OSSO
. L'utilizzazione industriale e la lavorazione artistica dell'osso assumono molta importanza nella vita dei popoli primitivi scomparsi o attualmente viventi. S'intende pure che le civiltà superiori, storiche, alla pari della contemporanea, hanno impiegato questa materia per un'infinità di oggetti d'uso comune, non escluso anche quello, pure abbastanza largo, per la produzione di materiali artistici. Ma, fra le civiltà primitive attuali, l'osso tiene indiscutibilmente il primato nell'industria dei popoli artici, quali gli Eschimesi e i Ciukci; fra le molte utilizzazioni, più degne di menzione, si ricordino le clave piatte (mere) dei Polinesiani, i pugnali in osso di castoro dei Melanesiani, e i curiosi sgabelli dei Fuegini, ricavati dal bacino dei cavalli.
La prima apparizione dell'osso lavorato intenzionalmente, secondo H. Breuil, si dovrebbe riconoscere negli strati di Chou Kou Tien (Pechino), contenenti i resti del cosiddetto Sinanthropus pekinensis: recentissimo e importantissimo acquisto della paleontologia umana.
Per i paesi europei assai dubbie sono le tracce di lavorazione dell'osso prima del Mousteriano; benché taluno le abbia scorte già in strati del Chelléano. La sua lavorazione appare ben diffusa nel Mousteriano; è merito di H. Martin di avere illustrato per primo, nel 1906, una numerosa serie di ossa di grandi animali (omeri di cavallo e di bisonte, falangi di cavallo, bisonte e cervide) recanti segni incisi con costante localizzazione, e però non accidentali, ma dovuti a precisa intenzione. La scoperta di siffatte reliquie, avvenuta nella celebre stazione francese di La Quina (Charente), tolse la convinzione, precedentemente in voga, che la lavorazione dell'osso non risalisse al di là dell'Aurignaciano. Ma è ben vero che soltanto con le civiltà del cosiddetto Paleolitico superiore, o Miolitico, cioè con l'Aurignaciana, Solutréana e Magdaleniana, l'utilizzazione industriale e artistica dell'osso, insieme con quella del corno e dell'avorio, assume importanza maggiore, fino a costituire uno dei caratteri più tipici dell'ultima di queste civiltà, che è quella dei cacciatori della renna, produttrice di altre mirabili espressioni d'arte figurata (v. arte: L'arte dei popoli primitivi). Questa caratteristica, pure perdurando nei tempi geologici attuali un'abbondante utilizzazione dell'osso, si perde con la civiltà neolitica.
Dai paleolitici, o dai miolitici, europei, l'osso fu utilizzato per foggiare armi e strumenti, oggetti varî d'uso e di abbigliamento: punte a base fenduta, caratteristiche dell'Aurignaciano, aghi, punteruoli, lisciatoi, zagaglie, arponi, e anche frecce o giavellotti; infine pendagli di collana, che per lo più si riducono a denti d'animali opportunamente forati. Questa produzione ossea s'accompagna per intensità e per analogia a quella del corno, e in minor misura a quella dell'avorio. Non mancano prodotti semplicemente artistici: ossa con incisioni decorative. Uno dei più pregevoli esemplari di tale categoria è l'osso esibente una figura tra l'umana e la bestiale, itifallica, supposta già antropoide ma più verosimilmente umana con maschera bestiale e con carattere forse simbolico, ritrovato nella grotta di Mas d'Azil (Ariège).
Come si è detto, con la civiltà neolitica decade l'importanza della lavorazione dell'osso, pur essendo questo sempre largamente impiegato. Le armi e gli strumenti, oltre ai comuni pendagli o pendenti di collana costituiti da denti animaleschi forati, sono principalmente: pugnali, ricavati dalle teste dei cubiti di cervo e di bove, o dalle ossa lunghe cave, opportunamente appuntite; punteruoli, punte di freccia e giavellotti di varie forme, ceselli, pettini, ecc.
Nell'età del bronzo, specie nella terramaricola d'Italia, oltre a una produzione analoga alla precedente, sono degni di nota dischi per capocchie di aghi crinali e manichi di piccoli strumenti metallici, talvolta adorni con cerchietti concentrici.
Nell'età storica, l'impiego dell'osso perdura, si può dire, invariato, presso le civiltà superiori del bacino mediterraneo, per farne strumenti varî, d'uso comune e che sarebbe superfluo descrivere. Manichi di oggetti e di strumenti varî, pendagli, tessere, dadi lusorî, cucchiai, e simili, compongono una delle serie più istruttive dell'armamentario domestico della civiltà romana; cui si aggiungono, gareggiando con l'avorio del quale la lavorazione dell'osso segue la tecnica, placcature di mobili, o rivestiture di parti di essi, come selle, letti, tavoli, ecc. Né mancano anche vere opere d'arte: ad esempio, sculture che talora possono rivaleggiare con quelle fatte in più nobili o adatte materie. Si ricordi, ad esempio, una testina ritratto di donna romana del sec. IV d. C., conservata nell'Antiquarium del Museo Nazionale Romano.
Bibl.: J. Déchelette, Manuel d'archéol. préhist., I, Parigi 1908, passim; H. Breuil, Le gisement à sinanthr. de Chou-Kou-Tien, ecc., in Anthropos, XXVIII (1932); L. Pfeiffer, Die Werkzeuge der Steinzeit, Monaco-Iena 1920. - Per la lavorazione dell'osso presso i Greci e i Romani: H. Blümner, Technologie u. Terminologie d. Gewerbe u. Künste, Lipsia 1879, p. 360 seg.