Astronomo, matematico e poeta persiano (n. Nīsābūr, Khorāsān - m. ivi 1123 circa). Astronomo alla corte del sultano selgiuchide di Persia, O. procedette a una riforma del calendario solare persiano, ma la sua fama, iniziatasi con l'ultimo trentennio del sec. XIX presso il gran pubblico, sopra tutto anglosassone, d'Europa e d'America, è dovuta alle sue quartine, e specialmente all'adattamento poetico inglese d'una scelta di esse fatto da E. Fitzgerald con finissimo senso d'arte, ma anche con grande infedeltà e tendenziosità, senza inquadrare per nulla l'autore nell'ambiente musulmano del suo tempo e in qualche caso facendo dire alla quartina il contrario di ciò che il testo persiano dice.
Poco si sa della sua vita. Fu in rapporti di amicizia col celebre visir Niẓām al-Mulk e godette il favore del sultano selgiuchide Malikshāh che lo chiamò a un osservatorio astronomico di nuova fondazione, ove effettuò con altri la riforma del calendario per incarico di quel sovrano, stabilendo al 15 marzo 1079 l'inizio di una nuova era (ta'rīkh-i gialālī). La maggior notorietà è venuta in Occidente a ῾O. Kh. come poeta di quartine (rubā῾iyyāt), da una libera versione inglese dell'originale persiano ad opera di E. Fitzgerald. Questo geniale adattamento ottocentesco dava dell'opera poetica di ῾O. Kh. un'interpretazione scettica ed epicurea, con cui contrastava la quasi contemporanea versione francese di J.-B. Nicolas, che sulle orme dell'esegesi indigena interpretava il poeta in senso allegorico e mistico. Il problema era ed è complicato dallo stato fluttuante degli originali, molti dei quali sono ora attribuiti a ῾O. Kh., ora ad altri poeti. La scoperta negli ultimi decenni di manoscritti sempre più antichi delle rubā῾iyyāt, con cui si risale sino a 50 anni dalla morte del poeta, ha assicurato alcune linee ferme nella tradizione del testo e reso più univoca la fisionomia di ῾O. Kh., confermandone nel complesso l'ottocentesca interpretazione scettico-epicurea. Essa però non rappresenta un atteggiamento originale, ma la nota poeticamente più alta di tutta una tradizione pessimistica ed edonistica, immanente sin dalle origini nella poesia neopersiana. Di alcuni trattati di matematica correnti sotto il suo nome è stata edita l'algebra (testo arabo e trad. di F. Woepcke, Parigi, 1851), nella quale è iniziato forse per la prima volta lo studio metodico delle equazioni cubiche. Come matematico, ῾O. Kh. fu, infatti, il primo a studiare sistematicamente le equazioni di 3º grado (o cubiche) in quanto tali, indipendentemente da questo o quel problema geometrico. Riteneva, erroneamente, che non fosse possibile risolverle col calcolo algebrico, bensì solo con intersezioni di opportune coniche.