OLIMPIO
– Non si hanno notizie di questo funzionario bizantino per il periodo antecedente l’anno 649, quando fu inviato in Italia dall’imperatore Costante II (641-668) come governatore della penisola.
Secondo la testimonianza del Liber pontificalis (1886, pp. 336-340), deteneva il titolo di cubicularius et exarchus, in quanto appartenente agli alti gradi della gerarchia palatina costantinopolitana (Stratos, 1976, p. 63; Prosopographie der mittelbyzantinischen Zeit, 2000, n. 5650). Secondo la medesima fonte fu incaricato di arrestare papa Martino I, eletto al soglio pontificio il 5 luglio dell’anno 649 senza aver ricevuto la legittimazione imperiale, atto considerato da Costante II come un’aperta ribellione. Il pontefice, inoltre, poco dopo la sua elezione, aveva riunito una sinodo in Laterano, che si svolse in cinque sedute tra il 5 e il 31 ottobre 649 e in seguito alla quale vescovi e monaci ortodossi (tra cui numerosi greci residenti a Roma) condannarono come eretici i patriarchi Sergio, Pirro e Paolo di Costantinopoli e Ciro di Alessandria (Concilium Lateranense, 1984, pp. 247-401). Nonostante a essere accusati di empietà ed eresia non fossero gli imperatori Eraclio e Costante ma solo i patriarchi, la condanna inasprì le relazioni politiche tra Costantinopoli e Roma, anche perché le decisioni sinodali si opponevano fermamente agli editti imperiali dell’Ekthesis e del Typos.
Gli editti erano stati promulgati come tentativi di mediazione, nel clima di perenne forte tensione dei rapporti fra monofisiti e ortodossi in Oriente, per ricreare il consenso tra le popolazioni monofisite, al fine di arginare la dilagante avanzata musulmana. Il Typos, emanato da Costante II nel 648, impediva qualunque tipo di discussione dogmatica in tutto il territorio imperiale.
In base agli ordini ricevuti, Olimpio avrebbe dovuto, secondo i consigli del patriarca Paolo, far sottoscrivere il Typos a tutti i 105 vescovi riuniti nella sinodo lateranense; su consiglio del gloriosus patricius Plato (Prosopographie der mittelbyzantinischen Zeit, 2000, n. 6266) e del vir gloriosus Eupraxius (ibid., n. 1719) avrebbe dovuto procedere all’arresto di Martino I con l’appoggio dell’esercito romano e successivamente far sottoscrivere l’editto imperiale. Se al suo arrivo in Italia non avesse goduto dell’appoggio iniziale delle truppe, avrebbe dovuto guadagnarsi il favore della milizia sia di Roma sia di Ravenna e poi eseguire celermente gli ordini ricevuti.
Olimpio giunse in Italia mentre la sinodo era ancora riunita, come specificato dal Liber pontificalis (1886, p. 337). Secondo la fonte, dopo aver tentato a più riprese di insinuare lo scisma nella Chiesa, alla fine ordì un complotto contro Martino I. Incaricò così un suo ‘spatario‘ di assassinare il pontefice durante la messa, celebrata nella chiesa di S. Maria ad Praesepe. L’intervento divino però salvò Martino: il soldato fu reso cieco proprio nel momento in cui il pontefice porgeva la comunione a Olimpio. La Chiesa di conseguenza non cadde sotto il giogo degli eretici, i monoteliti. Dopo il fallito attentato, rendendosi conto che «la mano di Dio proteggeva il santissimo papa Martino», Olimpio dovette rappacificarsi con il pontefice, mettendolo al corrente di quanto gli era stato ordinato da Costantinopoli. L’episodio del fallito attentato è riportato anche in Gesta episcoporum Neapolitanorum (Cosentino, 2000, pp. 432 s.) che tuttavia confonde papa Martino I con Eugenio.
Tutti questi eventi possono sicuramente esser datati tra il novembre 649 e i primi mesi dell’anno 650. Nel frattempo, approfittando del generale clima di incertezza trovato al suo arrivo, Olimpio si era ribellato a Costante II, dichiarandosi sovrano d’Italia. Sempre nella biografia di Martino I del Liber pontificalis si ricorda che, una volta ottenuta la pace con la Chiesa, egli partì per la Sicilia alla testa di un esercito contro i Saraceni che risiedevano nell’isola. Nel corso di questa spedizione i soldati romani furono colpiti da una grave pestilenza e lo stesso Olimpio morì di malattia. Tale evento si data genericamente all’anno 652.
Il passo presenta però notevoli incongruenze. Innanzitutto l’Esarcato d’Italia non aveva giurisdizione sulla Sicilia, amministrata da un praetor a partire dall’età giustinianea; in secondo luogo, come già ampiamente dimostrato da Stratos, 1976, pp. 63-73, la menzione dei Saraceni che risiedevano nell’isola non è storicamente accettabile, in quanto solo a partire dal terzo decennio del secolo IX i musulmani ne presero possesso. A ciò si deve aggiungere che la prima razzia musulmana contro la Sicilia avvenne solo nell’anno 661. Il passo sarebbe stato quindi redatto successivamente al resto della biografia di Martino I.
Per quanto riguarda la ribellione di Olimpio non sussistono invece dubbi. Nella Commemoratio, un testo redatto dopo il processo avviato a Costantinopoli contro il pontefice, tra il 20 dicembre 653 e il 17 marzo 654, emerge chiaramente che l’accusa rivolta a Martino I non era di tipo religioso bensì di alto tradimento, in quanto non si era opposto alla tirannide di Olimpio; il praefectus Troilo si rivolge al vecchio pontefice con queste parole: «Qualis homo tu es, quoniam cernens et audiens talia contra imperatorem nitentem effrodiendum Olympium non prohibuisti eum, sed e contra consensisti ei?»; la risposta è molto significativa: «Quomodo habebam ego tali viro adversus stare, habenti praecipue brachium universae militiae Italicae?» (Commemoratio, coll. 593 s.) e dimostra che effettivamente il pontefice non poteva opporsi militarmente. Va aggiunto anche che nell’Epistola XV, Martino I definisce Olimpio infamis, prima di passare alla descrizione del proprio arresto, a opera del successore di Olimpio, Teodoro Calliopa. Dalla lettura del Liber pontificalis sembra però che il papa non avesse nemmeno tentato una debole opposizione alla ribellione dell’esarco, rendendosi così suo complice, almeno agli occhi della corte imperiale.
La conferma della ribellione si ha analizzando le emissioni monetali del biennio 651-52 che attestano che in quegli anni la zecca romana batté alcune monete d’argento, non con l’effigie di Costante II, ma con quella di Olimpio (O’Hara, 1985). Rimangono oscure le ragioni e la portata effettiva della rivolta, almeno allo stato attuale delle conoscenze. Si può tuttavia ritenere che Olimpio avesse adottato come pretesto motivazioni religiose, mentre secondo Hartmann (1900, p. 244) la ribellione ebbe inizio in seguito a un accordo fatto con i Longobardi.
Fonti e Bibl.: Concilium Lateranense a. 649 celebratum, in Acta Conciliorum Oecomenicorum, s. 2, I, a cura di R. Riedinger, Berlin 1984; Gesta Episcoporum Neapolitanorum, a cura di G. Waitz, in Monumenta Germaniae Historica, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum, Hannover 1878, p. 417; Le Liber pontificalis (1886), a cura di L. Duchesne, I, Paris 1955, pp. 336-340; Liber pontificalis, a cura di Th. Mommsen, in Monumenta Germaniae Historica, Gestorum Pontificum Romanorum I, Berlin 1898, pp. 181-184; Martini I Papae Epistolae XIV-XVII, in Patrologia Latina, LXXXVII, coll. 197-204; S. Martini Papae Commemoratio, ibid., CXXIX, a cura di J.-P. Migne, coll. 591-600; Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni, I, a cura di V. Federici, Roma 1925, p. 86; P. Peeters, Une vie grecque du pape S. Martin I, in Analecta Bollandiana, LI (1933), pp. 225-262; C. Diehl, Études sur l’administration byzantine dans l’Exarchat de Ravenne (568-751), Paris 1888, pp.168-184, 341 s.; L. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, II, 1, Gotha 1900, p. 244; O. Bertolini, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi, Bologna 1941, pp. 337-350; Id., Riflessi politici delle controversie religiose con Bisanzio nelle vicende del sec. VII in Italia, in Caratteri del VII secolo in Occidente, II, Spoleto 1958, pp. 733-789; A. Guillou, Régionalisme et independence dans l’empire byzantine au VIIe siècle. L’exemple de l’Exarchat et de la Pentapole d’Italie. Roma 1969, pp. 147, 160; A.N. Stratos, Το Βυζάντιονστον Ζαιώνα, IV, A.D. 642-668, Αθήναι 1972, pp. 89, 105-119; R. Riedinger, Aus den Akten der Lateran-Synode von 649, inByzantinische Zeitschrift, LXIX (1976), pp.17-38; A.N. Stratos, The exarch Olympius and the supposed Arab invasion of Sicily in A.D.652, in Jahrbuch der Österreichischen Byzantinistik, XXV (1976), pp. 63-73; W.E. Kaegi, Byzantine military unrest 471-843: An interpretation, Amsterdam 1981; V. von Falkenhausen, I bizantini in Italia, in G. Cavallo et al., I Bizantini in Italia, Milano 1982, pp.12-36; T.S. Brown, Gentlemen and officers. Imperial administration and aristocratic power in Byzantine Italy, A. D. 554-800, Hertford 1984, pp. 51 s.; M.D. O’Hara, A find of Byzantine silver from the mint of Rome for the period A.D. 641-752, inSchweizerische Numismatische Rundschau, LXIV (1985), pp. 105-139; P. Corsi, La politica italiana di Costante II, in Bisanzio, Roma e l’Italia nell’Alto Medioevo, II, Spoleto 1988, pp. 751-796; J. Haldon, Byzantium in the seventh century. The transformation of a culture. Cambridge 1990, pp. 370 s.; The Oxford Dictionary of Byzantium, a cura di A. Kazhdan et al., I-III, New York-Oxford 1991, pp. 1524 s.; G. Tabacco, La situazione politica italiana nel VII secolo, in Martino I papa (649-653) e il suo tempo, Spoleto 1992, pp. 1-19; S. Cosentino, Prosopografia dell’Italia bizantina (493-804), II, Bologna 2000, pp. 432 s.; Prosopographie der mittelbyzantinischen Zeit, I (641-867), Berlin-New York 2000, nn. 1719, 5650, 6266.