tirreno. Guerra e dinastia medicea nella prima metà del ‘600, Firenze 2001; E. Baldasseroni, I Pannocchieschi in età moderna, Pisa 2008, pp. 178-206; S. Martínez Hernández, La sombra del valido. Privanza, favor u corruptión en la corte de Felipe III, Centro de Estudios Europa Hispánico y Marcial Pons Historia, Madrid 2009, pp. 93-233.