PANAMERICANISMO (XXXVI, p. 170; App. II, 11, p. 498; III, 11, p. 359)
La "Carta di Punta del Este" del 1961, vero statuto economico e sociale noto come "Alleanza per il progresso", fondata sul programma d'interventi del presidente Kennedy, non trovò adeguata realizzazione. I finanziamenti finirono, in gran parte, fuori dei canali ai quali erano destinati. L'affermazione del castrismo a Cuba e le accuse rivolte a Fidel Castro in seno all'Organizzazione degli Stati Americani (OAS), di voler esportare le sue idee politiche in altri paesi latino-americani, portarono alla VII riunione dei ministri degli Esteri (agosto 1960) a Costa Rica, conclusasi con la "Dichiarazione di San José" contro l'ingerenza di potenze extracontinentali (con riferimento all'URSS e alla Cina) negli affari delle repubbliche americane.
In seguito alla proclamazione della Repubblica socialista cubana fu convocata una conferenza a Punta del Este, denominata ufficialmente "VIII riunione consultiva dei ministri degli Esteri in conformità al Trattato interamericano di reciproca assistenza", durante la quale (22-31 gennaio 1962) fu approvata una risoluzione che sanciva l'esclusione di Cuba dall'Organizzazione, in base al principio secondo cui "l'adesione di qualsiasi membro dell'OAS al marxismo-leninismo è incompatibile con il sistema interamericano". La risoluzione fu approvata con 14 voti favorevoli, 1 contrario (Cuba) e 6 astensioni: Argentina, Bolivia, Brasile, Chile, Ecuador e Messico. Le altre risoluzioni ribadivano l'avversione degli stati americani alle dottrine marxiste, la fede dei popoli del continente nei diritti dell'uomo, la riaffermazione dei principi del non-intervento e dell'autodeterminazione, l'organizzazione di libere elezioni nei paesi mancanti di esercizio effettivo della democrazia rappresentativa. L'approvazione di siffatte risoluzioni non avvenne senza animate discussioni e mise in luce il divario esistente fra le concezioni della Repubblica stellata e quelle di molte nazioni latino-americane. Tuttavia, un fatto nuovo doveva dimostrare la compattezza interamericana: la crisi SUA-URSS (14-29 ottobre 1962) provocata dalla scoperta di missili sovietici a Cuba. Convocato d'urgenza il Consiglio dell'OAS in base al trattato di Rio del 1942, che prevede "l'obbligo di aiuto reciproco effettivo per far fronte ad attacchi armati e per scongiurare minacce di aggressione contro un qualsiasi stato americano", gli stati americani furono solidali nel decretare il blocco delle coste cubane e nell'affiancarsi agli SUA. Successivamente (1964) l'OAS votò sanzioni contro Cuba, approvando la rottura delle relazioni diplomatiche da parte dei suoi membri e l'embargo commerciale. Il Messico non aderì alle sanzioni.
D'altra parte, la tendenza degli stati latino-americani a non farsi coinvolgere in conflitti internazionali fu confermata a Buenos Aires, alla riunione dei ministri degli Esteri (1966) che respinse una proposta argentina, fortemente appoggiata dagli SUA, per la creazione di un corpo interamericano di pronto impiego. A conferma degl'ideali di pace professati dall'America latina, il 14 febbraio 1967 fu firmato a Città del Messico, da tutti gli stati latino-americani, tranne Cuba, dopo lunghe trattative diplomatiche, il "Trattato di Tlatelolco", per il quale dall'intera America latina era bandito qualsiasi tipo di armamento atomico, attraverso la proibizione di "fabbricare, ricevere, tenere in deposito e sperimentare armi nucleari o veicoli per il lancio di ordigni nucleari". L'Assemblea delle N. U. accolse con 82 voti e 28 astensioni il trattato di denuclearizzazione dell'America latina raccomandandone la pronta ratifica da parte di tutti gli stati interessati. Sul piano organizzativo, la III conferenza straordinaria dell'OAS, riunitasi a Buenos Aires nel febbraio 1967, approvò la riforma della "Carta di Bogotà" del 1948: l'Assemblea generale, che si sarebbe riunita una volta all'anno, diventava l'organo più importante, mentre un Consiglio permanente era incaricato di esaminare i problemi politici all'ordine del giorno. I memhri dell'OAS salivano a 24, con l'ammissione di Giamaica, Barbados e Trinidad y Tobago. La vecchia aspirazione latino-americana a raggiungere l'integrazione economica coincise con la creazione di grandi raggruppamenti: l'Associazione Latino-Americana di Libero Commercio (ALALC), creata nel 1960 con il Trattato di Montevideo, alla quale aderirono tutti i paesi sudamericani più il Messico, e il più limitato Mercato comune del Centroamerica. La lentezza con la quale l'ALALC procedeva sulla via dell'integrazione determinò la formazione di sottogruppi regionali o di zona, quali il "Gruppo andino" e quello dei paesi della "Cuenca del Plata". Il primo, dopo due anni di trattative, iniziate nel 1966, è stato ratificato a Bogotà il 26 maggio 1969, con il nome di Patto andino del Pacifico: comprende Bolivia, Chile, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela, e prevede una politica economica comune con l'abolizione delle frontiere doganali entro il 1980. Il secondo, dovuto a un'iniziativa argentina del febbraio 1967, ha portato alla firma di un trattato d'integrazione regionale (Brasilia, 24 aprile 1969) fra Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay e Uruguay, mirante a coordinare gli sforzi comuni per una maggior compenetrazione geo-economica nel bacino del Plata.
L'avvento dell'amministrazione repubblicana di Nixon ha segnato un punto in sfavore del panamericanismo. Infatti il successore di Kennedy, nell'annunziare una nuova politica fra Washington e l'America latina (14 aprile 1969), ha implicitamente svuotato del suo contenuto programmatico e ideologico l'Alleanza per il progresso che tante speranze aveva suscitato al momento della sua enunciazione. In realtà l'economia latino-americana continuava a peggiorare, l'inflazione raggiungeva livelli insostenibili, i contadini si addensavano sempre più numerosi intorno alle città, le riforme sociali si facevano attendere, l'esplosione demografica portava la popolazione da 163 milioni nel 1950 a 283 milioni nel 1970, anno in cui i disoccupati raggiungevano i 25 milioni. A questi problemi l'OAS rispondeva con dichiarazioni di principio che, in pratica, solo di poco oltrepassavano i limiti delle buone intenzioni: così la Carta di Alta Gracia (1964), l'Atto economico e sociale di Rio de Janeiro (1965), il Protocollo di Buenos Aires e la Dichiarazione dei presidenti d'America (1967), il Piano d'azione di Viña del Mar e la Carta di Tequendama (1967), la Dichiarazione di Santo Domingo (1968), tutti documenti ispirati all'ideale dell'unità interamericana. Nell'aprile-maggio 1969 i ministri degli Esteri dell'America latina, riunitisi a Santiago del Chile (precisamente a Viña del Mar) sotto l'egida della CECLA (Commissione speciale di Coordinamento Latino-Americano) elaborarono un ampio documento che puntualizzava le deficienze verificatesi negl'impegni contemplati dalle numerose risoluzioni interamericane e sintetizzava tutti i risentimenti dei latinoamericani nei confronti degli SUA. Il documento, denominati "Consenso de Viña del Mar", che in sostanza richiedeva esplicitamente una nuova impostazione della cooperazione interamericana, venne firmato il 17 maggio e inviato al presidente Nixon. Questi incaricò N. Rockefeller di svolgere un'inchiesta in 20 paesi dell'America latina e di stilare un rapporto: ma il viaggio di Rockefeller suscitò dovunque violente manifestazioni anti-statunitensi e, assieme al predetto "Consenso", servì a mettere a nudo sia il profondo divario creatosi fra l'America latina e gli SUA, sia la precarietà del movimento panamericano. Nixon promise (31 ottobre 1969) ai latino-americani un "piano d'azione per gli anni Settanta" impegnandosi a condividere con i vicini del Sud, in uno spirito di partnership, il potenziale scientifico e tecnologico nordamericano.
Tuttavia gli SUA, costretti dalla recessione mondiale, adottarono nell'agosto 1971 delle misure protezionistiche che colpivano gl'interessi dei paesi latino-americani. Una riunione straordinaria della CEPAL (Buenos Aires, 3-5 settembre 1971) per esaminare le nuove misure statunitensi si concluse con un documento di protesta intitolato "Manifesto dell'America latina", che preannunziava una politica continentale con l'esclusione degli SUA. Alla riunione annuale del Consiglio Interamericano Economico e Sociale (CIES), tenuta a Washington il 20 settembre dello stesso anno, fu approvata una risoluzione che esortava gli SUA a sopprimere la sopratassa del 10% sulle importazioni dai paesi in via di sviluppo. Proteste ed esortazioni rimasero senza esito e incrinarono maggiormente i rapporti interamericani. Si manifestava evidente la tendenza della Casa Bianca a trattare con i singoli stati anziché affrontare problemi economici complessi con un'Organizzazione di ormai 24 nazioni.
La questione cubana si è riaffacciata all'OAS nel 1974 a Quito, quando la sospensione delle misure contro Cuba era stata respinta con 9 voti contro 13. Nel corso del 1975 a Washington (19 maggio) è stato emendato il Trattato di Rio del 1942, nel senso che i due terzi dei voti richiesti per la sospensione delle sanzioni erano ridotti alla maggioranza semplice. A San José di Costa Rica (17-22 luglio) le sanzioni contro Cuba sono state definitivamente sospese con 16 voti favorevoli (compresi gli SUA), 3 contrari (Chile, Paraguay, Uruguay) e 2 astensioni (Brasile, Nicaragua); ogni paese acquistava in tal modo la facoltà di riallacciare rapporti diplomatici con Cuba, ciò che alcuni (Messico, Chile, Perù, Argentina, Panamá) in pratica avevano già fatto. A Panamá, nell'agosto, su iniziativa del Messico e del Venezuela, sono state gettate le basi per una nuova organizzazione interamericana SELA (Sistema Economico Latino-Americano) che, se realizzata, dovrebbe rafforzare la collaborazione di tutti i paesi dell'America latina e portare a una revisione globale dei rapporti fra Washington e i paesi del subcontinente. I contenuti programmatici del SELA sono mutuati dalla "Carta dei diritti e dei doveri economici degli Stati", propugnata dal presidente messicano Echevarrīa, e accolta dalle Nazioni Unite.
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