OPPIO
. Con questo nome viene indicato il prodotto di coagulazione del lattice del Papaver somniferum L. var. album DC. È questa una grande pianta annuale della famiglia Papaveracee con radice fittonante più o meno ramificata; fusto alto da 5-15 dcm. eretto, semplice o poco ramificato, glaucescente per un rivestimento ceroso che si trova anche sulle foglie. Di queste, le inferiori sono oblunghe o ovali oblunghe, profondamente pennatosette, a segmenti più o meno dentati o serrati, le superiori sono ampie, cordate-auricolate alla base, subamplessicauli e irregolarmente serrato-dentate. I fiori terminali e generalmeme solitarî hanno due sepali concavi, erbacei, caduchi, quattro petali grandi subrotondi disposti in due verticilli alterni, d'un bel colore bianco candido, raramente rosei o lilla pallidi; gli stami sono numerosi e l'ovario è supero, ovoide o globoso, sormontato da una corona costituita da 10-12 raggi stimmatici. Il frutto è quella speciale capsula detta treto (volgarmente "testa di papavero"), grande, ma di varia forma: globosa, globoso-depressa, ovoide o subclavata; contiene numerosi semi piccoli, reniformi, biancastri, reticolati.
Tutte le parti di questa pianta (eccettuati i semi) contengono un lattice bianco, vischioso, d'odore nauseoso caratteristico, racchiuso nei vasi latticiferi.
Questa specie non si conosce allo stato spontaneo; è coltivata da molti secoli e alcuni botanici, come A. De Candolle e altri, ritengono che derivi dal Papaver setigerum L. spontaneo nella regione mediterranea. È certo che nei residui dei lacustri dell'età della pietra in Svizzera si sono trovate le capsule d'un papavero, coltivato da quei popoli, sormontate da 8 raggi stimmatici, come si osserva nel P. setigerum, mentre il P. somniferum ne ha 10-12. Gli antichi Greci conoscevano benissimo il papavero da oppio e le proprietà sonnifere del succo; Dioscuride distingueva la varietà a semi bianchi dalle altre.
Comunemente si ritiene che la coltura del papavero e l'uso dell'oppio provengano dalla Cina; in realtà la coltivazione del papavero e l'uso della sua droga si sono sviluppate in tempi antichi nell'Asia occidentale e in Europa donde si sono propagate, molto più tardi, verso oriente. Certo è che l'introduzione dell'oppio in Cina, attraverso la Persia e l'India, è avvenuta in epoca relativamente recente, non prima della fine del sec. XV e della prima metà del sec. XVI dell'era volgare; e il nefasto uso di fumarlo i Cinesi lo appresero dagli abitanti dell'Assam molto più tardi, ossia nella metà del sec. XVIII.
Dal punto di vista sistematico si possono distinguere le seguenti varietà: Papaver somniferum L. (P. opiiferum Forsk.; P. officinale Gmel.) varietà α. setigerum DC. (P. setigerum DC.), fiori più piccoli, petali rosicchiati ai margini, rossastri o rosei, treto non più grosso di una noce con 8 raggi stimmatici; var. β. nigrum DC. (α. nigrum DC.; P. somniferum Gmel.; P. somniferum var. glabrum Boiss.), petali grandi porporini o violacei scuri, treto grande con 10-12 raggi stimmatici, semi di colore bruno scuro; var. γ. album DC. (β. album DC.; P officinale Gmel.), petali bianchi, treto come nella var. precedente, semi bianco-giallastri. Mentre la prima varietà è spontanea, le altre due si conoscono solo allo stato coltivato o sfuggito alla coltura.
Nella pratica si distingue il P. somniferum officinale (fr. Pavot blanc et aveugle; ted. Schliessmohn o Dreschmohn) con i treti che non si aprono per i fori al disotto della corona stimmatica e il P. s. vulgare (fr. Pavot øillette gris et noir; ted. Schüttmohn, Schüttelmohn) con i treti che si aprono per i fori. A seconda del colore i semi si distinguono in: bianchi, rossi, blu, grigi, bruni e violetti.
Coltura. - Il papavero da oppio cresce bene ovunque possono vivere i cereali vernini, ma ama le località calde e senza vento. Il suo sviluppo è molto rapido (120-140 giorni) e si coltiva su quasi tutta la superficie terrestre: Europa centrale, orientale e meridionale; Asia Minore, India, Persia, Cina, Algeria, Tunisia, Egitto, America Settentrionale. La coltivazione serve in gran parte per ricavare l'olio dai semi, che sono anche mangiati (Europa, Africa e America), in parte per estrarre l'oppio (Penisola Balcanica, Asia).
I terreni migliori sono quelli di medio impasto, silico-argillosi o calcari argillosi, profondi, leggermente umidi, riparati dai venti e soleggiati. In India si scelgono terre forti ben concimate, in Asia Minore terreni sostanziosi argillo-silicei o argillo-calcarei e per evitare il loro esaurimento si coltiva il papavero in rotazione col mais, col tabacco e con gli ortaggi. Si deve fare una lavorazione superficiale di 15-20 cm. per sciogliere bene il terreno; se si semina alla volata, essendo i semi piccolissimi, bisogna mescolarli con sabbia; se si semina in righe si usano 3 litri di seme per ha.
In Europa si semina in febbraio o ai primi di marzo; in Asia, in ottobre-novembre. Nelle seminagioni alla volata, quando le piantine hanno raggiunto 15 cm. d'altezza, si fa un diradamento sopprimendo le meno robuste e si fa una ripulitura dalle erbacce seguita da un'erpicatura e da una sarchiatura.
Per quanto riguarda la concimazione, l'uso dello stallatico è migliore di quello del solfato d'ammonio: anzi concimando col primo si può ottenere dai papaveri una produzione di morfina superiore anche del 2%. Il clima e la temperatura possono influire sulla produzione del lattice e quindi sulla quantità dell'oppio, ma non sul contenuto di morfina.
La fioritura dura 10-20 giorni e nel nostro clima avviene in maggio: l'incisione delle capsule per l'oppio si deve fare dopo la caduta dei petali.
Molti insetti di varî gruppi allo stato larvale o perfetto attaccano le piante di papavero; anche un fungo (Peronospora arborescens) produce una grave malattia del papavero che mostra i suoi organi più o meno deformati e coperti di un'efflorescenza vellutata bianca o gialla, che poi diviene color violaceo sporco.
Secondo alcuni autori solo i semi bianchi forniscono piante da oppio, invece le prove colturali eseguite da Thoms e da Jobst hanno stabilito che anche semi di diverso colore sviluppano piante il cui lattice contiene morfina.
Secondo Aubergier la migliore qualità di oppio è fornita dai papaveri a capsule rotonde, mentre invece la migliore morfina sarebbe prodotta dai papaveri a capsule oblunghe.
Raccolta dell'oppio. - Si fa incidendo le capsule, però nei diversi paesi il momento favorevole per questa operazione è diversamente valutato: sembra che sia più opportuno incidere quando le teste ingialliscono leggermente, prendendo un aspetto vellutato e alla loro inserzione, sul pedicello fiorale, appare una linea nera.
Si usano coltelli speciali a lama corta semilunare o variamente conformati, oppure specie di spilloni o anche coltelli a parecchie lame. L'incisione deve essere praticata da persona abile per aprire la parete del frutto senza tagliarla completamente. In alcuni paesi (India) incidono longitudinalmente, in altri (Asia Minore, Macedonia) orizzontalmente e questo è il metodo più razionale, in Persia invece s'incide obliquamente.
Il taglio deve essere ampio in modo da aprire tutta la rete dei latticiferi: il lattice che sgorga è bianco, ma si rapprende all'aria e imbrunisce formando le lacrime di oppio. Con uno speciale strumento, una specie di raschiatoio, queste vengono raccolte nel giorno successivo e riunite insieme impastandole in una foglia di papavero così da formare ammassi della grossezza circa di un pugno (pani di oppio). Questo è il procedimento seguito in Asia Minore: invece in India l'oppio viene mescolato con olio e se ne fanno poi delle specie di focacce piatte (flat cakes) o delle palle (round cakes). Il tempo migliore per incidere sono le prime ore della giornata, perché la pianta è più ricca di lattice e questo è più fluido e quindi fuoriesce meglio. Secondo dati sperimentali, una capsula di papavero può dare gr. o,014-0,097 di oppio: da un ha. coltivato a papavero si possono ottenere da 8 a 16 kg. di oppio. Però il problema della sua produzione è tutto collegato con l'abilità dell'incisione, che deve essere rapida: un buon incisore, lavorando cinque giornate a 12 ore ciascuna, può incidere 12.000 capsule. Si deve notare che il lattice della prima incisione è più ricco di morfina di quello della seconda, quello della seconda è più ricco del lattice della terza e precisamente nella proporzione: 6,63 : 5,53 : 3,27. In commercio si distinguono varie specie di oppio: di Smirne o di Costantinopoli o dell'Asia Minore (che è il più pregiato), dell'India, della Cina, dell'Egitto, della Persia, della Macedonia o d' Europa e si riconoscono dalla differente forma sotto la quale è presentata la droga e da alcune caratteristiche di composizione.
Dal papavero da oppio si ottengono anche i semi (12- 15 q. per ha.) che si raccolgono quando le capsule sono completamente mature, cioè bene ingiallite: essi vengono mangiati come condimento (Austria, Ungheria, paesi balcanici) o servono per l'estrazione dell'olio (40-50%), che si usa principalmente a scopo alimentare. Nella medicina popolare si usano anche le capsule mature, dette teste di papavero.
Farmacologia. - L'oppio contiene molti alcaloidi: principale la morfina (10%), poi la narcotina (7%), tebaina (1%), codeina, narceina, laudanina, laudanosina, ecc. La tossicità e l'azione farmacologica di questi alcaloidi è assai diversa: così la tebaina è cinque volte piu velenosa della morfina (v.) e ha, come la laudanina (A. Benedicenti), forte azione convulsivante. L'oppio (chandu) viene in Oriente fumato in apposite pipe, o mangiato, e l'uso si va diffondendo anche in Europa. Le diverse razze umane sono variamente sensibili a questo veleno: nei Malesi provoca (come nei felini) eccitazione con ebbrezza, vertigini, delirî pericolosi spesso a sé e agli altri. Gli Orientali provano sensazione di calore e benessere, mentre l'immaginazione è libera e l'intelligenza confusa; poco alla volta si ha sonnolenza e sonno, durante il quale s'osserva pallore della pelle, acceleramento del respiro e del polso e restringimento delle pupille. Per dosi forti si ha abbassamento della temperatura, cianosi delle mucose, respiro periodico e morte. Tre grammi di oppio si considerano letali, ma è noto un caso di morte per soli 3 centigrammi. L'oppio e gli oppiacei sono usati nell'insonnia da forme psicopatiche; nell'emicrania, gastralgie, coliche (specialmente da piombo) e inoltre contro la tosse e per rallentare la peristalsi intestinale. Come preparati si usano, oltre alla polvere d'oppio, il laudano, l'estratto tebaico, la polvere del Dover (oppio e ipecacuana), la tintura tebaica, lo sciroppo diacodio, ecc. Con speciali preparazioni s'è cercato di somministrare i principali alcaloidi dell'oppio liberati dalle sostanze estrattive e resinose che si trovano nella droga. Il pantopon (H. Sahli, 1909) il narcopon (G. Coronedi), il panopium, ecc. sono preparati di questo genere.
Per le norme giuridiche che regolano lo smercio dell'oppio, v. stupefacenti.