GUINIGI, Nicolao
Figlio di Lazzaro di Nicolao e di Margherita dello Strego, nacque a Lucca quasi certamente nel 1375. Niente è dato di sapere della sua vita precedente all'insediamento sulla cattedra vescovile; la scelta della carriera ecclesiastica gli fu probabilmente imposta da una strategia familiare che mirava al controllo sulle istituzioni ecclesiastiche, in parallelo con la crescita del peso politico della casata. Lo stesso Bonifacio IX dovette subire l'ingerenza del partito guinigiano all'apice della sua potenza, quando, all'inizio del 1394, nominò il G. vescovo della città; giovanissimo, allorché fu eletto, egli era semplicemente chierico "in minoribus constitutus"; il 16 marzo fece procura per esibire al capitolo le lettere apostoliche per l'elezione e per prendere il possesso del vescovado, dove fece ingresso il giorno stesso. Solo il 29 marzo sarebbe divenuto suddiacono, diacono il 4 aprile e prete il 5; fu infine consacrato a Lucca il 26 aprile successivo.
Per il vescovo appena insediatosi il problema più urgente era quello della decadenza di molti istituti ecclesiastici: il G. tuttavia non provvide immediatamente a tale riforma, anzi, l'episodio che segna in modo più eclatante i primi anni del suo episcopato è rappresentato dal coinvolgimento, insieme con alcuni canonici della cattedrale e con il "cerusico" Bartolomeo di Duccino, in una congiura (novembre 1400) ai danni di Paolo Guinigi, congiunto del G. e recentissimo artefice di un colpo di mano che lo avrebbe in breve portato alla signoria.
Per lungo tempo una parte dell'erudizione locale ha pensato che il vescovo fosse stato addirittura allontanato, forse esiliato, dal signore; in realtà egli ebbe salva la vita (l'unico a essere giustiziato fu Bartolomeo) e, fin dall'epoca immediatamente successiva ai fatti, egli risulta operante a Lucca. Il gesto del G., unitamente a quello che aveva indotto pochi mesi prima Antonio di Francesco all'uccisione del fratello Lazzaro, segna l'emergere di spaccature in seno a una famiglia che fino a quel momento aveva fatto della propria unione l'elemento di massima forza: era stato infatti grazie alla compattezza di vedute sul modo di accedere al potere e alla loro forza numerica che i Guinigi avevano potuto controllare posizioni centrali nell'ambito delle istituzioni cittadine.
Paolo Guinigi sfruttò abilmente la situazione creatasi con la congiura, cogliendo l'occasione per farsi designare senz'altro signore della città (21 nov. 1400); ma il fatto contribuì anche in modo decisivo a stabilire tra governo ed episcopato una posizione di forza a vantaggio del primo, che si tradusse nella piena disponibilità del vescovo alla collaborazione con il signore (sia nell'attività di riforma sia nella collazione dei benefici vacanti, dove è spesso evidente quanto le scelte episcopali fossero subordinate al gradimento del signore) e nella maggiore disinvoltura dimostrata da Paolo nel sostenere, anche in materia ecclesiastica, la tutela dei suoi interessi di fronte al pontefice.
La posizione del G. appare così gravemente indebolita e subordinata nei confronti del potente congiunto; mediante la prolungata presenza a Roma dell'oratore Iacopo Fatinelli, Paolo sollecitò nei primi anni del secolo XV l'appoggio del pontefice nell'opera di riforma della vita ecclesiastica lucchese; l'8 febbr. 1402 Paolo scrisse al suo ambasciatore una lunga lettera allo scopo di far ottenere al vescovo una bolla per visitare e risollevare gli enti della diocesi e per conferire i benefici relativi, intraprendendo così un'opera sistematica che vide la collaborazione tra episcopato e potere pubblico nell'azione di riforma.
Fu probabilmente un processo a carico di un canonico della cattedrale e della badessa di un monastero a rendere improrogabile l'avvio della moralizzazione; nel marzo del 1404, scrivendo ancora a Fatinelli, Paolo Guinigi dichiarava che l'opera di correzione era stata suggerita dalle lamentele di molti, scandalizzati dalla degenerazione a cui erano andati incontro gli enti ecclesiastici, in alcuni dei quali tradizionalmente trovavano ospitalità i membri delle più cospicue famiglie cittadine; a questa data il lavoro del G. poteva dirsi a buon punto: veniva perciò richiesto al Fatinelli di sollecitare presso Bonifacio IX la concessione dell'autorità di provvedere anche alla riforma dei monasteri femminili situati in territorio lucchese, ma esenti dalla giurisdizione episcopale, concessione che non fu mai elargita. Il 20 luglio 1404, nell'imminenza della designazione di un subcollettore delle decime della Camera apostolica, il signore di Lucca pregava Bonifacio IX di voler concedere tale incarico al G. (in un documento successivo del 2 apr. 1408 il G. sarebbe stato effettivamente ricordato come: "collector proventium et iurium Camere Apostolice in Lucana et Lunensi civitatibus et diocesibus": Archivio di Stato di Lucca, Governo di Paolo Guinigi, 5, c. 8r); chiedeva inoltre di affidare sempre al G. il compito di provvedere al malgoverno di altri enti ecclesiastici. I documenti confermano l'efficacia del suo operato: fin dal 29 febbr. 1404 egli aveva ordinato la chiusura di alcuni monasteri, obbligando alcune religiose al trasferimento e, per quanto le riforme attuate non fossero sufficienti a eradicare del tutto gli scandali nei monasteri femminili (ancora il 10 marzo 1419 Paolo Guinigi avrebbe ricevuto denunce riguardo a questo argomento), il fenomeno fu sicuramente ridimensionato. Tra i vescovi lucchesi il G. "si distinse sia per l'opera pastorale, sia per l'attività di riformatore. Effettuò, infatti, varie visite pastorali […]; tenne vari sinodi […]; dette nuove costituzioni al capitolo della cattedrale nel 1409 […] e ai canonici di S. Maria Forisportam nel 1422" (Benedetto, 1995, pp. 24 s.); ancora a lui si deve la grande riforma della Congregazione di S. Maria di Fregionaia, l'introduzione in Lucca dei canonici lateranensi e il processo contro alcuni fraticelli.
La collaborazione tra il G. e Paolo si dimostrò attiva anche sotto il profilo più strettamente politico: in più di un'occasione egli fu infatti impiegato come ambasciatore. Il 19 dic. 1404 fu inviato presso il nuovo pontefice Innocenzo VII; nel giugno del 1408 si recò a Roma per rallegrarsi con re Ladislao d'Angiò Durazzo che aveva occupato la città; nel 1410 fu inviato a Bologna, dove sostò per circa dieci giorni per visitare il neoeletto papa Giovanni XXIII (Baldassarre Cossa). Con quest'ultimo, deciso oppositore di Ladislao, il G. dovette allacciare fin da quei giorni rapporti di qualche rilevanza, se è vero che circa un anno dopo, nell'aprile 1411, lo seguì a Roma insieme con altri prelati e cardinali; fu dunque sicuramente presente quando Giovanni XXIII entrò in Roma il 12 apr. 1411, in compagnia del suo protettore Luigi II d'Angiò. Da quel momento i contatti del G. con la corte papale si fecero frequenti, spesso per esplicita sollecitazione del pontefice, come nel novembre del 1413, allorché il G. lo raggiunse di nuovo a Bologna (dove arrivò il 12 novembre) nell'imminenza del concilio di Costanza; da Bologna la corte si mosse alla volta di Lodi, dove il papa avrebbe incontrato l'8 dicembre l'imperatore Sigismondo di Lussemburgo, all'epoca suo alleato nella lotta contro Ladislao; il 25 novembre, intanto, proprio a Bologna, il G. aveva ricevuto l'ufficio di camarlingo e tesoriere del papa.
Della missione rimangono a testimonianza alcune lettere indirizzate a Paolo Guinigi; in una di queste il G. riferiva nei dettagli le tappe del viaggio per raggiungere Lodi attraverso Modena, Reggio, Parma, Fiorenzuola, Piacenza. Qui il papa aveva ricevuto un'ambasceria dell'imperatore che lo invitava ad attenderlo a Lodi: la lettera, datata 8 dic. 1413, descrive minuziosamente il seguito di Sigismondo e non tralascia di sottolineare, con una certa soddisfazione, come il G. fosse stato presente all'incontro insieme con i più alti dignitari della Curia.
Il G. risultava ancora tesoriere l'8 genn. 1415 e, sebbene la documentazione sia piuttosto scarsa, sembra che si possa affermare che la sua carriera alla corte papale non sia stata gravemente compromessa dalla deposizione di Giovanni XXIII, avvenuta il 29 maggio 1415 in sede conciliare. All'atto dell'elezione di Oddone Colonna, che assunse il nome di Martino V, nel 1417, Paolo Guinigi si valse nuovamente dell'opera del G. per onorare il nuovo pontefice; e anche presso quest'ultimo egli seppe guadagnarsi un credito ragguardevole; nel luglio successivo si trovava a Modena, dove ricevette notizia dell'attacco sferrato al territorio lucchese dalle truppe di Braccio da Montone (Andrea Fortebracci) e della pestilenza che imperversava in città.
Le notizie da questo momento divengono scarse e frammentarie, dati anche i sempre più prolungati periodi di lontananza dalla sua sede episcopale. Nel 1426 eleggeva procuratori dovendosi assentare dalla città e, il 2 dicembre, partì per Roma, dove si diceva che il papa "lo volea avere in sua corte apresso di sé" (Libro di ricordi di Andrea Stefani, c. 28v); il 2 genn. 1427 è infatti ricordato l'arcidiacono Dino come vicario generale del vescovo. Il 21 maggio 1428 fu nominato da Martino V vicario di Roma e, nel 1429, castellano e commissario del castello di Fermo. Nel 1430 fu designato erede universale nel testamento del fratello Arrigo; nel 1431 si trovava a Firenze, e da lì eleggeva procuratori i congiunti Azzo di Dino e Michele di Giovanni per ricevere l'eredità di Arrigo; per la stessa ragione li eleggeva nuovamente procuratori due anni più tardi. All'8 ott. 1433 risale l'ultima notizia che lo riguarda: si tratta di un atto nel quale nominava un procuratore per recuperare cinque casse di libri lasciate a Bologna nel 1430, all'epoca della guerra tra Lucca e Firenze.
Il G. fu, oltre che bibliofilo, cultore di miniature: commissionò infatti la decorazione della serie di corali che donò alla certosa di Farneta; all'epoca del già ricordato soggiorno bolognese del 1413 risalirebbe invece la commissione dell'ornamento di un messale per la sacrestia della cattedrale (Lucca, Biblioteca capitolare, cod. 594); al suo nome deve essere inoltre legata la realizzazione di alcuni corali miniati dell'Opera del duomo.
Morì a Lucca due anni dopo, il 15 nov. 1435.
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