FIESCHI, Opizzo
Appartenente al ramo ligure dei conti di Lavagna, nacque nella prima metà del sec. XIII.
Non conosciamo i nomi dei genitori del F., tuttavia è opinione comunemente accettata dalla storiografia che egli fosse figlio di Tedisio, dato che l'Obituario di S. Lorenzo in Genova, tuttora presso l'Archivio di quel capitolo, lo ricorda appunto come patruus, "zio paterno", di Bertolino di Ugo di Tedisio Fieschi.
Se l'Opizzo ricordato nell'Obituario di S. Lorenzo è da identificarsi con l'Opizzo di cui si fa spesso menzione nei documenti pontifici coevi, il F. dovette per tempo abbracciare la vita religiosa, se era già abate nel monastero non di Messina, come scrive per errore il Federici, ma di Mezzana, in diocesi di Piacenza, il 14 ott. 1245, quando il papa Innocenzo IV, suo zio paterno, gli affidò il difficile e delicato incarico di recarsi in Prussia per porre fine al conflitto tra il principe della Pomerania orientale Swietopelk, alleatosi ai Pruteni ribelli all'Ordine teutonico, e lo stesso Ordine teutonico (cfr. K. Gorski, L'Ordine teutonico, Torino 1971, p. 72). Alla morte del patriarca latino di Antiochia, il bresciano Alberto Rezzato, avvenuta durante il concilio di Lione, ma prima del 22 luglio 1246, il F. fu nominato a succedergli da papa Innocenzo IV, in un momento di gravi difficoltà per quella sede metropolitica e per gli Stati cristiani in Terrasanta, minati da profondi conflitti interni.
Il F. doveva trovarsi allora a Lione, presso il papa; infatti, il 12 giugno 1247 Innocenzo IV inviò un'energica protesta al Comune di Novara, perché nel porto di Mergozzo era stata sottratta all'arcidiacono antiocheno la somma che il capitolo aveva destinato al patriarca eletto. Messosi in viaggio, il F. giunse a Genova, ove fu accolto con particolare calore, anche perché la politica di quella città collimava allora con quella papale. Nell'ottobre, come risulta da una lettera circolare inviata dal pontefice ai presuli suffraganei della Chiesa antiochena, il F. fu nominato legato apostolico presso l'esercito cristiano in Terrasanta. Egli ottenne allora da Innocenzo IV anche la promessa che, a causa della rivolta di Eutimio contro l'autorità papale, sarebbero state trasferite sotto la sua giurisdizione di patriarca latino di Antiochia tutte le Chiese già suffraganee del patriarca greco di Antiochia, che fossero state strappate ai musulmani. Il soggiorno a Genova si protrasse a lungo, nell'attesa della buona stagione: egli era ancora in Italia nell'aprile del 1248, quando nominò un procuratore per ritirare a suo nome le suppellettili in oro ed argento che il Rezzato, aveva depositato in S. Marco di Mantova, presso il marchese di Soragna. Giunto finalmente in Terrasanta e preso possesso della sua sede, il F. provvide a scomunicare Eutimio, che fu costretto a lasciare Antiochia.
Con un dispaccio, datato da Perugia 7 nov. 1252, il papa lo incaricò di riconoscere al principe di Antiochia Boemondo VI, che aveva allora compiuto i quindici anni, la maggiore età, liberandolo dalla tutela della madre, Luciana di Segni. Il 30 marzo 1254, essendo il Principato devastato dai musulmani, il papa affidò al F. l'amministrazione della Chiesa di Nicosia. Nello stesso giorno, in ragione delle spese sostenute da lui per i suoi viaggi alla Curia romana, fu concessa al F. la facoltà di trattenere una parte dei redditi spettanti al defunto vescovo di Norwich e la metà dei sussidi inviati in aiuto di Antiochia. Nell'ottobre del 1254 egli risulta presente a San Giovanni d'Acri.
Morto Innocenzo IV, il successore di questo, Alessandro IV, provvide a confermare al F. l'incarico di legato pontificio nel patriarcato (23 marzo 1255). Il F. fu scelto poi come nuovo patriarca di Gerusalemme da tre canonici di quella Chiesa: la designazione, però, non fu approvata dal papa, che preferì nominare a quella sede il vescovo di Verdun (9 apr. 1255). Il 17 dicembre dello stesso anno, Alessandro IV confermò l'impegno a concedere al F. la prima sede che si fosse resa vacante nel Principato antiocheno in territorio rimasto libero, o nel Regno di Cipro, dato che la diocesi di Antiochia era devastata incessantemente dai musulmani. Il 28 genn. 1256 il vescovo di Tortosa e quello di Tripoli di Siria ebbero l'incarico di consegnare al F. la somma depositata da Innocenzo IV presso i templari e gli ospitalieri, per aiutare il patriarca. Il 21 febbraio al F. fu assegnata in amministrazione la Chiesa di Limassol, a Cipro, da poco vacante, che il 6 settembre dell'anno successivo fu sottratta alla giurisdizione dell'arcivescovo di Nicosia. Sotto il successore di Alessandro IV, Urbano IV, il F. vide tolto alla sua giurisdizione il priorato di S. Lazzaro di Tripoli (13 genn. 1262).
Nel 1264 il F. risulta rappresentato ad Antiochia da un vicario. Forse la sua assenza puo essere spiegata con la sempre più precaria situazione militare del Principato cristiano, che rendeva impossibile al F. di svolgere la sua opera pastorale. Antiochia, assediata da Baibars, sultano d'Egitto, fu conquistata quattro anni dopo, il 15 apr. 1268 con grande spargimento di sangue.
Già da qualche anno, tuttavia, il F. doveva aver fatto ritorno in Italia, dove collaborò con il cardinale Ottobono Fieschi, presumibilmente suo fratello, che si stava schierando al fianco di Carlo d'Angiò. Il 5 ag. 1265, da Perugia, Clemente IV scrivendo al legato apostolico Simone, cardinale di S. Cecilia, ricordava le pressioni che erano state esercitate sul cardinale Ottobono e sul F., perché ottenessero dal Comune genovese libero transito per le truppe angioine, dirette contro Manfredi di Svevia. Dopo che il card. Ottobono ebbe raggiunto l'Inghilterra come legato papale, il F. ottenne da lui l'incarico di difendere e recuperare nell'Italia meridionale i beni che al cardinale erano stati lasciati in eredità da papa Innocenzo IV: il 2 nov. 1268 Carlo d'Angiò, che l'11 febbraio lo aveva preso sotto la sua protezione, ordinò che tali beni gli venissero restituiti. Ripreso poi il suo posto accanto al cardinale Ottobono, egli lo seguì a Roma, dove, il 9 giugno 1272, incoraggiò Tommaso Agni, patriarca di Gerusalemme, a confermare l'istituzione, presso la chiesa di S. Andrea delle Fratte, di un convento di clarisse, destinato alle suore fuggite dalla "Romania". Nel 1274 egli era a Lione, dove fu presente all'apertura del concilio. Il 1º apr. 1280 papa Niccolò III lo nominò amministratore della Chiesa di Trani; tale scelta ebbe il consenso di Carlo che, il 26 agosto, ordinò ai "secreti" di non impedire al F. di esigere le decime spettanti a tale diocesi e confermò tale ordine il 26 maggio 1281.
Il 4 giugno 1288 fu nominato da Niccolò IV amministratore della diocesi di Genova, sede rimasta vacante dopo la morte, avvenuta due anni prima, dell'arcivescovo Bernardo Arimondi. Infatti il capitolo di S. Lorenzo, chiamato a scegliere il successore, si era diviso nel sostenere con i suoi voti vari candidati. Per assumere il nuovo incarico il F. dovette abbandonare quello sino ad allora ricoperto a Trani, ove appare già sostituito il 5 nov. 1288. Come amministratore della Chiesa genovese, il F. si adoperò scopertamente per favorire gli interessi della propria famiglia, che, messa in difficoltà dal regime dei capitani del Popolo, non riusciva a riconquistare l'antica posizione politica nella vita cittadina. Il F. richiamò innanzi tutto in vigore l'interdetto lanciato nel 1279 da Niccolò III rimasto tacitamente dimenticato, senza che vi fosse stata una revoca formale, sotto il pontificato di Martino IV e quello di Onorio IV. Il F. ottenne da Niccolò IV l'autorizzazione a sospenderlo fino ad un termine prefissato, sotto il pretesto di voler assolvere personalmente i sacerdoti: qualora il governo genovese non si fosse accordato col F. sulle condizioni per ottenere tale perdono, l'interdetto sarebbe tornato in vigore. Nello stesso tempo il F. favorì - o almeno fu accusato di averlo fatto - la rivolta che scoppiò in città il 1º genn. 1289.
Dopo il fallimento della sommossa il F. preferì allontanarsi dalla città, ove nel febbraio risulta sostituito dal suo vicario generale, Bartolomeo da Reggio. Il governo genovese protestò con energia presso il papa, accusando il F. di essersi adoperato per rovesciare il regime dei capitani del Popolo. Martino IV si limitò ad annullare alcuni dei provvedimenti del F., ma non acconsentì a rimuoverlo dall'incarico: il F. rimase amministratore della Chiesa genovese. La sua influenza sulle vicende della vita politica cittadina fu da allora praticamente nulla.
Nel 1291 egli ebbe da Niccolò IV l'incarico di scomunicare mercanti genovesi che intrattenevano rapporti commerciali con l'Egitto; il papa gli ordinò inoltre di curare che il divieto di commercio con l'Egitto fosse inserito negli statuti cittadini (23 agosto). Il 5 settembre successivo furono riconosciuti al F., a titolo di annua pensione, varie prebende prelevate dai beni di tutti i monasteri cisterciensi: il provvedimento preludeva senza dubbio alla sostituzione del F. come responsabile della Chiesa genovese, sulla cui cattedra appare infatti costituito come arcivescovo già sul finire di quel medesimo 1291 il domenicano Iacopo da Varagine.
Non conosciamo la data esatta della morte del F., che dovette ad ogni modo avvenire poco dopo il 1291.
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