MAGNANINI, Ottavio
Ottavio Nacque a Ferrara il 14 febbr. 1574 da Giovanni Filippo e da Giulia Coati.
Frequentò le scuole dei gesuiti e proseguì gli studi di filosofia sotto la guida di Tommaso Giannini. Gli studi di medicina, richiamati da alcuni degli eruditi settecenteschi, non sono confermati dalle fonti. Dall'anno accademico 1595-96 insegnò presso l'Università ferrarese, dapprima nella cattedra di dialettica (con un salario di 25 lire) e poi, dal 1601 all'anno accademico 1651-52, ovvero fino alla morte, in quella di filosofia morale. Come è possibile verificare nei "rotuli" a stampa, dal 1614 si dedicò sempre ad Aristotele, ai libri I (ripetutamente), IV e VIII dell'Etica, al I della Politica, nonché al De moribus. Di queste lezioni si conservano alcuni testimoni manoscritti (Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, Mss., cl. I, 175), tra cui la prolusione tenuta nel 1595, quando iniziò l'insegnamento di dialettica (cc. 271r-276r) e altre probabilmente del 1610-13.
Il M. ebbe un ruolo di primo piano nella vita culturale e civile della sua città: dal 1607, fu segretario dell'Accademia degli Intrepidi con il nome di Arsiccio Ricreduto, con cui firmò buona parte delle opere a stampa, e fin dal principio partecipò alle adunanze tenendo delle lezioni. Come accademico ebbe rapporti con i più noti letterati ferraresi, e in specie con Battista Guarini, con il quale, la relazione non fu affatto facile.
Ne sono prova le lettere tra i due, che a volte assumono toni molto piccati e accesi: in particolare le tre lettere del 1602 pubblicate nel 1826 da G.M. Zecchinelli sulla base del manoscritto allestito da A. Zeno in vista dell'edizione Tumermann delle opere di Guarini, incompiuta per questa sezione. Al principio del 1602 Guarini inviò una copia della nuova edizione del Pastor fido (Venezia 1602) all'Accademia, a nome della quale il 23 febbraio il M. rispose offrendogli di entrare a farne parte. Ma il 2 marzo Guarini rispose in tono molto aspro e risentito per non essere stato consultato al momento dell'istituzione dell'Accademia, arrivando a dire di non conoscere nemmeno il Magnanini.
Il 14 maggio 1602 il M. fu eletto segretario della Comunità, carica che detenne fino alla morte; tuttavia dal 17 giugno 1647, su sua stessa richiesta, gli fu affiancato nell'incarico il figlio Alessandro, canonico del duomo, con la determinazione che succedesse al padre, come avvenne. Il trattamento di favore ricevuto in questa occasione attesta la posizione del M. eminente nella città, confermata anche dall'ulteriore incarico di segretario del Monte di sanità. Per un periodo non precisabile, il M. fu forse segretario e consigliere del duca di Mirandola Alessandro I Pico, morto nel 1637.
Poiché del suo servizio per il duca non si fa esplicita menzione nelle fonti (dove si parla di "Magnanini", senza il nome proprio), qualche cautela è d'obbligo. Il termine ante quem del 1637 è dato, oltre che dalla morte del duca, da due lettere di Fulvio Testi, del 19 settembre e del 7 ottobre di quell'anno, dirette a Francesco I d'Este duca di Modena, nelle quali si fa cenno alla carcerazione e alla liberazione del M. in Mirandola, per il sospetto di aver favorito i Francesi in accordo con il cardinale Antonio Barberini iuniore, noto per la sua politica filofrancese, che intrattenne comunque rapporti privilegiati con la città di Ferrara. A conferma di ciò abbiamo una lettera senza data dei figli del M. (Biblioteca comunale Ariostea, Mss., cl. I, 175, c. 12) in cui essi si rivolsero alla loro "padrona" (forse la duchessa, morta nel 1630) affinché intercedesse presso i magistrati per ricevere in cambio della libertà del padre alcuni terreni di sua proprietà. La prigionia deve essere comunque stata breve: già nella seconda lettera di Testi, infatti, si fa cenno alla libertà recuperata dal Magnanini.
Il M. morì il 17 febbr. 1652 a Ferrara. Lasciò una ricca biblioteca, ma del testamento non vi è traccia negli archivi ferraresi.
L'esordio del M. sulla scena letteraria avvenne nel 1607, quando, da poco eletto segretario dell'Accademia, scrisse la dedicatoria della favola pastorale Filli di Sciro di Guidubaldo Bonarelli al duca d'Urbino Francesco Maria II Della Rovere. Il dramma era stato messo in scena forse una prima volta nel 1605 e ancora fino alla rappresentazione del 1612, a cui fa cenno il M. nella Relazione del torneo (p. 2). Non mancarono aspre polemiche a proposito del cosiddetto "doppio amore" di Celia, per il quale Bonarelli scrisse i Discorsi in difesa (letti agli accademici nel 1606, pubblicati postumi ad Ancona nel 1612) e su cui intervenne anche il M. in una Censura sopra la Diffesa del co. Guidubaldo Bonarelli intorno al doppio amore della sua Celia (Biblioteca comunale Ariostea, Mss., cl. I, 175, c. 5).
La prima opera a stampa del M. è la Relazione del torneo a cavallo e a piedi, fatto per ordine dell'Accademia (Ferrara 1612), sulla scia delle fortunate "cavalerie" cinquecentesche. Il torneo, tenutosi in occasione dell'ultima domenica di carnevale (4 marzo 1612), con grande concorso di pubblico, era stato sollecitato l'anno prima da Vincenzo Gonzaga duca di mantova, membro dell'Accademia, che designò all'ideazione Enzo Bentivoglio. Il M. descrive l'apparato, centrato sulle vicende di Febo e Bellona, pubblicando anche i versi composti per la "favola" da Bentivoglio, con il quale allora fu intensa la collaborazione.
Nel 1614 il M. stampò a Ferrara la descrizione degli intermezzi a due opere teatrali, l'Idalba, dello stesso Bentivoglio, rappresentata il 6 febbraio, e l'Alceo di Antonio Ongaro (L'Alceo favola pescatoria d'Antonio Ongaro [(] con gl'intramezzi del sig. cavalier Battista Guarini descritti, e dichiarati dall'Arsiccio Accademico Ricreduto). Nella descrizione del primo intermezzo (p. 3), il M. spiega come la rappresentazione dell'Alceo fosse stata concepita per la visita alla città di due legati papali, il cardinale D. Rivarola e M. Peretti, principe di Venafro, che però fu posticipata. Nell'occasione della effettiva visita si decise di far rappresentare l'Idalba, dei cui intermezzi il M. dichiara di limitarsi a fornire un "nudo, e schietto racconto". A causa della mancata rappresentazione, la stampa dell'Alceo fu rinviata di un anno. Nell'avvertenza ai lettori (1614) il M. afferma che, messo da parte ogni altro lavoro, aveva atteso alla preparazione dell'Alceo dal dicembre al gennaio 1613, aggiungendovi di suo venticinque discorsi intercalati al testo della favola. Uscita alle stampe l'opera di Ongaro, la descrizione degli intermezzi approntati da Guarini, a causa del linguaggio modellato sulla prosa trecentesca, suscitò l'ironia di Fulvio Testi, che ne scrisse al ferrarese conte Ottavio Tieni. Il M., venutone a conoscenza, rispose con una prosa satirica (Biblioteca comunale Ariostea, Mss., cl. I, 175, c. 12) sotto lo pseudonimo di Alfonso Ferrarini detto il Piazzarolo, fabbro di Quartesana. Nel 1620 il M., a seguito della recente beatificazione di Francisco Xavier (s. Francesco Saverio) avvenuta il 25 ott. 1619, promosse la pubblicazione, a Ferrara, della biografia del gesuita, morto in Cina nel 1552: Vita del beato Francesco di Xavier della Compagnia di Gesù. Raccolta da vari scrittori, e ristretta in tre libri.
L'attività letteraria del M., tuttavia, si rivolse essenzialmente alla trattatistica, considerando soprattutto le Lezioni accademiche sopra gli occhi della donna (Ferrara 1639) e il trattato Del convito (ibid. 1640), che costituiscono le opere più cospicue quanto a dimensioni; sono dedicate ai Barberini: le Lezioni ad Antonio, il Convito al fratello Francesco.
Le Lezioni, divise in otto parti, come le altre opere, sono fittamente intessute di citazioni latine e volgari, fatto questo di cui discute il M. nella prefatoria, richiamando non solo l'autorità di Aristotele, ma anche giustificandosi in virtù della rielaborazione cui sottopose i discorsi per la stampa. Tra gli eruditi e studiosi, l'unico che menzioni le Lezioni è G. Fontanini, nell'Aminta di T. Tasso difeso ed illustrato (Venezia 1730, p. 366), dove ricorda appunto che il M. aveva giudicato la favola tassiana "vera idea delle favole boscherecce".
Il Convito è un dialogo articolato in tre giornate, in cui, come illustra nell'introduzione (pp. 8-11), sulla scia del Simposio di platone e delle Lezioni antiche di Giusto Lipsio, il M. si propone di affrontare il tema secondo quella che si può definire una soluzione "mista": si descrivono un banchetto tra personaggi ferraresi (tra cui il conte Annibale Manfredi, il marchese Galeazzo Gualengo e Tommaso Giannini), ma anche le discussioni che si tengono "delle vivande, e d'altre costume". Il M. si dilunga inoltre a discutere se i dialoghi siano da considerare una forma di poesia e, pur rispondendo affermativamente, rifiuta per sé la qualifica di poeta. Frequentissime citazioni di autori antichi e moderni: oltre a Platone, Aristotele, Luciano, Macrobio, si leggono rinvii a Tommaso Aldobrandini, Alessandro Alessandri, Alessandro Sardi, Fulvio Orsini, Pietro Mexia.
Il M. intervenne nelle polemiche sul Pastor fido di Guarini, di cui sono testimonianza, oltre il citato epistolario con il Guarini, le note manoscritte al Verrato secondo guariniano. Gli è attribuito un solo breve testo poetico, Ritrosetta Licori (in Rime scelte de' poeti ferraresi antichi, e moderni, Ferrara 1713, p. 332), datato 1652, ma l'attribuzione non è suffragata da altre fonti. Sotto il suo nome andarono anche delle postille a un esemplare della Gerusalemme liberata nell'edizione Genova 1590, che nel 1712 Giuseppe Lenzoni trascrisse e inviò a G. Baruffaldi. In base alle lettere del Baruffaldi, le postille del M. furono pubblicate da Solerti (II, pp. 487-495), secondo il quale altro non erano che copie di quelle di Leonardo Salviati (I, p. 439).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Ferrara, Notarile, Giacomo Grandi, p. 2 (9 dic. 1647); Gio. Alberto Pigna, 12 maggio 1615; Ferrara, Arch. stor. comunale, Fondo familiare antico, b. 13 (lettere del M. a Guarini); Deliberazioni del Maestrato, reg. B, cc. 99r-100r; reg. L, pp. 474-477; Ibid., Arch. stor. dell'Università, Rotuli, Doctorum artistarum; Serie I, c. 200; Arch. di Stato di Modena, Letterati, b. 29; Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, A.450, c. 3: Corrispondenza epistolare fra O. M. segretario dell'Accademia degl'Intrepidi di Ferrara e Gio. Battista Guarini (23 febbraio - 14 maggio 1602); Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, Mss., cl. I.H, c. 110r (annotazioni autografe del M. su B. Guarini, Verrato primo, Ferrara 1588); cl. I, 156: Miscellanea di vari scritti spettanti la famiglia Guarini (lettere a Guarini); cl. I, 175 (scritture varie del M., in parte autografe); cl. I, 496 (lettere a Guarini); Antonelli, 238: Discorso sopra l'iscrizione fatta d'ordine del cardinale Serra legato di Ferrara a piè della statua eretta a n.s. papa Paulo Quinto; 264: C. Ubaldini, Storia di Ferrara dall'anno 1597 a tutto l'anno 1633, passim; 517 (lettere a Guarini); Autografi, 3292 (lettera a E. Bentivoglio); Firenze, Biblioteca nazionale, Carteggi, Vari, 207.173 (lettera del M. del 16 genn. 1621); Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Mss. lat., cl. XIV, 50 (= 4238), cc. 65-77; Tre lettere dell'Accademia degl'Intrepidi di Ferrara al cav. Battista Guarini e due di questo a quella, a cura di G.M. Zecchinelli, Padova 1826; F. Borsetti, Historia almi Ferrariae Gymnasii, Ferrara 1735, pp. 218 s.; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, I, Modena 1781, p. 118; L. Barotti, Memorie istoriche di letterati ferraresi, II, Ferrara 1793, pp. 241-246; L. Ughi, Diz. stor. degli uomini illustri ferraresi, Ferrara 1804, pp. 46 s.; Le nozze di Jacopo Salviati con Veronica Cybo descritte da un contemporaneo, Lucca 1871, passim; V. Rossi, B. Guarini ed il Pastor fido. Studio biografico-critico, Torino 1886, pp. 133-135; A. Solerti, Vita di T. Tasso, II, Torino 1895, pp. 487-495; L. Cappello, L'Accademia degli Intrepidi di Ferrara, in Comune di Ferrara, Bollettino statistico, XV (1928), 4, pp. V-XVIII; C. Zaghi, Fulvio Testi e O. M. Documenti inediti, in Civiltà moderna, III (1931), pp. 1178-1181; Id., Fulvio Testi in polemica con l'"Arsiccio Ricreduto", in Riv. di Ferrara, II (1934), pp. 363-367; L. Avellini - P. Pullega, Per un'edizione critica dell'epistolario di B. Guarini, in Lettere italiane, XXVII (1975), pp. 175-177; A. Chiappini, Immagini di vita ferrarese nel secolo XVII, in La chiesa di S. Giovanni Battista e la cultura ferrarese del Seicento, Milano 1981, pp. 9-69; C. Molinari, Per una storia di alcuni teatri ferraresi, in Teatri storici in Emilia Romagna, a cura di S.M. Bondoni, Bologna 1982, pp. 110-114; A. Antonioni, Serie delle prolusioni dell'Università di Ferrara, in Università e cultura a Ferrara e a Bologna, Firenze 1989, pp. 258-260; S. Chiellini, Contributo per la storia degli insegnamenti umanistici dello Studio ferrarese (XIV-XVII secolo), in La rinascita del sapere. Libri e maestri dello Studio ferrarese, Venezia 1991, p. 235; F. Raspadori, I maestri di medicina e d'arti dell'Università di Ferrara, 1391-1950, Firenze 1991, ad vocem; D. Fabris, Mecenati e musici: documenti sul patronato artistico dei Bentivoglio di Ferrara nell'epoca di Monteverdi, 1585-1645, Lucca 1999, passim; E. Selmi, Classici e moderni nell'officina del "Pastor fido", Alessandria 2001, p. 257; G. Novel, Le ragioni della morale e dello spettacolo: la parte dell'Arsiccio accademico Ricreduto negli ultimi intermedi guariniani, in Rime e lettere di Battista Guarini, Padova, in corso di stampa.