FERRARO, Orazio
Figlio del pittore e plasticatore Antonino, nacque a Giuliana (nell'odierna provincia di Palermo) nel 1561. Da alcuni documenti che lo riguardano (Marchese, 1981) si sa che nel 1607 era sposato e padre di due figli. Nel 1628 entrò nella Compagnia di Gesù come fratello coadiutore e nel 1632 è citato nel Catalogus della casa professa dei gesuiti con la qualifica di "pictor et fictor ex gypso" (Macaluso, 1967). Morì a Palermo nel 1643 nella casa professa e venne sepolto nella attigua chiesa del Gesù (Marchese, 1981).
Numerosi documenti, pubblicati dal Marchese (1981), ne attestano l'attività di pittore e stuccatore, svolta principalmente a Castelvetrano e in altri centri del Trapanese e dell'Agrigentino.
La sua formazione artistica avvenne nella bottega del padre, e probabilmente anche presso il pittore giulianese Nicolò Buttafuoco, la cui figlia aveva sposato il fratello Giuseppe (non è sicuro che si debba riconoscere in questo Giuseppe l'autore dell'Ecce Homo della chiesa dell'Olivella a Palermo firmato e datato 1607; Di Marzo, 1880, pp. 706 s.). In considerazione degli influssi manieristici presenti fin dalle sue prime opere, è opinione del Marchese (1981) che egli, giovinetto, abbia lavorato con il padre tra il 1577 e il 1580 nel cantiere di S. Domenico a Castelvetrano, chiesa per la quale il cremonese G. P. Fonduli aveva eseguito nel 1574 l'Andata al Calvario, copia dello Spasimo di Sicilia di Raffaello, e il fiammingo Simone di Wobreck, nel 1580, la paia raffigurante la Circoncisione.
Alle opere del Fonduli e di Simone di Wobreck l'artista fa riferimento sia nell'Andata al Calvario, affrescata nella cappella della Pietà in S. Lorenzo a Caltabellotta (ove è la Deposizione del padre), datata 1594 e definita di poco merito dal Di Marzo (1880, p. 734) che per primo gliela attribuisce, sia nella S. Chiara della chiesa madre di Castelvetrano, giudicata dal Di Marzo (1858-64) fiamminga, ma a lui attribuita da studiosi locali (Polizzi, 1879; Ferrigno, 1909), e più recentemente dal Marchese (1981).
Si deve ancora al Di Marzo (1880, pp. 734 s.), sulla scorta delle testimonianze locali, l'attribuzione al F. della decorazione plastico-pittorica della cappella della Madonna di Trapani nella chiesa madre di Burgio, datata 1596, con statue in stucco degli Evangelisti, un gruppo della Madonna dell'Itria con S. Gioacchino e S. Anna, e quattro Sibille agli angoli, oltre a putti e cariatidi; nella volta, scompartita, sono affreschi con Storie della Genesi e al centro l'Eterno in rilievo.
Secondo il Di Marzo (1880), l'artista, nella sua produzione plastica, aderì in una fase giovanile a moduli gagineschi e a quelli derivanti dagli insegnamenti paterni, per approdare a formule protobarocche nelle opere più avanzate.
Oltre a quelle già citate, si ricordano del F. le seguenti opere plastiche o scultoree, documentate: a Erice, la Madonna della Stella, firmata e datata 1599, nella chiesa di S. Cataldo e l'Immacolata, firmata e datata 1605, nella chiesa di S. Giuliano, oggi conservata nella cappella del carcere mandamentale; la decorazione in stucchi policromi della navata di S. Margherita a Sciacca (commissionatagli nel 1623); e quindi la decorazione in stucco del cappellone del santuario di S. Vito lo Capo (Trapani), eseguita nel 1624 secondo una testimonianza dello storico coevo A. Cordici (Marchese, 1981). E' andata, invece, distrutta una composizione in stucco con la Gloria di s. Martino eseguita per l'altare maggiore della chiesa di S. Martino a Erice.
Una partecipazione preminente del F. assieme al padre è riconosciuta nella esuberante decorazione della tribuna del duomo di Mazara del Vallo, consistente in una pesante cortina con stucchi, affreschi e bassorilievi, eseguita per sistemare il gruppo già scomposto della Trasfigurazione di Antonello Gagini.
Le opere pittoriche consentono di seguire in maniera più completa lo sviluppo della cultura figurativa espressa nella carriera artistica del Ferrero. La tela della Madonna delle Grazie tra i ss. Pietro e Andrea, firmata e datata 1600, eseguita per la chiesa di S. Nicolò di Bari a Mazara del Vallo, per la gamma cromatica variata e per i riferimenti alla pittura aulica palermitana, evidenzia l'adesione a motivi stilistici di derivazione manieristica che si puntualizzeranno nel tempo con l'accoglimento di moduli formali più specifici. Palesemente ispirata a composizioni fiammingheggianti, diffuse in Sicilia dalle versioni di G. Vazano e di G. Salerno, lo Zoppo di Gangi, è l'Adorazione dei magi, firmata e datata 1602, nella chiesa di S. Giovanni Battista a Castelvetrano, in cui sono effigiati, in basso a sinistra, i committenti Carlo (II) d'Aragona e Tagliavia e la moglie Giovanna Pignatelli. Sono sostanzialmente gli stessi riferimenti culturali, con una accentuazione però di caratteri devozionali, secondo le istanze espresse dalla controriforma, che si trovano nella Crocifissione tra i ss. Pietro e Andrea, firmata e datata 1605, nella chiesa di Castellammare del Golfo.
Ancora nell'ambito dell'adesione alle correnti pittoriche della Sicilia occidentale, oscillanti tra Maniera e Controriforma, vanno considerati la Madonna dello Stellario con i ss. Sebastiano e Agata, firmata e datata 1612, nella chiesa del Monte a Monreale, il S. Carlo Borromeo orante, firmato e datato 1613, nella chiesa di S. Giovanni Battista a Castelvetrano, l'Assunzione della Vergine, firmata e datata 1619, nella chiesa madre di Castelvetrano, opere vicine ai modi del Vazano con influenze paladinesche, ed ancora il Cristo morto tra s. Carlo Borromeo ed Enrico imperatore, firmata e datata 1622, nella chiesa di S. Giovanni Battista ad Erice, di sapore fortemente controriformato, in cui si è voluto vedere (Marchese, 1981) un'influenza del caravaggismo per la ricerca di effetti luministici.
Alla sua attività tarda sono da ascriversi anche l'affresco della Madonna dell'Itria nella chiesa di S. Margherita a Sciacca, probabilmente coevo alla decorazione plastica (1623), firmato in un cartiglio nella parete destra del transetto, e gli affreschi nella sacrestia della chiesa della casa professa di Palermo, messi in relazione con la sua appartenenza alla Compagnia di Gesù (Marchese, 1981).
Altre opere sono certamente riferibili alla sua mano, come la Madonna del Rosario con imisteri della chiesa di S. Domenico a Castelvetrano, in cui la finna era ancora leggibile ai tempi dei Di Marzo (1858-64), databile al 1613 per i richiami compositivi e tipologici con la tela firmata di S. Isidoro Agricola della chiesa madre di Erice.
Gli si attribuisce, infine, per affinità con la produzione sicura, la tela raffigurante Gesù nell'orto degli ulivi, già in S. Domenico ed ora nella chiesa di S. Giovanni Battista a Castelvetrano (Ferrigno, 1919; Demma, 1981; Marchese, 1981).
Fonti e Bibl.: Castelvetrano, Bibl. com., G. B. Noto, Platea della palmosa città di Castelvetrano, suo stato, giurisdizione, baronie e contee aggregate (ms., 1732);G. Di Marzo, Delle belle arti in Sicilia dai Normanni alla fine del sec. XVI, Palermo 1858-64, I, p. 267; II, p. 165; IV, pp. 145-149; G. Castronovo, Erice sacra o i monumenti delle feste cattoliche nella città di Erice oggi Monte San Giuliano, Palermo 1861, p. 33; G. Polizzi, I monumenti d'antichità e d'arte della prov. di Trapani, Trapani 1879, p. 41;G. Di Marzo, I Gagini e la scultura in Sicilia nei secc. XV e XVI, I, Palermo 1880, pp. 734-37; S. Agati, Il Cicerone per la Sicilia, Palermo 1907, I, pp. 821 s.;G. B. Ferrigno, Castelvetrano, Palermo 1919, p. 118;E. Mauceri, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, Leipzig 1915, p. 463;I. Scaturro, Storia della città di Sciacca, Napoli 1926, II, p. 252;G. Bellafiore, La civiltà artistica della Sicilia, Firenze 1963, ad Indicem;G. Macaluso, Le sculture lignee di Casa Professa, in Ai nostri amici, XXXVIII (1967), 6-9, p. 10; V. Scuderi, O. F., Adorazione dei magi, in Boll. d'arte, LIII (1968), p. 150;E. Navarra, Le chiese di Caltabellotta, Agrigento 1977, p. 22;M. G. Mazzola, Profilo della decoraz. barocca nelle volte delle chiese palermitane, in Storia dell'arte, X (1979), 36-37, pp. 205-229;M. P. Demma, Castelvetrano e il suo territorio, in G. Davi-M. P. Demma, Paesi della Valle del Belice. Guida storico-artistica, Palermo 1981, pp. 30, 42-46;A. G. Marchese, I Ferraro da Giuliana, I, O. pittore, Palermo 1981;A. Barricelli, La pittura in Sicilia dalla fine del Quattrocento alla Controriforma, in Storia della Sicilia, X, Palermo 1981, pp. 53 s.;D. Garstang, G. Serpotta e gli stuccatori di Palermo, Palermo 1990, ad Indicem;E. Natoli, in Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incis. ital., IV, pp. 402 s.