Vedi NOCERA SUPERIORE dell'anno: 1973 - 1996
NOCERA SUPERIORE (v. S 1970, p. 547)
Le conoscenze su N. hanno avuto un notevole incremento grazie a interventi di scavo in alcuni punti-chiave nell'ambito della città. Si è potuto così chiarire meglio il tracciato delle fortificazioni, che circoscrivono un rettangolo di quasi m 1.000 x 1.200 c.a, e si è potuta precisare la cronologia delle due fasi più recenti di esse. Un aggere con cortina esterna in blocchi squadrati di tufo, che nel lato S è provvisto di una controscarpa in modo analogo ai settori più esposti di altre cinte campane (Pompei, Teano) e ad alcune arci sannitiche (Sepino, Monte Vairano, Monte S. Croce, Alife), ha incorporato strutture più antiche e può essere datato al tardo IV sec. a.C. Dopo la guerra annibalica vennero edificate torri del tipo usato successivamente anche per le mura di Pompei, costruite in opera cementizia (tecnica adoperata anche per sostituire alcuni tratti di cortina e del muro di contenimento interno dell'aggere, in cui troviamo i più antichi esempî dotati di nicchie-contrafforte), e nel 178 a.C. altre torri vennero innalzate per chiudere le brecce aperte nelle mura di Calatia.
A un primo tipo di torre, pieno fino al cammino di ronda, con due piani superiori coperti da travature, è succeduto un tipo dall'aspetto esteriore quasi identico, documentato solo sul lato S, che, a differenza degli altri, difesi da corsi d'acqua, venne munito anche di un fossato artificiale.
Queste torri più recenti possiedono una camera inferiore a volta, da cui si accedeva tramite un pozzetto a una postierla, chiusa da una muratura leggera nascosta all'esterno dalla decorazione di «primo stile pompeiano», terminante in alto con una trabeazione dorica su cui poggiavano, sui lati di gronda, antefisse a palmetta traforata su cespo d'acanto analoghe a quelle della basilica di Pompei.
Nella ricostruzione della città dopo le devastazioni arrecate da Annibale venne rispettato lo schema urbanistico ortogonale con, tra l'altro, una serie di platee che salivano verso S. All'estremità meridionale di quella assiale, corrispondente a Ν alla porta da cui s'immetteva la via proveniente da Capua, risistemata con ogni probabilità nel 133 a.C., venne addossato al lato S delle mura, nell'ambito di un complesso pubblico più vasto, il teatro, adottando criteri urbanistici scenografici i cui modelli vanno ricercati nel mondo ellenistico. Della prima fase di questo edificio, databile al II sec. a.C. inoltrato, che con i suoi 68 m di diametro è il più grande teatro di età ellenistica conosciuto in Campania, sono conservati in gran parte gli analèmmata, di cui quello occidentale per un'altezza di 13 m, che dev'esser stata quella originaria, con nicchie-contrafforte, e tratti della ruderatio dei sedili, mentre non conosciamo nulla dell'edificio scenico. Infatti in età augustea la cavea venne spostata con il suo asse a E e ampliata, in parte su sostruzioni a volta, fino a 96 m di diametro, in parte incorporandovi le strutture più antiche. Della scaenae frons di quest'epoca, con un'ampia esedra curva tra due rettangolari, sono conservate solo le parti più basse, con nicchie rettangolari e semicircolari aperte sul portico retrostante e sono pervenuti solo pochi resti della sontuosa decorazione marmorea, di età tardo-augustea, così come delle sculture che la adornavano, tra cui una statua di Agrippina Maggiore, o, secondo un'altra opinione, di Agrippina Minore.
Il pulpitum era ornato da nicchie curve e rettangolari alternate con zampilli che immettevano in una vasca antistante, colmata probabilmente nel tardo I sec. d.C., quando venne creata l'attuale pavimentazione marmorea dell'orchestra. Anche i cinque gradoni dell'ima cavea erano rivestiti di marmo, mentre gli scalaria erano in calcare e i sedili forse in tufo. Come a Pompei e a Ercolano i pozzetti per l’aulaeum erano in due file e sboccavano in un cunicolo. Il teatro fu abbandonato nella seconda metà del IV sec. d.C., a giudicare dai materiali trovati nel riempimento dell'iposcenio, e fu usato come cava di marmi e di materiali da costruzione fino al XIII secolo.
Il complesso a O del teatro, già noto da precedenti scavi, è probabilmente una palestra, cui era adiacente a Ν un complesso termale e a O un edificio, anch'esso di età augustea, da identificare probabilmente con un odèion, con il lato posteriore della scena in laterizio, articolato in grandi nicchie semicircolari e rettangolari alternate.
A testimonianza di restauri eseguiti nell'81 d.C., in seguito a un terremoto, si conservano un'iscrizione del teatro e le pitture di «quarto stile» del portico della palestra. Nell'ambito dell'area urbana sono stati eseguiti scavi anche in quartieri di abitazione, sia a NO dell'area pubblica di cui si è detto, sia a Ν del battistero di S. Maria Maggiore.
Qui sono venuti alla luce i resti di una grande casa ad atrio dell'inizio dell'età imperiale, che aveva incorporato strutture di età sannitica, il cui ingresso a S si apre su una delle strade principali della città, fiancheggiata da botteghe. Le decorazioni dipinte appartengono al periodo del «quarto stile»; al più tardi nel IV sec. d.C. l'edificio venne abbandonato e la sua area fu adibita, nel VI sec. inoltrato, a luogo di sepoltura.
Mentre si conosce sufficientemente il decadimento della città in età tardo-antica e risulta evidente che il tentativo di frenarlo dopo le guerre gotiche (epoca a cui risale anche il battistero di S. Maria Maggiore) ebbe un effetto effimero, i recenti scavi non hanno fornito elementi consistenti sulla sua genesi. Evidentemente le aree finora indagate, presso le periferie S ed E della città, non erano tra quelle più intensamente abitate e frequentate in età arcaica. I ritrovamenti nelle necropoli situate fuori della cinta, fanno però supporre che l'originario impianto urbano si trovasse pur sempre nell'ambito di questa e debba risalire alla prima metà del VI sec. a.C., come a Pompei, creato probabilmente in concomitanza con l'abbandono degli insediamenti minori della valle del Sarno e con il consolidamento dell'egemonia etrusca anche in quest'area della Campania.
Tra i ritrovamenti di maggiore rilievo a N. è una gronda a testa leonina in marmo databile al 460-450 a.C., riutilizzata come bocca di fontana e poi trasportata in una torre delle mura adibita, nel tardo I-inizio II sec. d.C., a officina di marmorario. Per le dimensioni e la sagoma della sima cui era pertinente, si tratta probabilmente di una delle gronde del Tempio di Hera Lacinia presso Crotone.
Nell'ambito del territorio va rilevata l'individuazione di una centuriazione con orientamento diverso da quella triumvirale o augustea, che comprende i territori di Angri e S. Antonio Abate, cioè parte del territorio di Stabiae accorpato dopo la distruzione di questa nell'89 a.C. a N., e comunque anteriore all'eruzione del 79 d.C. e forse in rapporto con la deduzione coloniale neroniana.
Tra i monumenti recentemente individuati nell'agro nucerino va inoltre segnalato un ponte-canale a tre ordini sovrapposti di un acquedotto, risalente per il tipo delle strutture a età augustea, che evidentemente portava l'acqua da Corpo di Cava, dove la badia della Trinità ne ha incorporato il caput aquae, a N. lungo le falde dei Monti Lattari.
Bibl.: W. Johannowsky, Nuovi rinvenimenti a Nuceria Alfaterna, in La regione sotterrata dal Vesuvio. Studi e prospettive, Napoli 1982, pp. 835-847; E. Esposito, L'ager nucerinus: note storiche e topografiche, in RendAccNapoli, LIX, 1984, p. 121 ss.; id., Indagini archeologiche in agro nucerino: un bilancio, in RassStorSalem, II, 1985, p. 224 ss.; W. Johannowsky, Appunti sul teatro di Nuceria Alfaterna, ibid., III, 1986, p. 105 s.; id., Terrae motus. Un'iscrizione nucerina relativa al restauro del teatro, in Tremblements de terre, éruptions vulcaniques et vie des hommes dans la Campanie antique, Napoli 1986, pp. 91-93; A. Mariani, La decorazione architettonica in marmo scolpito nel territorio dell'antica Nuceria, in RassStorSalem, IV, 1987, pp. 7-58.