OPERA NUOVA, Denunzia di
L'operis novi nuntiatio nel diritto romano era un mezzo di difesa preventiva della proprietà nei rapporti di vicinanza.
Rimedio non ignoto all'antico diritto civile, ebbe a ricevere dall'editto del pretore più completa elaborazione. L'operis novi nuntiatio era un atto privato stragiudiziale che conteneva un divieto di costruzione o di demolizione; quando taluno iniziava in un suo fondo una qualsiasi opera che ne alterasse la forma primitiva (pristina facies), ben poteva il proprietario del fondo vicino o il titolare di determinate servitù (in diritto giustinianeo anche l'usufruttuario procuratorio nomine), che si reputasse leso dall'operis novi nuntiatio, chiedere che ne fosse sospesa la prosecuzione (operis novi nuntiatio iuris nostri servandi causa). Il diritto di denunziare l'opera competeva anche a ogni cittadino se si fosse trattato di opere illegalmente fatte in luogo pubblico, sacro o religioso (operis novi nuntiatio iuris publici tuendi causa). La sospensione, che veniva forse fatta in origine con parole solenni, in presenza di testimonî ed era accompagnata dal lancio di pietra (iactus lapilli), doveva avvenire sul luogo (in re praesenti), poiché la protesta s'intende fatta all'opera (operi non personae .fit). Il nuncians doveva essere capace di agire; in difetto era abilitato alla denunzia il suo procurator.
L'operis novi nuntiatio aveva per effetto di fare sospendere l'opera fino a che il denunziante non avesse dimostrato il suo diritto a proibirla: a questo scopo sembra che entro un certo termine il denunziante dovesse dedurre in giudizio il suo diritto di opposizione alla nuova opera. E se il nunciatus l'avesse proseguita, il denunziante poteva ottenere con l'interdictum demolitorium che ogni cosa fosse rimessa come al momento della denunzia; cadeva se fosse intervenuta remissio (decreto del pretore che riconosceva il difetto di ius prohibendi e autorizzava la prosecuzione dell'opera), se il denunziato offrisse cauzione con cui si obbligava a rimettere in pristino le cose, oltre al risarcimento del danno, nel caso che la denunzia fosse risultata fondata, se il denunziante, richiesto, non avesse prestato iuramentum calumniae, o se la denunzia fosse apparsa al pretore prima facie destituita di fondamento.
Per il diritto giustinianeo l'operis novi nuntiatio ha perduto il requisito dell'oralità, né si rende necessario che essa sia fatta in re praesenti. Basta una denunzia scritta; si dispone che, se la lite si sia protratta per oltre tre mesi, il denunziato possa proseguire l'opera impegnandosi con fideiussione a distruggerla se non sia stata fatta iure: è richiesta, infine, l'autorizzazione preventiva della nuntiatio.
Nel periodo preirneriano l'operis novi nuntiatio è ricordata in molti documenti del territorio romanico e anche altrove: si perpetua l'uso romano della o. n. n. per iactum lapillorum e quello di redigere l'atto sul luogo (super illo laborerio). Le consuetudini di Milano e di Napoli provvedevano pure alla denunzia di nuova opera e riconoscevano al proprietario convenuto il diritto di continuare il lavoro purché desse cauzione fideiussoria di distruggere l'opera quando fosse provato se iniuste aedificasse. Si deve all'opera dei glossatori l'avere deviato la disciplina della operis novi nuntiatio verso quella degl'interdetti possessorî, alterando l'interpretazione delle fonti romane; si viene diffondendo, così, l'opinione che l'opera nuova sia un rimedio possessorio che conferisce al denunziante il possesso dell'opera. Nella pratica dei secoli successivi, la denunzia assume la forma di proclamatio al giudice che con decreto inibisce la continuazione. Di qui le discussioni del diritto comune se si dovesse intendere abrogato per desuetudine l'antico istituto del diritto romano o se si dovesse considerare il decreto d'inibizione giudiziale come una forma di nunciatio.
Il codice napoleonico ignora la denunzia di nuova opera; ma la pratica, in cui se ne continua il ricordo e l'applicazione, induce il legislatore a riconoscerla, sia pure considerandola come una distinta azione possessoria (legge 25 maggio 1838, art. 6: ora art. 7 della legge 12 luglio 1905).
Il codice civile italiano deriva la disciplina della denuncia di nuova opera dal codice albertino e dal codice estense. L'art. 698 cod. civ. riproduce l'istituto conservandone alcuni elementi romanistici. Chi ha ragionevole motivo di temere che da un'opera nuova che muti la condizione dei luoghi (costruzione, scavi, demolizioni e simili) da altri intrapresa e non ancora terminata sia per derivare un ingiusto danno a un immobile, a un diritto reale o ad altro oggetto da lui posseduto (la denuncia compete quindi al proprietario, all'usufruttuario, all'enfiteuta, al direttario, all'usuario, all'abitante, al possessore, al creditore ipotecario, all'affittuario) può, entro l'anno dall'inizio dell'opera (il termine è di decadenza) denunciarla al pretore il quale, a seconda delle circostanze, può o vietarne la continuazione o permetterla, ordinando in entrambi i casi le opportune cautele. Se l'opera è stata già costruita, il pretore non può ordinarne la demolizione, ma deve limitarsi a rimettere la causa al giudice di merito (art. 940 cod. proc. civ.). Se l'opera viene continuata, nonostante l'inibitoria giudiziale, si può incorrere in sanzioni, oltre che di carattere civile, di carattere penale (art. 388 cod. pen.).
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