pacifismo
Insieme delle dottrine, delle idee e dei movimenti d’opinione che rifiutano la guerra come mezzo per risolvere i conflitti internazionali e auspicano la pace permanente fra gli Stati. Le prime associazioni pacifiste nacquero nei Paesi anglosassoni, all’inizio del 19° sec., per iniziativa di sette mennonite e quacchere: alla New York peace society, fondata nel 1815, fecero seguito nel 1816 la Society for the promotion of permanent and universal peace (più nota come London peace society) e nel 1928 l’American peace society. Poco dopo anche in alcuni Paesi del continente europeo vennero fondate alcune organizzazioni pacifiste: ricordiamo, fra le altre, la svizzera Société de la paix del conte J.-J. de Sellon (1830) e la francese Ligue internationale de la paix di F. Passy (1867); una caratterizzazione fortemente democratica ebbe invece la Ligue internationale de la paix et de la liberté, fondata a Ginevra nel 1867 e attiva fino alla fine degli anni Trenta del 20° secolo. Una componente pacifista trovò spazio anche all’interno del movimento operaio, soprattutto in relazione alla tendenza internazionalista della dottrina socialista. Nel sett. 1915 la parte del movimento socialista più ostile alla guerra si ritrovò nella Conferenza di Zimmerwald, in cui le tesi pacifiste prevalsero sull’opzione rivoluzionaria sostenuta da Lenin, la quale ultima fu invece maggioritaria nella successiva Conferenza di Kienthal (apr. 1916). Nel corso del primo dopoguerra, mentre la nascita della Società delle nazioni, in particolare su impulso del presidente USA Wilson, sembrò dare al p. nuova forza sul piano della politica internazionale, nuove organizzazioni affiancarono l’International peace bureau già fondato a Berna nel 1892: l’International fellowship of reconciliation (IFOR) venne costituito nel 1919 con un’ispirazione religiosa, mentre la War resisters’ international (WRI) fu fondata nel 1921 da pacifisti cristiani e socialisti con l’obiettivo del riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza. Ma fu soprattutto nel secondo dopoguerra che, di fronte alla minaccia della proliferazione delle armi nucleari, la causa del p. acquisì una rilevante diffusione e capacità organizzativa. Nel contesto politico internazionale dominato dalla Guerra fredda e dalla superiorità strategica degli Stati Uniti, il p. fu soprattutto un aspetto del fiancheggiamento all’Unione Sovietica di gruppi legati ai partiti comunisti. Erano promossi dall’URSS organismi quali il Consiglio mondiale della pace (sorto nel 1949 come Comitato mondiale dei partigiani della pace, acquisì questa denominazione nel 1950). Nel 1958 fu fondata in Gran Bretagna la Campaign for nuclear disarmament (CND), organizzazione non partitica, nata per iniziativa del filosofo B. Russell, del pacifista cristiano C. Collins e del laburista M. Foot. La fine degli anni Sessanta registrò l’assorbimento delle tematiche pacifiste nei programmi e nell’attività dei gruppi della nuova sinistra, delle organizzazioni femministe ed ecologiste. In molti Paesi dell’Europa occidentale e negli Stati Uniti, inoltre, le tendenze pacifiste si collegarono alla mobilitazione contro l’invasione statunitense del Vietnam, da cui prenderà le mosse il Tribunale Russell sui crimini di guerra. Dopo la decisione della NATO (dic. 1979) di installare in Europa nuovi missili a testata nucleare (Pershing II e Cruise), in risposta allo spiegamento dei missili sovietici SS-20, in tutti i Paesi coinvolti (Belgio, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Repubblica federale di Germania) si svilupparono iniziative di protesta, soprattutto intorno alle basi destinate all’installazione dei missili (in Italia, Comiso). Una successiva stagione del p. si sviluppò all’inizio degli anni Novanta in relazione ai temi posti dalle nuove guerre nazionali ed etniche (nei Balcani come in Africa). Nel 1999 la «guerra umanitaria» della NATO contro la Federazione jugoslava ha riportato sulla scena in maniera clamorosa l’interventismo dell’Occidente, ulteriormente intensificatosi all’indomani dell’11 settembre 2001 con la dottrina/pratica della guerra preventiva/permanente portata avanti dagli Stati Uniti. L’intervento in Afghanistan (ottobre 2001), ma soprattutto la guerra all’Iraq (marzo-aprile 2003) hanno fatto crescere un forte movimento pacifista a livello globale che si è intrecciato ai vasti movimenti sociali antiliberisti, no-global o new-global. In tutto il mondo sono sorti comitati, coordinamenti e nuove organizzazioni del movimento per la pace e anche negli Stati Uniti la mobilitazione ha coinvolto centinaia di migliaia di persone. Di particolare intensità è stata l’attività del movimento pacifista in relazione alla questione palestinese, su cui nel 2009 è stato costituito un nuovo Tribunale Russell. Agli inizi del 21° sec., la dimensione politica del p. si è dunque riproposta con forza, rilanciando i temi tradizionali della riflessione pacifista sulla guerra, considerata uno strumento di imposizione di interessi economici e di controllo delle risorse e un mezzo per imporre determinate relazioni internazionali. Il p. ha quindi legato sempre di più la sua azione a quella dei movimenti sociali, dedicandosi a costruire alternative politiche fondate sul disarmo, la prevenzione dei conflitti, il ruolo delle istituzioni sovranazionali, il tema della redistribuzione delle risorse, la costruzione di una cultura di pace. Giustizia economica e sociale, diritti umani e pace appaiono così temi e obiettivi sempre più connessi tra loro.