ONTOLOGIA
. Termine filosofico, derivante dal gr. ὄν, "ente" e λόγος "discorso, trattazione", usato per la prima volta sul principio del sec. XVII da R. Goclenio (insieme con quello, meno fortunato, di ontosophia, e per analogia con quelli, corrispondenti, di theologia e theosophia) per designare la dottrina definita poi da J. Clauberg come scientia quae non circa hoc vel illud ens speciali nomine insignitum vel proprietate quadam ab aliis distinctum, sed circa ens in genere versatur, e da C. Wolff come scientia entis in genere, seu quatenus ens est. Questa scienza dei caratteri universali del puro ente corrispondeva quindi a quella "prima filosofia" del più maturo Aristotele, chiamata poi dagli scolastici "metafisica", che si proponeva lo studio dell'ὄν ᾗ ὄν, dell'ens quatenus ens, pur mirando nello stesso tempo alla critica di quella concezione parmenidea che aveva per prima avanzato l'idea dell'ente assoluto, privo di ogni determinazione ulteriore. Il termine di "ontologia" restò in tal modo sacro alla parte suprema di ogni dottrina oggettivistica del reale, ed ebbe grande importanza nei sistemi (come per es. quelli del Rosmini e del Gioberti) consideranti la conoscenza del puro "essere" o "ente" come primo e necessario fondamento di ogni altro sapere; mentre fu respinto, o diversamente interpretato, dalle filosofie soggettivistiche e idealistiche, che risolsero l'ontologia in "filosofia trascendentale" (Kant), o in "ideologia" (Galluppi), o la considerarono come scienza delle entità ideali determinabili come puri oggetti del pensiero (l'"ontologia eidetica" del Husserl).