DIVERSI, Nicoletto
Nacque a Lucca nella prima metà del sec. XIV da Nello di Lippo.
La famiglia del D. faceva parte della consorteria dei Quartigiani, una delle antiche e nobili consorterie di Lucca e fra le più influenti nella vita politica del Comune fin dall'inizio del secolo XIII. I Quartigiani erano ghibellini e in un primo tempo sostenitori di Castruccio Castracani, ma in seguito vennero da lui esiliati. Molti membri della famiglia, comunque, risiedevano ancora a Lucca nel 1331, quando ai cittadini venne richiesto un giuramento di fedeltà a Giovanni di Boemia. Il padre del D., Nello di Lippo Diversi, e suo zio, Giovanni di Lippo, prestarono entrambi giuramento nell'agosto 1331. Sembra che Nello fosse di minor rilievo negli affari comunali del fratello Giovanni, il quale perseguì una carriera politica di una certa importanza. Nello era ancora vivo nel 1347, ma morì prima del 1° giugno 1359.
La data della nascita del D. non è conosciuta e il primo certo riferimento a lui risale al 1364, quando è menzionato nel trattato che portava a termine la guerra tra Firenze, Pisa e Lucca, come un fautore di Firenze, la cui condanna doveva essere cancellata e la proprietà restituita. Egli è elencato immediatamente dopo il cugino, Niccolò di Giovanni Diversi, che aveva preso parte alla congiura per liberare Lucca dal dominio pisano nel 1363.
Benché il D. non sia nominato specificamente in alcun documento tra coloro che erano implicati nel complotto, potrebbe nondimeno avervi partecipato come seguace di suo cugino. Quindi, benché il Sercambi sbagli nel ritenere che il Niccolò Diversi da lui nominato quale commissario di Giangaleazzo Visconti in Pisa nel 1397-98 sia lo stesso Niccolò di Giovanni Diversi implicato nel complotto del 1363, egli potrebbe aver ragione nell'assumere che il D. fosse precedentemente stato un avversario dei Pisani.
Il trattato del 1364 prescriveva il ritorno dei due membri della famiglia Diversi a Lucca; risulta infatti che entrambi entrarono al servizio di Firenze come soldati mercenari. Il 21 ott. 1365 il D., il cugino Andrea di Giovanni e un altro lucchese furono assunti in servizio per un anno. Il 3 ag. 1366 Niccolò, Andrea di Giovanni e il D. furono assunti per un ulteriore anno con una "banneria" di dodici cavalieri. Il D. non è menzionato per nome nei successivi rinnovi del contratto nel 1367 e 1368, ma la "banneria" probabilmente consisteva in gran parte di lucchesi e può darsi che egli ne facesse parte.
Il cugino del D., Niccolò di Giovanni, ebbe una parte importante nell'indurre l'imperatore Carlo IV a liberare Lucca dal dominio pisano e fu preminente nella vita politica del Comune nei primi mesi di indipendenza. Ma nel luglio 1370 veniva stabilito che Lucca doveva essere governata "a popolo" piuttosto che "a comune", e ciò significava l'esclusione dall'anzianato dei Quartigiani e delle altre consorterie nobili. Erano ancora eleggibili a molte altre cariche e non correvano alcun pericolo di essere esiliati, ma è comprensibile che alcuni dei Diversi andassero in cerca di fortuna altrove.
Non è affatto certo che il D. fosse ritornato a Lucca nel 1369, poiché il suo nome non appare né in documenti pubblici né privati in questo periodo. Nulla è conosciuto della sua vita finché fece la sua comparsa al servizio di Giangaleazzo Visconti intorno al 1381. Egli servì il Visconti principalmente come maestro delle Entrate, ma non abbiamo indicazioni di come avesse acquistato esperienza in questioni finanziarie. Documenti milanesi ce lo presentano impegnato in questioni politiche e finanziarie di grande importanza. Agiva da procuratore per la ricezione di somme ammontanti fino a 10.000 fiorini; testimoniava la ratifica della lega tra il Visconti e il duca di Orléans nel 1395; esercitava la funzione di procuratore per l'acquisto della fortezza di Serravalle da Antoniotto Adorno nel 1392. Si incaricava inoltre di molte transazioni di minore importanza in qualità di uno dei maestri generali delle Entrate.
Diverse lettere testimoniano la sua importanza nel servizio presso il Visconti. I Fiorentini gli scrivevano in termini cordiali, considerandolo un amico del loro Comune e ringraziandolo per gli sforzi fatti in loro favore. Queste lettere pero cessano dopo il 1388, quando le relazioni tra Firenze e il Visconti si raffreddarono. Oltre a Firenze anche il governo di Lucca lo considerava un amico prezioso alla corte del Visconti, richiedeva ai suoi ambasciatori di consultarlo ed esprimeva gratitudine per la sua assistenza.
Il D. prosperò al servizio del Visconti; gli venne concessa il 15 febbr. 1386 la cittadinanza di Milano e prima del 1390 fu creato cavaliere. Il 26 marzo 1392 a lui e ai suoi discendenti venne assegnato un feudo perpetuo di 1.000 fiorini l'anno dai beni della "fattoria" di Verona.
Incominciò poi ad acquistare possedimenti nei territori soggetti ai Visconti, ma la vicenda delle transazioni riguardanti la proprietà è complicata da vendite e rivendite e da scambi con il Visconti che, apparentemente, riteneva il diritto di acquistare nuovamente le proprietà. In tempi diversi durante l'ultimo decennio del XIV sec. il D. possedeva Nogarolo nel distretto di Verona, il castello di Pandino nel distretto di Milano, San Colombano ed i suoi annessi, e vendeva e scambiava queste proprietà per cifre che variavano da 20.000 a 26.000 fiorini. Aveva anche dei beni in Lucca stimati a 766 fiorini nell'estimo del 1397-99, somma considerevole per un uomo i cui interessi e le cui attività finanziarie si svolgevano fuori del territorio lucchese. Egli inoltre rimase in contatto con Lucca ed investiva denaro in imprese e compagnie lucchesi. Aveva depositato 3.000 fiorini presso la compagnia di Giovanni e Bartolomeo Balbani ed era tra i loro creditori quando fallirono nel 1390.Abbiamo notizia del suo continuo interesse, fino all'intromissione, negli affari interni di Lucca, forse come emissario del Visconti, forse per conto proprio. Un cittadino fiorentino, come appare nella consulta datata 29 apr. 1392, consigliava che ambasciatori di fiducia venissero mandati immediatamente a Lucca e che non lasciassero la città finché il D. era presente, il che suggerisce la sua presenza in Lucca durante un periodo di massima tensione tra le due fazioni lucchesi, due settimane, infatti, prima della vittoria dei Guinigi. Nel 1395-96 lo troviamo attivo tra i caporioni esiliati nel 1392, quando avevano tentato di rovesciare il governo lucchese, invadendo con i mercenari della compagnia di Giovanni da Barbiano i territori di Lucca, ma erano stati sconfitti a Ripafratta. Sebbene la partecipazione del D. fosse ben nota a Lucca, egli non fu tra quella ventina di persone che furono condannate nel settembre 1396, presumibilmente per rispetto al Visconti.
Il periodo meglio documentato della carriera del D. è quello che riguarda la sua attività in Pisa e in altri luoghi della Toscana negli anni 1397-98, in qualità di procuratore del Visconti: egli era uno dei commissari di Milano, le cui mansioni consistevano in scambi d'informazioni e notizie, sorveglianza delle operazioni militari, esecuzione delle direttive generali politiche emanate dal Visconti, ma sembra che avesse delle responsabilità particolari riguardanti il finanziamento delle campagne e il pagamento delle truppe. Troviamo inoltre delle allusioni alla partecipazione del D. ad un complotto contro i possedimenti lucchesi di Pietrasanta e Camaiore; si dice che richiedesse di recarsi a Lucca perché malato, ma i Lucchesi sospettavano che la sua malattia fosse simulata e in un documento lo descrivono, con riluttante ammirazione, "buono artista e maestro d'inganni".
Il D. sostenne allora una parte importante nel più drammatico episodio della politica di Milano a Pisa: il 3 genn. 1398, insieme con Paolo Savelli, Niccolò Pallavicino ed altri, richiese a Iacopo d'Appiano (Appiani), che era in età avanzata e aveva recentemente perso il figlio maggiore Vanni, di cedere Pisa al duca di Milano in cambio di adeguati compensi per lui e per la sua famiglia. Iacopo temporeggiò, preparando la resistenza. Il giorno seguente gli agenti di Milano furono fatti prigionieri insieme con tutti coloro che avevano partecipato al complotto. Il duca di Milano fu costretto a ripudiare i suoi agenti per salvaguardare la propria posizione e gli arrestati furono trattati severamente. Secondo il Sardo, il D. fu sottoposto a tortura e confessò la sua partecipazione, rivelando il nome dei complici; il Sercambi fa menzione di un giovane figlio arrestato con lui. Solo il 6 giugno 1398, previo pagamento dell'ingente somma di 25.000 fiorini - secondo il Sercambi 50.000 - il D., liberato di prigione, poteva lasciare Pisa.
Poco tempo dopo perse i favori del duca. Si può supporre che ciò non dipendesse dal fallimento dell'impresa, per la quale era già stato severamente punito; sembra invece che venisse accusato di qualche grave colpa, ma forse fu semplicemente vittima di intrighi di corte. Fu imprigionato a Pavia, da dove fuggì il 23 giugno 1399. La sua disgrazia aveva comportato non soltanto la confisca delle sue proprietà nei domini dei Visconti, ma lasciava liberi i Lucchesi di prendere provvedimenti contro di lui: veniva infatti da Lucca condannato a morte e alla confisca dei beni per le sue azioni degli anni 1395-96. Tuttavia il D., nel 1404, recuperò il favore dei Visconti. La sua innocenza fu riconosciuta dai successori del duca, ed ancora una volta fu nominato maestro delle Entrate e consigliere, e recuperò le sue proprietà: in quello stesso anno scrisse al nuovo signore di Lucca, Paolo Guinigi, richiedendo la restituzione dei suoi beni in territorio lucchese.
La data della morte del D. è sconosciuta, ma probabilmente ebbe luogo poco dopo il 1404. Lasciò dei figli che da allora vissero sempre a Milano. Due di loro, Giovanni e Galeazzo, erano ancora vivi il 31 maggio 1441.
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