onnipotenza O. del pensiero In psicanalisi, espressione adottata da S. Freud per designare un atteggiamento psichico comune al bambino, al primitivo e a certe forme patologiche (nevrosi e psicosi) collegate a dimensioni magiche. La credenza nell’o. produce la convinzione di poter controllare con il proprio desiderio l’intera realtà. Spiegata nel bambino come risultato di una mancata discriminazione e di un mancato riconoscimento degli oggetti dovuti a un ancora carente sviluppo delle facoltà percettive e a un’insufficiente distinzione tra oggetto e sé, può essere considerata più in generale come reazione allo stato di prolungata dipendenza propria del neonato nella fase precoce di simbiosi con la madre. Proprio quando la dipendenza dalla madre si rivela infatti totale, la sensazione di o. del bambino è al massimo: o. concepita in un doppio senso, come illimitata capacità di creazione (avvertita come buona) e come illimitata capacità di distruzione (avvertita come cattiva). Il ricorso all’o. permette allora il controllo dell’oggetto, sia interno sia esterno, e qualifica difese primitive come il diniego e l’idealizzazione, risultando quindi elemento caratteristico delle difese maniacali.
Attributo della divinità che indica la sua capacità di fare tutto ciò che non implica contraddizione in sé o rispetto agli altri attributi divini.
L’attributo dell’onnipresenza indica il suo essere in ogni luogo, in ragione della sua scienza che tutto conosce (onniscienza), della sua potenza che crea e regge tutti gli esseri, della sostanza in quanto è presente ovunque senza risolversi in alcun essere particolare.
L’attributo dell’onniscienza, in quanto l’assoluta perfezione esclude la possibilità di una ignoranza anche minima, fu considerato intrinseco alla divinità fin dai primordi della teologia ellenica (Senofane). Ma se la divinità aristotelica, in quanto «pensiero del pensiero», è per ciò stesso inconsapevole di tutto l’imperfetto mondo delle cose, di questo ha piena conoscenza la divinità come è concepita nell’ebraismo e nel cristianesimo. Questa conoscenza non ha limiti, neppure nel tempo, estendendosi anche alla sfera del futuro (prescienza divina); da ciò nasce il problema della sua conciliazione con la libertà e con la responsabilità umana.
Particolare modo di realizzazione dell’onniscienza divina è l’onniveggenza, cioè la facoltà di vedere ogni cosa. Di qui l’attribuzione, in determinate figurazioni di divinità, di una pluralità di occhi che trascende la natura umana. Oggetto dell’onniveggenza è soprattutto l’attualità di ciò che avviene nel mondo, segnatamente nella sfera del comportamento umano ed essa appare immediatamente operativa con sanzioni punitive che hanno in genere carattere meteorico.