TRANSSCRIPTICIUM, NOMEN
. Contratto letterale astratto avente per ogeetto una somma di danaro, largamente praticato a Roma, forse per influenze greche, negli ultimi secoli della repubblica e nei primordî del principato, ma poi caduto in disuso, tanto da non essere più ricordato nella compilazione di Giustiniano.
La nostra fonte principale in proposito, che è Gaio (III, 128 segg.), fa comprendere che la formalità essenziale consisteva in una scritturazione nel libro delle entrate e delle spese (codex accepti et expensi) del creditore, mediante la quale una somma era addebitata a qualcuno. Tuttavia non si aveva un nomen transscripticium, né in genere un contratto letterale, se la somma era senz'altro segnata a debito di un mutuatario: questo sarebbe stato un nomen arcarium, semplice documentazione del contratto reale di mutuo. Invece il nomen era transscripticium se, novando una precedente obbligazione, la trasformava sia nell'oggetto, sostituendo p. es. all'obbligo del compratore di pagare il prezzo del nuovo titolo astratto (transscriptio a re in personam), sia nella persona, sostituendo un debitore a un altro (transscriptio a persona in personam).
Queste notizie, interessanti dal punto di vista dottrinale, non ci dicono però nulla quanto al modo in cui l'annotazione dei libri del creditore obbligava il debitore: l'esigenza che questo autorizzasse o ratificasse l'addebito, oltre ad essere intuitiva, è confermata dal pro Roscio comoedo di Cicerone, quantunque l'oratore non ci fornisca in proposito indicazioni positive. Piuttosto che ammettere, come fa il contemporaneo di Giustiniano, Teofilo, che una dichiarazione del debitore fosse segnata nei libri del creditore, o, come fa qualche scrittore moderno, che il creditore dovesse informare il debitore dell'avvenuta iscrizione (formalità inefficace ai fini della prova), si può pensare che l'addebito non fosse valido se non su richiesta del debitore medesimo, e che il creditore dovesse all'occasione esibire tale richiesta in appoggio della sua propria scritturazione. Ma siamo sempre nel campo delle congetture.
Bibl.: F. K. von Savigny, Vermischte Schriften, I, Berlino 1850, p. 205 segg.; M. Voigt, Über die Bankiers, die Buchführung und die Literalobligation der Römer, in Abhandl. sächs. Ges. der Wiss., 1889, p. 515 segg.; L. Mitteis, Trapezitika, in Zeitschr. Savigny-Stift, XIX (1898), p. 198 segg.; Ph. Heck, Der röm. Literalkontrakt, in Arch. f. d. civilist. Praxis, CXVI, p. 129 segg.; H. H. Pfluger, Über Ciceros Rede p. R. c., 1904, p. 103 segg.; H. Siber, Römisches Recht, II, Berlino 1928, p. 180 segg.