CAPOCCI (Capocius, Caputius, Capoczius, Capoctius, Cappoctio, Capoci), Oddo(Odo)
Appartenente alla nobile famiglia romana Capocci dei Monti, proprietaria di torri e palazzi sull'Esquilino tra S. Maria Maggiore e S. Martino ai Monti, fu probabilmente figlio di Arcione Capocci, che intorno al 1250fu tenuto per qualche tempo prigioniero da Manfredi, che svolse più volte la funzione di podestà in varie città delle Marche e fu infine esiliato a Siena da Brancaleone d'Andalò. Suo nonno era Giacomo Capocci e suo zio il cardinale Pietro Capocci titolare di S. Giorgio al Velabro.
Il C. scelse la carriera ecclesiastica e studiò a Bologna, dove conseguì il titolo di magister. Ottenne il suo primo canonicato a S. Maria Maggiore a Roma. Mentre era ancora a Bologna, nel 1246, Innocenzo IV gli affidò l'incarico di esaminare una controversia tra l'abate di Vallombrosa ed il rettore di una chiesa fiorentina. Prima del 1251il C. ricevette la nomina a cappellano papale. In seguiro egli ottenne canonicati e benefici a Cambrai e Metz, nonché nelle diocesi di Thérouanne e Chichester.
Quando suo zio Pietro Capocci invase nel 1251, il Regno di Sicilia con un'armata pontificia, lo nominò suo vicario generale per la Marca di Ancona. Il C. convocò allora un Parlamento a Sant'Elpidio, accettò la sottomissione di Fermo e cercò di reclutare nuove truppe nella contea di Fermo per condurle all'esercito del legato davanti ad Atri. Quando, alla fine del 1251, Pietro Capocci fu sollevato dalla carica di legato dal papa, anche il C. cessò dal suo incarico di vicario generale.
Probabilmente nella seconda metà del 1254 Innocenzo IV lo nominò vescovo di Catania, sede vacante da oltre vent'anni.
Il C. non prese tuttavia mai possesso della sua sede, nemmeno nel 1255, quando il partito pontificio ebbe il sopravvento nell'isola. Alessandro IV gli concesse quindi nel gennaio 1256 il diritto di continuare a fruire delle rendite dei suoi numerosi benefici, dispensandolo persino dall'obbligo, appena introdotto dallo stesso papa, della consacrazione entro sei mesi. Nell'aprile 1256, con un atto redatto in Laterano (e non a Catane, come risulta dai testi pubblicati) e convalidato otto giorni dopo da Alessandro IV, il C. consegnò la chiesa catanese di S. Michele presso Castello Ursino ai minoriti perché vi stabilissero un nuovo convento dell'Ordine. Nel luglio 1256 da Anagni egli concesse all'abate ed al convento di S. Leone sull'Etna il permesso di trasferirsi nel convento di S. Cataldo a Paternò. Tra il luglio 1256 ed il gennaio 1257 il C. rinunciò alla sede catanese, forse perché non era riuscito ad ottenere un ulteriore rinvio della consacrazione.
In seguito il C. visse in Curia come cappellano papale, prima nella "familia" dello zio Pietro Capocci, quindi (1263-64) in quella del cardinale Giacomo Savelli. Nel 1263 era in contatto col nuovo vescovo di Catania, Angelo Boccamazza, che viveva in esilio pure in Curia. Egli ottenne al più tardi nel 1263 un arcidiaconato a Cambrai; nello stesso anno ebbe anche una prepositura nella chiesa di S. Martino di Tours, rimasta libera per la rinuncia di un fratello del re di Navarra. Urbano IV lo dispensò per questi benefici dall'obbligo di residenza. Come cappellano papale si assunse nel 1264 l'incarico della nomina di un priore per S. Nicola a Bagnoregio e quello del mantenimento di uno scrittore papale. Non ricevette, comunque, incarichi significativi dal punto di vista politico o politico-ecclesiastico. Dopo il 1264 mancano notizie del C., di cui quindi ignoriamo la data di morte.
L'ipotesi, dovuta presumibilmente a T. Fazello (1558), ma espressa per la prima volta solo da R. Pirri e ripetuta spesso fino al 1954 (G. Fasoli), secondo la quale il C., come parente di Corrado Capece, sarebbe stato coinvolto nella rivolta siciliana del 1267-68 ed esiliato o addirittura ucciso per ordine di Carlo I, si basa sulla confusione dei Capocci con i Capece e trascura anche il fatto che il C., dopo il 1256-57, non ebbe più niente a che fare con la Sicilia.
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