no-TAV
– Movimento socioterritoriale di opposizione al progetto TAV (Treno ad alta velocità), in particolare alla realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità Lione-Torino. Promosso nel 1988 dalla Fondazione Agnelli e sostenuto, a partire dal 1990, dal Comitato promotore per l’alta velocità cui aderiscono le principali regioni del Nord Italia, il progetto TAV ha trovato una prima opposizione nel 1991 da parte del comitato Habitat, che riunisce Legambiente, WWF locale e una sessantina di aderenti (docenti del Politecnico di Torino, politici, sindaci e amministratori della Val di Susa, tecnici, operai, ecc.). L’opposizione, che si vuole basata su valutazioni tecnico-scientifiche non influenzate da interessi particolari, si è concentrata inizialmente sul tema del rumore che sarebbe prodotto dal passaggio dei treni e a partire dal 1992, attraverso una serie di incontri pubblici, il comitato Habitat ha catalizzato l’opposizione della popolazione e degli amministratori locali arrivando nel 1993 alla costituzione del Comitato contro l’alta velocità. Nel 2004, a seguito della proposta di interrare parte del tracciato della linea ferroviaria, è poi emerso un secondo tema di opposizione al TAV in riferimento alla presenza di amianto sotto il monte Musiné. A esso si sono aggiunti anche i temi di carattere economico, emersi nella controversia alla fine degli anni Novanta insieme ai dubbi sull’utilità e sui benefici della linea ferroviaria. Negli anni successivi la contrapposizione si è connotata sempre più in senso politico, con una tendenza alla polarizzazione delle posizioni che non è stata superata dai tentativi di negoziazione tecnica proposti dai vari governi, per es., con l’istituzione nell’agosto 2005 della Commissione tecnica ministeriale alta capacità Lione-Torino (Commissione 'Rivalta') e nel dicembre dello stesso anno dell’Osservatorio tecnico per il collegamento ferroviario Lione-Torino (Osservatorio 'Virano'), costituito dopo le forti tensioni determinate dallo sgombero da parte delle forze dell’ordine, nella notte tra il 5 e 6 dicembre, del presidio di Venaus contro l’apertura del cantiere. In un quadro di sempre più netta polarizzazione delle posizioni e a volte di violenza, nelle mobilitazioni e manifestazioni che si sono susseguite negli anni, il movimento ha continuato a sostenere le ragioni del 'no' in riferimento agli impatti sanitari, ambientali e territoriali sulla vita delle comunità coinvolte ponendo il tema politico della partecipazione democratica alle scelte di governo del territorio.