BALDINI, Nullo
Nacque a Raverma il 30 ott. 1862, in contrada Mangagnina, sobborgo popolato di braccianti. Il padre Oreste, piccolo commerciante di grani, apparteneva a una famiglia di tradizione garibaldina - i fratelli avevano assistito Garibaldi nel 1849, durante la fuga attraverso le Romagne; egli stesso aveva imposto al figlio il nome di Francesco Nullo -; la madre, Lucia Caletti, era invece nata da famiglia di poveri artigiani, alla quale il B. rimase profondamente legato.
A sedici anni, ancora studente nel locale istituto tecnico, il B. chiese di essere iscritto alla sezione ravennate della Prima Internazionale; e ciò avvenne dopo che l'assemblea dei soci abbassò di due anni l'età minima richiesta per l'ammissione.
Erano gli anni in cui, svanite le illusioni dei moti di Bologna (1874) e di Benevento (1877), i giovani socialisti romagnoli, con a capo A. Costa, abbandonavano le tesi bakuniniane dell'insurrezionismo programmatico per assumere posizioni più vicine alle reali condizioni ambientali, affermando la necessità di svolgere un'azione graduale di conquista del potere attraverso il progressivo sviluppo della lotta di classe. Soltanto così il socialismo italiano avrebbe potuto diventare, allineandosi alle più mature esperienze del socialismo europeo di ispirazione marxista, una forza veramente operante nel contesto economico-politico del paese.
Il B. fece però le sue prime armi nel Partito repubblicano collettivista. Nel 1882 era presente, assieme al Costa, alla riunione segreta nei locali della Camera di commercio di Rimini, per la costituzione del Partito socialista rivoluzionario romagnolo, al quale dedicò successivamente tutta la propria attività. Durante la campagna per la elezione del Costa, nel 1882, fu arrestato. Entrò poi a far parte del Partito socialista dei lavoratori italiani, formazione che preludeva, come le altre alle quali aveva precedentemente appartenuto, alla costituzione del Partito socialista italiano.
Ma le attitudini di dirigente del B. dovevano maggiormente spiccare nella organizzazione delle masse agricole.
Da oltre un decennio si assisteva nel Ravennate ad una grave crisi nei rapporti di conduzione. Cacciati dai poderi da ingrate condizioni di vita, mezzadri e partitanti andavano ad ingrossare le schiere di braccianti che, da poc0, trovavano lavoro presso i coniprensori di bonifica pubblici e privati, e nella costruzione di opere pubbliche. La crisi dell'appoderamento, che rivelava un nuovo ciclo del capitalismo nelle campagne, portava alla diffusione del sistema detto della conduzione in economia, accelerando lo sgretolamento del regime tradizionale di conduzione mezzadrile e di partitanza. Medi e grandi imprenditori, stimolati dalla concorrenza, ridimensionavano le. loro aziende e preferivano investire i loro capitali in scorte di gestione (macchine, concimi, ecc.) anziché immobilizzarli in spese fisse di appoderamento.
Il B. fu tra i primi dirigenti socialisti a intuire le possibilità offerte dalla nuova congiuntura agricola e a sfruttarle praticamente con l'organizzazione di cooperative di lavoro fra salariati agricoli, facendo delle associazioni di braccianti gli strumenti ai quali lo Stato e gli imprenditori avrebbero dovuto ricorrere per effettuare i lavori (sterri, costruzioni, coltivazioni e manutenzione, ecc.) necessari alla realizzazione delle opere pubbliche e al funzionamento della conduzione diretta delle aziende agrarie. Questi organismi per i propri associati rappresentavano la conquista di migliori condizioni di vita e permettevano loro un ben maggiore peso nelle trattative, favorendo quindi lo sviluppo dello spirito associativo; venivano anche a coincidere con l'indirizzo govemativo, e potevano offrire, alla lunga, un freno al disumano fenomeno dell'emigrazione, transoceanica col sostitutivo dell'emigrazione interna e specializzata per la messa in valore di grandi distese del territorio nazionale, allora invase dalle acque e dalla malaria. Perciò, se da una parte alcuni gruppi della classe dirigente videro, all'inizio, questi organismi come una possibile soluzione della questione sociale, d'altra parte l'implicito e latente carattere sezionalistico, e a volte di corporazione, unito ad un orientamento chiaramente non eversivo, li resero, almeno all'inizio, non sempre ben visti da gruppi dell'estrema ala socialista.
Nell'aprile del 1883 si costituiva così l'Associazione generale degli operai braccianti del comune di Ravenna, con A. Armuzzi presidente, F. Cecconi direttore dei lavori, e segretario il Baldini.
Il numero dei soci, che all'atto della costituzione era di 302, saliva in prosieguo di tempo ad oltre 3000; ognuno si impegnava a sottoscrivere un'azione di 25 lire, a una lira mensile: il capitale doveva servire all'acquisto di strumenti di lavoro e a coprire le prime spese.
Era l'atto di nascita del cooperativismo di lavoro nelle campagne, che doveva tanto durevolmente incidere nella storia del socialismo e del movimento contadino italiano. Nel 1884 l'associazione iniziava, a Ravenna, lavori di bonifica nella pineta; nello stesso anno otteneva, a Roma, il grosso subappalto dei lavori di sterro attinenti alla bonifica di Maccarese, Camposalino, Ostia e Isola Sacra, e il 4 novembre partiva il primo turno di cinquanta squadre (cinquecento uomini e cinquanta donne) col B. e l'Armuzzi. Qui il lavoro era particolarmente duro: nei primi anni la mortalità per malaria fu del 20% circa; il successo però fruttò all'associazione altri incarichi nell'Agro romano (manutenzione della bonifica a Terracina e Pantano; enfiteusi trentennale sui terreni bonificati a Ostia; ecc.), fino a quando, nel 1904, l'Associazione ravennate si ritirava, sostituita da cooperative sorte tra i braccianti ivi insediatisi.
A seguito intanto dell'interpellanza Costa-Maffì (1889), che dimostrava come lo Stato si fosse lasciato frustrare dalla ditta appaltatrice di una somma pari al 18% dell'importo dei lavori attraverso il subappalto alla cooperativa braccianti, il ministro dei Lavori Pubblici autorizzava dapprima la Direzione della bonifica dell'Agro Romano, per lotti inferiori alle lire 20.000, ad affidare direttamente alle cooperative tutti i lavori addizionali che si sarebbero resi necessari; poi il governo, con una serie di provvedimenti, ampliava il massimale dei lotti a lire 100.000 e in seguito a 200.000. Ai primi del secolo, la fioritura di numerose cooperative di produzione e lavoro, sull'esempio dell'associazione braccianti di Ravenna, veniva favorita da tutta una legislazione speciale.
Si presentava allora per il B. - arrestato con altri settanta socialisti romagnoli durante la reazione crispina del '94, e poi rilasciato - il problema di raggruppare in un organismo unico le cooperative esistenti. L'idea trovò sostenitori; nel 1901, per iniziativa della Camera del lavoro e dell'associazione braccianti di Ravenna, venne costituita, come società di fatto, una federazione fra tutte le cooperative della provincia. Due anni dopo, sempre nell'ambito della federazione, si creò un organo tecnicamente più snello: il consorzio fra cooperative per l'esecuzione dei lavori di bonifica a destra del Reno. Infine, con R. D. 20 ott. 1911, la federazione fu eretta in corpo morale.
Furono questi gli strumenti che consentirono al B. di ampliare la sfera di attività delle organizzazioni affiliate. In meno di quattro mesi il consorzio riuscì a portare a termine, con l'impiego medio giornaliero di quattromila operai, l'escavo di circa un milione di metri cubi, necessario per l'esecuzione del canale di bonifica a destra del Reno. Un successivo capitolato affidò il proseguimento dello scavo ancora al consorzio, che riuscì a compiere il lavoro in pochi mesi. Ottenne così lavori su lavori. Nel periodo tra la sua costituzione e l'ottobre 1911, quando fu incorporato nella federazione delle cooperative, esegui lavori sia nel Ravennate sia a Messina (baracche per i sinistrati e sgombero delle macerie del terremoto) per circa trentacinque milioni di lire.
Seguendo una sua logica interna, il cooperativismo di lavoro bracciantile si era intanto progressivamente espanso nel settore dell'affittanza collettiva. Nonostante la copertura offerta dal crescente movimento socialista, e la favorevole acquiescenza della maggioranza giolittiana, tra il 1910 e il 1915 il cooperativismo ravennate, diretto e organizzato dal B., attraversò un periodo di crisi. Crisi politica, per la scissione del 1910 nel campo sindacale, che portò alla costituzione del concorrente consorzio autonomo delle cooperative repubblicane; crisi economica, per la "serrata della terra" organizzata dalle associazioni agrarie, che rifiutavano concessioni in affitto alle cooperative del Baldini. Sembravano verificarsi quelle riserve che erano state mosse al carattere settoriale e non eversivo delle associazioni: restando "interne" al regime capitalistico, erano esposte a tutti i limiti di quel regime stesso.
Poiché la corsa all'accaparramento dei terreni da coltivare, promossa dal consorzio rivale, portava ad un livello inusitato degli affitti, che triplicarono nel corso di pochi anni, il B. puntò nuovamente sull'assunzione di appalti per opere pubbliche, facendo pressioni e mantenendo attiva corrispondenza coi dirigenti del partito socialista. Così, dal 1911 al 1922, furono condotti lavori di bonifica e costruzioni di opere pubbliche per circa cento milioni di lire. Ma, anche, il B. propose che la stessa federazione delle cooperative, accanto alla gestione di terreni in affitto, dovesse procedere ad acquisti in proprio per assicurare ai braccianti la stabilità del lavoro.
Nel 1912 così la federazione comperava dai conti Bastogi 1000 ettari in tenimento di Mandriole, subito bonificati e appoderati; nel 1919 acquistava altri 1100 ettari in tenimento di Conselice; nel 1920 acquistava ancora una tenuta dai Colonna. Nel frattempo incitava le cooperative federate a seguire l'esempio. Nel 1922 la federazione era proprietaria diretta di 3329 ettari, mentre le cooperative federate ne possedevano 1983; era invece diminuita la estensione dei terreni in affitto: 662 ettari per la federazione e 3188 per le cooperative federate.
Alla direzione di quest'immenso organismo regionale erano preposti una serie di uffici tecnici, creati soprattutto per volontà del B.: ad un effettivo e democratico decentramento, per quanto riguardava la vita interna delle cooperative, corrispondeva un funzionale accentramento tecnico-economico. Una rigida disciplina contabile ed amministrativa, e la garanzia di efficienti controlli, assicuravano una amministrazione esemplare. La federazione delle cooperative, la cui anima era il B., annoverava un patrimonio immobiliare per oltre cinquanta milioni di lire. Sui venticinquemila braccianti della provincia di Ravenna, circa quindicimila erano organizzati in una settantina di cooperative, delle quali solo un terzo erano affiliate al rivale consorzio autonomo delle cooperative repubblicane. Tutte le altre seguivano le direttive del B., il quale quindi, per il fronte agrario della regione e per i fascisti, diveniva l'avversario da corrompere o da eliminare.Più volte assessore del comune di Ravenna e consigliere provinciale, il B. era stato trionfalmente eletto deputato nella XXV e XXVI legislatura (1919-1924). Membro del Consiglio superiore del lavoro e del Comitato permanente dell'Ufficio del Lavoro, dei Consiglio direttivo della Confederazione Generale del Lavoro, di molte commissioni ministeriali e parlamentari, nel 1922, con Turati, Treves e Prampolini, partecipava alla scissione del P. S. I. e costituiva il Partito socialista unitario, di cui era eletto segretario G. Matteotti. Troppo noto sul piano nazionale, intimo di Turati, legatissimo a Bonomi, sostenuto e seguito dalla Ravenna popolare, un attentato si presentava per i fascisti politicamente impossibile. L'azione degli avversari, mirante a privare la federazione del suo presidente, si sviluppò così attraverso influenze sulla pubblica amministrazione e nel settore dei credito, perché venissero ristretti i fidi bancari, procrastinato il pagamento delle rate dovute dallo Stato, ritardate le concessioni di nuovi appalti: il tutto accompagnato da una diffamatoria campagna di stampa. Ma di fronte alla resistenza delle cooperative, i fascisti passarono all'azione diretta: ai primi di agosto 1922, dopo una serie di violenze e intimidazioni, alcune migliaia di fascisti occupavano militarmente Ravenna e saccheggiavano e incendiavano la sede della federazione.
Il B., intanto aveva chiesto, a Roma, l'intervento di Turati, che si recò con gli on. Zanardi e Zirardini dal presidente del consiglio Facta; questi disse di nutrire fiducia che nulla di grave sarebbe avvenuto, mentre il direttore generale della Pubblica Sicurezza, presente al colloquio, assicurò che la vita del B. non avrebbe corso alcun pericolo. Nonostante ciò il B. e il direttore generale G. Caletti non vollero abbandonare il loro posto e rimasero soli in ufficio durante tutta la notte tra il 7 e l'8 agosto. Verso la mezzanotte la federazione era assalita dai fascisti; dopo un simulacro di difesa, le guardie regie aprivano il portone. Il B. era portato fuori al sicuro da un gruppetto di fascisti e di guardie regie, mentre altri fascisti impedivano l'opera di spegnimento.
Continuando ancora i saccheggi e le devastazioni, la federazione e le cooperative non furono in grado di far fronte agli impegni, sicché il prefetto, all'indomani della marcia su Roma, poté sciogliere il consiglio di amministrazione e nominare in sostituzione del B. un arrendevole commissario, P. Cagnoni. Nel tentativo di salvare la federazione, il B. si piegò a chiedere un colloquio a Mussolini, dal quale ottenne assicurazioni generiche. Rinnovato di tre mesi in tre mesi, il commissario prefettizio durò fino all'ottobre del 1924, dopo di che, convocata l'assemblea delle cooperative, fu nominato un consiglio di amministrazione imposto dal partito fascista.
Il B. rifiutò la proposta dei gerarchi ravennati di conservare la presidenza della federazione a condizione d'iscriversi al partito fascista. Perciò l'8 febbr. 1924, assunto l'incarico di consigliere delegato dell'Unione cooperativa per lavori all'estero, di cui era segretario S. Bezzi, emigrava in Francia. A Parigi diresse cooperative fra operai italiani esiliati o emigrati, mantenendo così contatti effettivi con la numerosa colonia di lavoratori italiani. Aiutò finanziariamente i gruppi socialisti emigrati con i contributi e le offerte delle cooperative. Fu intimo collaboratore di Treves, Buozzi e Turati, che assistette sul letto di morte e di cui fu l'esecutore testamentario.
Alla fine del novembre 1941, gravemente affetto alle gambe e ritenendo prossima la fine, ritornava nella città natale. Nominato commissario della federazione delle cooperative dal governo Badoglio, tentava poi in quella veste di salvare dalle razzie dell'occupante tedesco i resti dell'ingente patrimonio. Intanto non esitava a costituire, nell'ottobre 1943, assieme ad Alessandro Schiavi, la Federazione socialista romagnola, della quale era nominato segretario C. Garavini.
Mori il 6 marzo 1945, povero, nell'ospedale di Ravenna.
Bibl.: Sul B. non esiste un saggio biografico critico, né un elenco degli scritti. Poche le carte presso la famiglia, ché l'archivio del B. andò distrutto in periodo fascista. Tra i suoi scritti si ricordano, per essere stati qui utilizzati: N. B.-A. Evangelisti, Disoccupazione braccianti (Congresso delle cooperative braccianti delle provincie di Bologna, Ravenna. Ferrara, Forlì,Bologna 1905), Ravenna 1905; N. B., Emigrazione interna in relazione alle opere pubbliche da eseguirsi nelle provincie meridionali e nelle isole. III Congresso dei lavoratori della terra, Reggio Emilia 7-8-9 marzo 1908, Ravenna 1908; N. B.-A. Vergnanini, Cooperazione e socialismo. Relazione al congresso socialista italiano, ottobre 1910, Reggio Emilia 1910; N. B., Idiritti del lavoro cooperativo. Discorso detto al Congresso nazionale delle cooperative di lavoro e agricole il 25 maggio 1913, Ravenna 1913; N. B.-E. De Buffalo, La cooperazione di produzione e lavoro. Relazione presentata al XIX Congresso della cooperazione (Milano 20-23 genn. 1922), Como 1922. Utili anche l'intervista concessa all'Almanacco socialista (Parigi 1933), e ripubblicata il 27 ag. 1952 nell'Avanti! (Come divenni socialista),e alcuni inediti pubblicati postumi: Nascita e sviluppo della cooperazione ravennate fino al 1922, in La Cooperazione Ravennate, V, maggio-agosto 1956, nn. 3-4, pp. 99-103; L'assalto del fascismo alla Federazione delle cooperative di Ravenna, ibid.,settembre-ottobre 1956, n. 5, pp. 136 s. Poche lettere del B. sono state raccolte da E. Tabanelli, Carteggio Baldini-Costa,in Emilia,1951, pp. 55-58. Sui rapporti dei B. con il Costa e il gruppo dirigente romagnolo cfr. A. Marabini, Prime lotte socialiste,Roma 1949, p. 195, passim, e A. Graziadei, Memorie di trent'anni., Roma 1950, p. 29, passim. Sulla posizione assunta dal B. nei vari congressi che precedettero la costituzione del Partito Socialista Italiano cfr. G. Manacorda, Ilmovimento operaio italiano attraverso i suoi congressi (1853-1892), Roma 1953, pp. 188, 272, 277. Per il periodo successivo cfr. F. Pedone, Ilpartito socialista italiano nei suoi, congressi, I-III, Milano 1963, v. Indice. Sulle vicende della bonifica di Ostia, si veda la voce Armuzzi Armando, e la relativa bibliografia, in Diz. Biogr. d. Ital., III, pp. 243 s. Si veda anche G. Geminiani, Storia e prospettive del movimento cooperativo con Particolare riferimento alla cooperazione ravennate,Ravenna 1950; Id., L'assalto del fascismo alla cooperazione ravennate,Ravenna 1951; E. Bassi, N. B. e G. Massarenti,in Figure del primo socialismo italiano,Roma 1951, pp. 53-63; G.Geminiani, Difendiamo e proseguiamo l'opera di N. B.,in La Cooperazione Ravennate, I(1952), pp. 1-8; P. D'Attore, Il pensiero cooperativo di un grande pioniere, ibid.,pp. 9-12; F. Santi, N. B. pioniere del socialismo e della cooperazione (Discorso commemorativo tenuto a Ravenna il 23 marzo 1952nel VII anniversario della morte di N. B),Ravenna 1952; A. Schiavi, N. B. e la cooperazione di lavoro nel Ravennate, in Studi Romagnoli, III (1953), pp. 161-171; M.L. Baldini-Nitti, Mio padre, N. B.,in La Cooperazione Ravennate, IV, 1 (1955), pp. 1-5; A.Schiavi, IPionieri nelle campagne,Roma 1955, pp. 79-104; L. Lotti, Irepubblicani in Romagna dal 1894 al 1915, Faenza 1957, v. Indice; La Confederazione Generale del Lavoro negli atti, nei documenti, nei congressi (1905-1926), a cura di L. Marchetti, prefaz. di F. Catalano, Milano 1962, v. Indice. Un commosso ricordo del B., esule a Parigi, si trova in V. Modigliani, Esilio, Milano 1946, pp. 46 ss., passim. Alcune notizie e lettere del Turati al B. nel periodo dell'esilio in A. Schiavi, Esilio e morte di F. Turati (1926-1932), Roma 1956, pp. 459 s., 507 s., passim.