Aldobrandeschi, Omberto
Figlio di Guiglielmo conte di Soana, dell'antica famiglia feudale degli A., potenti signori della Maremma, O. continuò con energia la politica fieramente antisenese del padre, avvalendosi dell'appoggio del comune di Firenze, che, per sua parte, non mancò di onorare.
O., difatti, come attesta una cronaca fiorentina del sec. XIII, " ogn'anno, la vigilia di Sancto Iohanni Bactista ", era solito offrire " nobili e orrevoli ceri... per omaggio ... e... mandava la cerbia vestita di scharlatto; e facea osste e cavalcata, quanto facea bisogno per li Fiorentini " (Schiaffini, Testi 126). D'altronde il conte, nel 1259, pagò con la vita il suo atteggiamento, sia che, secondo la versione del cronista senese del sec. XVI Angelo Dei, fosse soffocato nel suo letto da sicari prezzolati del comune di Siena (" Ed in quest'anno [1259] fu morto il conte Uberto di Santafiore in Campagnatico, e fu affogato in sul letto da Stricha Tebalducci, da Pelacane di Ranieri Ulivieri e da Turchio Maragozzi; e fello affogare il Comune di Siena per denari ", Rer. Ital. Script. XV 28), sia che morisse combattendo contro le milizie senesi a Campagnatico in Val d'Ombrone, come attesta, con Benvenuto, altra cronaca senese anonima (" E fu el campo della nostra città tanto forte, che per bataglia vi entraro dentro e uciseno lo conte Uberto, perché mai non si volse arendare per sospetto di non essare menato a Siena. E inanzi che lui morisse amazzò di molta gente, imperocché lui s'armò, lui e 'l cavallo, e corriva per la piazza di Campagnatico com'un drago. E se non fusse uno, che lanciò uno spiedo e gionse al cavallo in sulla testa, che di subbito cadé morto, perché del colpo gionto fece uscire le cervella; e 'l conte che v'era su rimase a piedi, e fugli tanta gente adosso, che non poté scampare e fu ferito con una mazza di ferro in sulla testa, e manaresi e falconi gli furo adosso per tal modo, che gli fecero lassare questo mondo ", Cron. di Anon. sen., ms. A. III. 26, Bibl. Comun. di Siena).
D. fa di O. il protagonista di un episodio di notevole spicco nel c. XI della seconda cantica (vv. 49-72). Il feudatario toscano è il primo dei superbi (che percorrono lenti il primo balzo, gravati dal sasso che doma la loro cervice) coi quali D. s'intrattiene, e colui che invita i due poeti a seguire la schiera di cui fa parte, se vogliono trovare il passo / possibile a salir persona viva (vv. 50-51). Consapevole che D. è vivo, si rammarica di non essere in grado di guardarlo e di riconoscerlo, per poterlo far pietoso della soma che porta. Parla poi di sé, e se il suo discorso è certo quello di un'anima penitente, che espia nel secondo regno la pena relativa al peccato della superbia, non è d'altronde esente da espressioni o accenni che all'habitus del superbo si richiamano. Per gran Tosco (v. 58) si può bere intendere, come vuole il Del Lungo, " gentiluomo toscano e, di casata feudale " (senza attribuire a gran una dilatazione semantica forse indebita, estesa alla consapevolezza e al vanto della potenza della casata aldobrandesca); ma 'l nome suo sembra avere una sottolineatura particolare, pur inserito in una frase esprimente umiltà; e il peso di espressioni quali l'antico sangue, l'opere leggiadre (sia che si attribuisca all'aggettivo il senso di " nobili e cortesi ", sia quello di " altere " o " superbe ", o anche di " prestigiose ") non può essere sottovalutato; a non parlare della citazione del nome del padre, Guiglielmo Aldobrandesco, che, come felicemente osserva il Sapegno, " si distende ampio nel verso, recando in sé un'ombra della vana grandezza antica ". Comunque, siffatta constatazione non sembra arrecare argomenti a favore della seconda delle citate versioni intorno alla morte di O. (o meglio, a favore dell'adesione da parte di D. a essa). Le parole e sallo in Campagnatico ogne fante (v. 66) possono ben riferirsi sia al proditorio soffocamento da parte dei sicari senesi sia alla morte in combattimento, essendo esse allusive soprattutto alla notorietà del fatto, e ben potendo l'eventuale morte in battaglia di O. non necessariamente implicare - almeno nelle parole che ad essa si riferirebbero nel testo dantesco - un suo comportamento eroico, sì da derivarne orgoglioso compiacimento.
L'episodio, nella sua breve orditura, è caratterizzato da una mirabile saldezza strutturale, che accentua il carattere paradigmatico del personaggio e della sua vicenda terrena. E l'esemplarità è perfetta, soprattutto in virtù della presenza dell'uomo antico - l'orgoglioso feudatario della Maremma senese e il valoroso guerriero - nell'uomo nuovo - l'anima purgante della prima cornice - rispettivamente " figura " e " compimento ", per usare espressioni dell'Auerbach. Ma gioverà sottolineare altresì la nitidezza dell'individuazione dantesca, l'acutezza dello sguardo con cui D., rispecchiando la tradizione guelfa della sua città, scruta e penetra nel vivo della storia della feudalità toscana del sec. XIII.
Bibl. - E. Repetti, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, Firenze 1833-1845, I 406-407, V 148-149; Davidsohn, Forschungen, IV 141-142 (cfr. " Bull. " XVII [1910] 127-128); C. Altucci, O. A. nella poesia di D., Grosseto 1932; G. Ciacci, Gli A. nella storia e nella D.C., Roma 1935, 2 voll. (in particolare, I 121-162). Tra le più notevoli letture del canto XI, V. L. Pietrobono, in "Giorn. d. " XXIX (1926) 289-298 (poi in volume, Alcamo 1956); V. Rossi, in Scritti di critica letteraria. Saggi e Discorsi su D., Firenze 1930; A. Pompeati, ibid. 1934; C. Grabher, ibid. 1942; V. Pernicone, Bologna 1953; C. Altucci, Napoli 1953; A. Vallone, Torino 1961; I. Bertelli, in Lect. Scaligera II 372 ss. Si vedano inoltre, fra gli altri, i commenti di I. Del Lungo e di N. Sapegno, e la nota introduttiva al c. XI nell'ediz. commentata a c. di V. Rossi e S. Frascino.