OPTOELETTRONICA
Viene così chiamata la disciplina che studia i dispositivi e i sistemi nei quali le onde elettromagnetiche comprese nello spettro del visibile e del vicino infrarosso sono impiegate come portanti di segnali: escludendo dai sistemi suddetti quelli nei quali i segnali sono puramente ottici (quali i cannocchiali, i microscopi, gli apparati fotografici, ecc.), che ricadono nel campo dell'ottica tradizionale; è caratteristica dei sistemi optoelettronici la trasformazione dei segnali elettrici in ottici e viceversa nel corso della manipolazione dei segnali stessi. Questa trasformazione viene effettuata dai dispositivi optoelettronici. Tra i dispositivi di questo tipo più noti e già in uso da diversi decenni, ricordiamo i tubi da ripresa televisiva, i convertitori e gl'intensificatori d'immagine, i fotomoltiplicatori, i tubi a raggi catodici, ecc.
È stato tuttavia a partire dagli anni Sessanta che l'impiego delle frequenze ottiche e del vicino infrarosso per la realizzazione di funzioni complesse ha avuto un fortissimo incremento grazie al presentarsi di alcuni fattori concomitanti, quali in particolare: l'invenzione del laser con la conseguente disponibilità di intensi fasci di luce coerente; lo sviluppo della tecnologia dei semiconduttori e la realizzazione di dispositivi quali il laser a iniezione, i diodi elettroluminescenti, i fotodiodi a valanga, ecc.; l'affermarsi delle tecniche di ottica guidata, grazie da un lato al raggiungimento di un elevatissimo grado di purificazione dei materiali (fibre ottiche), e dall'altro all'affinamento dei metodi di deposizione e microscrittura di film sottili (ottica integrata).
A questi fattori, che giocano un ruolo primario, vanno aggiunti gli apporti di svariati altri studi sviluppatisi negli ultimi anni (dagli studi sulle onde acustiche superficiali a quelli sui materiali elettroottici, dagli studi su nuovi semiconduttori alla teoria delle comunicazioni ottiche e della coerenza, ecc.). In definitiva, l'o. si presenta oggi come un campo largamente interdisciplinare che, utilizzando le interazioni fotone-elettrone, comincia a offrire vaste possibilità per l'uso delle radiazioni elettromagnetiche visibili e infrarosse per le funzioni sinora adempiute dalle più tradizionali frequenze "radio". L'impiego delle nuove lunghezze d'onda, parecchi ordini di grandezza inferiori a quelle tradizionali, lascia prevedere la realizzazione di sistemi con caratteristiche di compattezza (in termini di funzioni logiche per unità di volume) e rapidità (quantità d'informazione elaborata per unità di tempo) comparabilmente superiori a quelle dei sistemi attualmente in uso.
Essendo l'o. una disciplina ancora agl'inizi e i cui sviluppi sono appena prevedibili, una classificazione sistematica dei dispositivi che ne costituiscono l'oggetto appare prematura e certo non sarebbe completa. Ci limiteremo quindi a citare un'applicazione di queste tecniche (le comunicazioni su fibre ottiche), scelta tra le più rappresentative, e un campo di ricerca (l'ottica integrata) nel quale lo sviluppo dei dispositivi optoelettronici appare più che mai ricco di promesse. Si tenga presente tuttavia che i dispositivi citati e gli effetti sui quali essi si basano non esauriscono il campo in esame. É inoltre possibile che le intense ricerche attualmente in corso portino al superamento e all'abbandono di alcuni di essi, mentre la scoperta di nuovi effetti e i progressi della tecnologia potranno portare alla realizzazione e all'impiego di dispositivi di nuova concezione.
Un esempio di applicazione: le comunicazioni su fibre ottiche. - Un sistema di comunicazioni ottiche è costituito da una sorgente luminosa, la cui emissione viene modulata in accordo all'informazione da trasmettere, un mezzo di trasmissione e un ricevitore; nel caso che qui consideriamo, l'informazione è data sotto forma di segnale elettrico, il trasmettitore trasforma in ottico tale segnale, avviandolo a un sistema di fibre ottiche per la trasmissione, e il ricevitore ritrasforma il segnale ottico in elettrico, eventualmente elaborandolo in modo da restituire l'informazione in esso contenuta.
La realizzazione di questi sistemi si è sviluppata negli ultimi anni essenzialmente secondo tre direttive:
a) impiego di laser a emissione continua di media potenza (0,1 ÷ 10 W), con modulatore elettroottico, per trasmissione nello spazio libero (satellite-satellite o Terra-satellite), con grandissima capacità (> 10 MHz);
b) impiego di laser a semiconduttore, per trasmissione attraverso l'atmosfera a breve distanza e piccole capacità (banda fonica), con apparati leggeri, in applicazioni mobili e riservate (generalmente militari);
c) impiego di sorgenti a semiconduttore (sia diodi laser sia diodi elettroluminescenti) e fibre ottiche per tutte le applicazioni sinora riservate all'uso di conduttori metallici (dai cavi coassiali e le guide d'onda ai doppietti telefonici).
Quest'ultimo tipo di realizzazioni costituisce senza dubbio l'applicazione dell'o. più promettente e per la quale è in atto il maggiore sforzo di sviluppo.
Le fibre ottiche sono sottili fili di vetro o di quarzo fuso, aventi diametro dell'ordine del decimo di millimetro, che hanno la proprietà di guidare la luce. Da un punto di vista elettromagnetico, esse rientrano nella categoria delle guide d'onda dielettriche. In fig. 1 sono rappresentati i tre tipi fondamentali di fibre: essi sono tutti caratterizzati da una zona centrale (nucleo) avente indice di rifrazione superiore a quello della zona circostante (mantello). Nella fibra tipo A, detta "a gradino" (step-index), l'indice di rifrazione è costante nel nucleo e il passaggio al valore che esso ha nel mantello avviene bruscamente alla superficie di separazione tra i due mezzi. Un raggio di luce che si propaghi nel nucleo con un angolo, rispetto all'asse della fibra, sufficientemente piccolo, subisce una riflessione totale alla superficie di separazione tra nucleo e mantello, e risulta quindi "guidato". Nella fibra tipo B, l'indice varia gradualmente dal valore massimo che esso ha lungo l'asse, a quello che esso ha nel mantello; queste fibre sono dette "a profilo graduale" (graded-index) e la legge di variazione dell'indice di rifrazione in funzione del raggio è generalmente di tipo quadratico o quasi. I raggi luminosi che si propagano nel nucleo con piccola inclinazione rispetto all'asse della fibra vengono rifocalizzati verso lo stesso e seguono un percorso oscillante risultando quindi anch'essi "guidati". I nuclei dei due tipi di fibre suaccennati hanno un diametro grande rispetto alla lunghezza d'onda della luce, e cioè tipicamente compreso tra 30 e 100 μm. Queste fibre possono quindi portare molti "modi" di propagazione, e vengono chiamate "multimodo". In contrasto a ciò, la fibra tipo C, peraltro analoga a quella tipo a, ha un diametro del nucleo di pochi μm, scelto in modo che alla lunghezza d'onda d'impiego in essa si propaghi solo il "modo" di ordine più basso, per cui è chiamata "monomodo".
Ai fini della trasmissione di segnali,. le proprietà fondamentali che caratterizzano una fibra ottica sono l'attenuazione e la dispersione alle quali il segnale è soggetto durante la propagazione nella fibra stessa.
Per quanto riguarda la prima, le intense ricerche in corso da circa un decennio hanno permesso di raggiungere valori di attenuazione di appena qualche dB /km. La fig. 2 mostra in A la successione dei risultati sperimentali ottenuti negli ultimi anni, con la marcata tendenza verso la riduzione progressiva dell'attenuazione; in B è mostrata la dipendenza dell'attenuazione stessa dalla lunghezza d'onda della radiazione impiegata; dunque, il campo in cui si hanno le perdite minime è quello del vicino infrarosso.
Per quanto riguarda la dispersione, un impulso che si propaga in una fibra ottica multimodo si deforma per via di tre cause: la prima è dovuta al fatto che i vari modi si propagano con diversa velocità di gruppo (dispersione intermodale); la seconda è dovuta al fatto che le varie lunghezze d'onda emesse dalla sorgente si propagano nel materiale che compone la fibra con velocità diverse (dispersione cromatica); la terza infine è dovuta alla caratteristica di propagazione di ciascun modo, per cui, vicino alla frequenza di taglio di una guida, la velocità di fase non è lineare con la frequenza.
La dispersione intermodale dipende dalla forma del profilo degl'indici di rifrazione, e varia da alcune diecine di nanosecondi a chilometro per le fibre a gradino (in pratica si hanno però spesso fenomeni di accoppiamento dei modi che la riducono notevolmente), a frazione di nanosecondo a chilometro per le fibre con profilo graduale ottimizzato. La dispersione cromatica dipende invece dalla larghezza spettrale della sorgente usata, e varia da qualche nsec/km se si usano diodi elettroluminescenti, a valori inferiori a 0,1 nsec/km se si usa una sorgente laser. La dispersione del singolo modo è abitualmente del tutto trascurabile.
Le sorgenti disponibili oggi per i sistemi in fibra ottica, tenendo conto della richiesta compattezza, affidabilità e semplicità, sono rappresentate dai diodi elettroluminescenti e dai diodi laser. In fig. 3 sono riportati schematicamente due esempi di questi dispositivi sviluppati appositamente per essere adoperati in connessione con le fibre.
La potenza che essi possono iniettare in una fibra è dell'ordine della diecina di μW per il primo, incoerente, e dell'ordine di un mW per il secondo, con un elevato grado di coerenza. A tutt'oggi, il materiale usato è l'arseniuro di gallio e alluminio, cui corrisponde un'emissione nella gamma da 0,8 a 0,9 μm, dipendentemente dalle concentrazioni presenti. Vi è tuttavia un notevole sforzo di ricerca su altri materiali emittenti a lunghezza d'onda di 1,1 ÷ 1,2 μm, per le quali sia le perdite sia la dispersione delle fibre presentano valori minimi.
Per quanto riguarda i rivelatori, i dispositivi considerati sono anch'essi a semiconduttore, e cioè i diodi p-i-n e i diodi a effetto valanga. Questi ultimi, essendo dotati di guadagno interno ma più delicati nell'uso (specie per quanto riguarda la stabilità termica e la tensione di alimentazione), risultano preferibili soltanto alle più elevate velocità di trasmissione.
Dalla rapida rassegna sin qui presentata appare come la scelta di una particolare configurazione di sistema, per quanto riguarda il tipo di sorgente, di fibra e di rivelatore, sia influenzata da diversi fattori: poste certe esigenze di distanza da coprire con una determinata velocità di trasmissione, i fattori determinanti saranno in generale quelli di costo, affidabilità, semplicità di manutenzione, ecc. Ai due estremi di una vasta gamma si possono individuare sistemi con diodo luminescente,fibra multimodo a gradino e diodo p-i-n per comunicazioni a basso costo, piccola distanza e banda modesta (minore di circa 10 Mbit/sec su distanze inferiori a 1 km); e sistemi con diodo laser, fibra a profilo graduale di elevata precisione e fotodiodo a valanga per comunicazioni a larga banda e grande distanza (> 100 Mbit/sec su distanze di ripetizione tra 5 e 10 km). In prospettiva per quest'ultimo tipo di applicazioni si può prevedere l'uso di fibre singolo modo a dispersione quasi nulla, sorgenti laser e rivelatori a valanga funzionanti tra 1,1 e 1,3 μm, per giungere a distanze di ripetizione di diverse diecine di km con velocità di trasmissione dell'ordine del Gbit/sec.
L'affermarsi o meno dei sistemi in fibre ottiche rispetto ai sistemi più tradizionali di comunicazione dipenderà oltre che, ovviamente, dai fattori di costo, da elementi che giocano un ruolo diverso secondo l'area di applicazione considerata. Tra le caratteristiche più di rilievo delle fibre ottiche ricordiamo: l'immunità alle interferenze elettromagnetiche, l'eliminazione dei problemi di massa elettrica e di corto-circuito, la flessibilità, l'ingombro ridotto e la leggerezza, la resistenza a temperature relativamente elevate, la sicurezza in aree infiammabili, la reperibilità delle materie prime, ecc.
Dispositivi optoelettronici del futuro: l'ottica integrata. - In parallelo con lo sviluppo dei dispositivi optoelettronici sin qui menzionati e delle loro applicazioni, nel corso degli ultimi anni intense ricerche sono state concentrate verso la realizzazione di dispositivi complessi capaci di adempiere diverse funzioni in un unico blocco. La situazione è analoga a quanto manifestatosi con i circuiti elettronici, passati dal montaggio discreto (componenti separati collegati da conduttori esterni) verso integrazioni di grado sempre più avanzato, sino a ottenere complesse funzioni logiche in un unico dispositivo. Nel campo degli apparati optoelettronici questa tendenza trova giustificazione non soltanto nell'eliminazione dei problemi di stabilità e ingombro caratteristici dei montaggi ottici, ma soprattutto nella prospettiva di realizzare le potenziali elevatissime capacità di trasferimento ed elaborazione dei segnali, tipiche delle frequenze in gioco. In una prospettiva futura, un circuito ottico integrato può essere immaginato come l'equivalente microminiaturizzato di un apparato a microonde (contenente sorgenti, guide d'onda, filtri, modulatori, accoppiatori, rivelatori, ecc.) e dei relativi circuiti elettronici di comando, il tutto realizzato su un'unica basetta.
Elemento base dei circuiti ottici integrati sono le guide d'onda ottiche su film sottile: analogamente a quanto detto per le fibre ottiche, un fascio di luce che si propaghi in un sottile strato di materiale avente indice di rifrazione superiore a quello del materiale di sostegno, vi risulta confinato per effetto della riflessione totale alle superfici di separazione tra lo strato sottile e il supporto da un lato, e l'aria o il materiale di copertura dall'altro. Si ha così una guida "planare" (fig. 4A). Se invece la zona avente indice di rifrazione maggiore del supporto è limitata trasversalmente, la radiazione risulta confinata anche in questa direzione e si ha una guida "a striscia" (fig. 4B).
La fig. 5 mostra alcuni componenti elementari per la realizzazione di circuiti ottici su film: in A si ha un accoppiatore a prisma per l'entrata e l'uscita della luce dalla guida; in B è riportato un reticolo che, dipendentemente dalle caratteristiche costruttive, svolge le funzioni di filtro, di riflettore o di accoppiatore con l'esterno; in C sono mostrati un prisma e una lente "planari", che utilizzano la variazione di lunghezza d'onda nella guida, derivante da un aumento di spessore della stessa, per deviare localmente i raggi e realizzare così le stesse funzioni degli analoghi componenti tridimensionali; infine in D è mostrato un accoppiatore direzionale.
Tutti i dispositivi citati costituiscono esempi di componenti passivi; si ha poi tutta un'altra classe di dispositivi, detti "attivi", che permettono cioè l'interazione di un segnale elettrico con il fascio ottico, e che comprende le sorgenti, i modulatori, i deviatori, ecc. Tra le sorgenti, la più adatta a queste applicazioni si presenta oggi il laser a semiconduttore, che già di per sé costituisce il primo esempio di utilizzazione di una guida ottica planare. Anche il laser a neodimio tuttavia offre interessanti possibilità applicative in questo campo. L'impiego di materiali elettroottici, nei quali l'indice di rifrazione varia dipendentemente dal campo elettrico applicato, si presta alla realizzazione di modulatori (fig. 6A) e deviatori (fig. 6B); la modulazione del fascio luminoso può essere ottenuta anche utilizzando l'interazione con onde acustiche superficiali, l'assorbimento da parte di cariche libere iniettate nel materiale o ancora l'effetto magnetoottico.
I dispositivi sinora realizzati, tra i quali quelli menzionati rappresentano solo qualche esempio, sono per la maggior parte dispositivi che adempiono una singola funzione: per cui l'espressione "ottica integrata", coniata da S. E. Miller sin dal 1969 e largamente adottata, appare ancora prematura. Le ricerche che oggi vengono compiute verso l'integrazione di più funzioni su un unico supporto fanno intravvedere due possibilità: la connessione, sulla stessa base, di dispositivi ottenuti separatamente, eventualmente con materiali e procedimenti diversi (circuiti ottici integrati ibridi); e la realizzazione di un insieme di dispositivi, capaci di adempiere funzioni diverse, su un unico materiale e con un unico (anche se complesso) processo di fabbricazione (circuiti ottici integrati monolitici).
Un esempio di possibile circuito del primo tipo è mostrato in fig. 7; per quanto riguarda i circuiti del secondo tipo, i materiali più promettenti appaiono oggi i semiconduttori del tipo dell'arseniuro di gallio, che si prestano sia per le sorgenti sia per i modulatori e altri componenti.
Conclusioni. - Con le considerazioni svolte sin qui si è tentato di dare una definizione del vasto campo di studio che va sotto il nome di o. operativa, ancorché molti dispositivi, gli effetti su cui si basano e le loro applicazioni siano stati lasciati fuori da questa breve rassegna per motivi di spazio. Ci si è soffermati sulle comunicazioni mediante fibre ottiche e sull'ottica integrata in quanto si ritiene che questi due campi siano tra i più rappresentativi dell'o. sotto diversi aspetti:
a) i dispositivi che in essi trovano impiego abbracciano praticamente tutta l'area delle interazioni fotone-elettrone che stanno alla base della disciplina in esame;
b) i problemi tecnologici affrontati con successo (quali la purezza e il controllo dei materiali e i processi di microlavorazione) sono gli stessi incontrati nei campi affini;
c) le prospettive di applicazione, caratterizzate dalle elevatissime capacità e velocità di elaborazione dell'informazione, costituiscono uno degl'incentivi più pressanti per lo sviluppo di questa scienza.
In conclusione, si può affermare che l'o. è oggi una scienza le cui basi sono solidamente costituite, ma i cui sviluppi sono in pieno divenire: essa trova già molte e svariate applicazioni, dalle comunicazioni alla telemetria, dalla medicina all'astronomia, ma è prevedibile che queste aumenteranno nel futuro, parallelamente al perfezionarsi delle prestazioni offerte e alla sempre maggiore richiesta di apparecchiature complesse, compatte e veloci.
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