NICOMEDIA (Νικομήδης, Nicomedīa)
Città della Bitinia in fondo al lungo e stretto sinus Astacenus sulla Propontide (Mar di Marmara), mod. Ïzmit, o, secondo un'ultima denominazione, Kocaeli, Nicomedia prese il posto dell'antica colonia megarese di Astaco, che nei primi anni del sec. III a. C. fu distrutta dal re di Tracia Lisimaco. La nuova città fu fondata nel 264 a. C. da Nicomede I figllo di quello Zipoite che, profittando delle lotte tra i Diadochi, era riuscito a costituirsi un regno indipendente così dalla Macedonia e dalla Tracia come dai Seleucidi di Siria. Nicomede, avendo conservato e in parte ampliato i dominî paterni, fece di Nicomedia la capitale del suo regno. E come tale, e grazie alla favorevole posizione, fu bella e grande città. Passò nell'anno 74 con tutto il regno di Bitinia ai Romani per testamento dell'ultimo re Nicomede IV. Mitridate re del Ponto tentò, impugnando il testamento di Nicomede, di rivendicare la Bitinia, e per breve tempo se ne impadronì. In età imperiale Nicomedia fu sede del governatore della provincia di Ponto e Bitinia. E quando a quell'ufficio fu prescelto Plinio il Giovane, più volte le vicende di Nicomedia furono oggetto delle lettere che il prudente, meticoloso governatore scriveva all'imperatore Traiano. Sappiamo così di un grave incendio scoppiato nella città e della proposta fatta dal governatore che si permettesse la costituzione di un collegium fabrum di centocinquanta uomini per potersene valere per lo spegnimento degl'incendî, della cattiva costruzione e dei guasti subiti dall'antico acquedotto e degli studî per ripararlo, del progetto di scavare un canale dal lago presso la città al mare, dei lavori per l'ampliamento del Foro e della necessità di portare altrove un antico santuario della Magna Mater, ecc. Nicomedia ebbe a contendere molto vivacemente con l'altra grande città bitinia di Nicea per il titolo di metropoli della Bitinia, e della contesa ci resta memoria nell'orazione 38ª di Dione Crisostomo, che era nativo di Prusa pure in Bitinia e poteva conservare una certa equanimità nella questione. Dopo il governo di Plinio che non ce ne dice nulla, Nicomedia ebbe grado di colonia romana. Diocleziano, nel ripartire i territorî dell'impero tra due Augusti e due Cesari e nel fare a costoro obbligo di risiedere presso i confini sempre più gravemente minacciati, scelse a propria sede Nicomedia, e vi compì opere importanti. Lattanzio nel De mortibus persecutorum dice che l'imperatore cercava di rendere Nicomedia pari a Roma e vi costruì una basilica, un circo, edifici per una fabbrica d'armi e per la zecca, palazzi per la propria moglie e per la figlia. Vi risiedettero ancora saltuariamente Massimino Daia e Licínio. Nel sec. IV ebbe a soffrire un saccheggio da tribù scitiche. Notevoli rovine sono conservate dell'antica città.
Bibl.: Corp. Inscr. Gr., 3768 seg.; Corp. Inscr. Lat., III, 323 seg.; G. Perrot ed E. Guillaume, Exploratin archéologique de la Galatie et de la Bithynie, Parigi 1862-72; O. Wulff, Altertümer von Nikomedien, in Verhandlungen des X. archäologischen Congresses zu Riga, Riga 1896; Brambilla, Zecca imperiale di Nicomedia, in Periodico di numismatica e sfragistica, III (1871), p. 144; J. Maurice, Émissions monétaires de l'atélier de Nicomedia pendant la période Constantinienne, in The Numismatic Chronicle, 1903, p. 211; Pogodin e Wulff, in Bull. de l'Institut arch. russe de Constantinople, II (1897), p. 104; V. Tscherikoer, Hellenist. Städtergründungen, in Philologus, suppl. XIX, i, Lipsia 1927, p. 45 seg.