FILOTESIO, Nicola (Cola dell'Amatrice)
Il primo documento sul F. risale al 25 nov. 1508, quando è citato l'"Egregio viro magistro Cola Petri Gentilis de Amatrice" come testimone in un atto stipulato nell'abbazia di Farfa (Archivio abbaziale, pergamena n. 80; ritrovato da T. Leggio: comunicazione orale). Questo inedito dato sembra confermare la datazione della nascita del F. almeno intorno al 1480, tanto più che da un documento ascolano del 1517 si sa che già fin dal 1505 egli aveva alle sue dipendenze un tal Alessandro di Marcello "de Farra" (Fabiani, 1952, pp. 13 s., 162; Cannatà, 1991, p. 58 n. 41). Poiché talvolta il F. è citato nei documenti con il cognome latinizzato "de Filactischis" ed egli stesso si firma "De Philectistis" nella tavola di Folignano, si è ipotizzata una origine della sua famiglia dal piccolo centro di Filetta nei pressi di Amatrice, nell'odierna provincia di Rieti (Rodilossi, 1969, p. 75). Il 9 sett. 1509 il F. si impegnava con i sindaci della chiesa di S. Bartolomeo alle Piagge (presso Ascoli Piceno) a terminare il polittico, raffigurante la Madonna con il Bambino e santi, iniziato nel 1508 da Paolo di Gerolamo Brochi da Imola (Gagliardi, 1991, Regesto), alla cui mano probabilmente si deve assegnare il S. Bartolomeo. L'opera denota l'adeguamento dell'arte del F. a certi canoni iconografici e stilistici della pittura crivellesca e alemannesca in auge nell'Ascolano.
La pala in S. Francesco di Campli (Teramo) con la Madonna che allatta il Bambino ed i ss. Francesco, Antonio, Caterina d'Alessandria e Chiara è datata 1510 e illustra con estrema chiarezza le componenti culturali di base della pittura del F.: spiccato gusto architettonico e forte interesse per la pittura romana (Antoniazzo e Melozzo), umbra (Perugino e Pier Matteo d'Amelia) e abruzzese (G.B. Percossa, Sebastiano Aquilano e Francesco da Montereale, fra gli altri). Sempre a Campli in S. Maria in Platea sono custodite due tavole, una con i Ss. Giovanni Battista, Orsola, Catenna d'Alessandria e Maddalena, l'altra con i Ss. Gregorio, Sebastiano, Giuseppe e Chiara.
Le opere sono alloggiate in un altare marmoreo fatto erigere nel 1532 dalla Confraternita del Ss. Sacramento ad opera di Sebastiano da Como. Le due tavole risultano stilisticamente antecedenti, non molto lontane dalla pala di S. Francesco del 1510, probabilmente commissionate dal pievano C. Quintavalle che fece erigere un altare dedicato a S. Gregorio (Cannatà, 1991, p. 72). Grazie al confronto con la tavola di Campli del 1510 è possibile restituire al F. un gruppo di opere eseguite in Sabina e nell'Ascolano prima del 1509-10: La Madonna con il Bambino ed i ss. Giovanni Battista, Stefano, Biagio e Pietro, affresco staccato, in S. Stefano Nuovo a Fiano Romano; i due sportelli, uno con S. Lorenzo Sito (recto) e S. Benedetto (verso) e l'altro con S. Tommaso di Morienna (recto) e S. Placido (verso) nel Museo dell'abbazia di Farfa; l'affresco con la Madonna incoronata da due angioletti, il Bambino, i ss. Benedetto, Scolastica ed il committente nella lunetta, sul portale d'ingresso della chiesa abbaziale di S. Maria a Farfa; gli affreschi con i Quattro evangelisti, il Redentore benedicente e la Sacra Famiglia con i ss. Giovannino, Mauro e Caterina d'Alessandria, nella sala del Capitolo vecchio del Sacro Speco di Subiaco; la tavola con la Madonna, il Bambino ed i ss. Giovanni Battista e Pietro, proveniente da S. Pietro di Appignano, nella Pinacoteca civica di Ascoli Piceno. A queste opere va aggiunta la tavola con la Madonna adorante il Bambino, nel Lindenau Museurn di Altenburg, di cui non è nota la provenienza (ibid., p. 65).
Un'opera uscita dalla bottega del F. e collocabile entro il primo decennio del secolo XVI è la paletta con la Madonna, il Bambino ed i ss. Caterina d'Alessandria e Leonardo, proveniente da S. Nicola in Olibra Incinesca (fraz. di Venarotta), nel Museo diocesano di Ascoli Piceno. Al primo periodo ascolano, quando l'artista si apre agli influssi della locale pittura crivellesca ed alemannesca, appartiene la tavola con il B. Giacomo della Marca, proveniente dal convento dei cappuccini di Ascoli Piceno, nella Galleria nazionale delle Marche ad Urbino. Qui il giovanile bagaglio culturale umbro-romano con radici abruzzesi "sembra quasi raggelarsi nel bloccato nitore del Crivelli e compagni" (ibid., p. 58).
Il 6 apr. 1510 il F. ricevette per conto della Comunità di Ancarano un acconto per essersi impegnato a "facere et pignere cappellam sancte Marie de Ancarano vel coelum et circum circha dicte cappelle" (Gagliardi, 1991). Questo atto documenta anche la sua prima attività di progettista ed architetto; purtroppo la cappella con le decorazioni non esiste più. A questo momento cronologico è assegnabile la tavola con la Maddalena, nel Museo del Castello Odescalchi (già Orsini), a Bracciano, attribuita precedentemente a Pietro Grill detto l'Alemanno (Cannatà, 1991, p. 69), che mostra contatti con le prime opere ascolane. Dal 1509-10 sono documentati gli stretti rapporti del F. con la città di Ascoli Piceno, tanto che l'artista il 20 dic. 1518 ne prese la cittadinanza (Fabiani, 1952, p. 162). Nel settembre 1509 il F. prometteva di prendere a bottega Guidotto, nipote del celebre orafo ascolano Pietro Vannini (ibid., p. 161). Il 27 febbraio 1510 fornì a Mariano di Benedetto di Pietro Vannini il disegno per il tabernacolo in argento e rame da eseguire per la chiesa di S. Pietro a Castignano (ibid.).
La tavola con la Madonna, il Bambino ed i ss. Pietro, Gennaro e Francesco, proveniente dalla chiesa parrocchiale di S. Gennaro in Folignano, ora di proprietà della Cassa di risparmio dell'Aquila, è firmata e datata 1512.
Quest'opera, che rappresenta il culmine artistico della prima attività del F., presenta influssi veneti (C. Crivelli e L. Lotto) nel S. Pietro e nella Madonna con il Bambino; il trono con fregio tipico dell'ordine dorico denota il suo interesse per l'architettura classica.
Il trittico su tavola, con la Madonna con il Bambino e santi, proveniente da Rosara, ora nel Museo diocesano di Ascoli Piceno, palesa nell'impostazione compositiva l'influenza della tradizione crivellesca e costituisce la testimonianza di quel filone di opere prodotte dal F. per piccole comunità, fortemente condizionate dai voleri della committenza, in uno stile semplificato e volutamente arcaistico.
Nel 1513 compì probabilmente un viaggio a Roma: il 26 luglio gli furono pagate delle tavole utilizzate per il cardinale Raffaele Riario (Bentivoglio, 1982). In questa occasione poté conoscere le Stanze di Raffaello in Vaticano. Del resto i disegni contenuti nel taccuino di Fermo attestano gli studi compiuti dal F. sugli originali raffaelleschi (Cannatà, 1991, pp. 73, 151-190). La pala su tavola per la chiesa ascolana di S. Vittore, datata 1514, raffigurante la Madonna in trono tra santi ed oggi al Museo diocesano di Ascoli, documenta l'avvenuto impatto con la cultura raffaellesca (mista a prestiti di altri artisti, particolarmente Pedro Fernandez).
Nel 1515 il F. firmò la tavola con l'Assunta, facente parte del polittico eseguito per S. Salvatore in Aso presso Force (Ascoli Piceno), il cui pagamento è attestato il 29 sett. 196.
La grande ancona lignea era composta da otto scomparti di diverse dimensioni, di cui solo cinque ci sono pervenuti. Nella Pinacoteca Vaticana si trovano l'Assunta, firmata e datata 1515, e le due tavole laterali con le Ss. Maddalena e Scolastica e i ss. Benedetto e Lorenzo. Sono andate disperse le due tavolette mediane con le sei Sibille ed uno scomparto superiore con Profeti. Le altre due tavole superstiti, appartenenti all'ordine superiore, si trovano a Rieti, presso la locale Cassa di risparmio (Redentore con Mosè, David, Daniele ed Osea) ed a Lawrence, presso lo Spencer Museum University of Kansas (Eliseo, Geremia, Giona e Zaccaria). In questi dipinti di un certo interesse agli influssi raffaelleschi si abbinano quelli di altri artisti quali Michelangelo, P. Fernandez, L. Lotto e A. Dürer.
Non distante dal polittico di Force si pone la tavola con la Morte e l'Assunzione della Vergine, proveniente da S. Domenico di Ascoli, a Roma nella Pinacoteca Capitolina. Anche qui il F. sfoggia uno stile basato sulla mescolanza dell'arte di Raffaello, Leonardo e Pedro Fernandez, con risultati che sono stati definiti anticlassici (Zeri, 1971., pp. 74-78) o comunque portatori di istanze eterodosse (Cannatà, 1991, pp. 75-77). Degna di nota è l'ambientazione del fondo del dipinto caratterizzato dal "più misterioso e potente paesaggio neoprospettico della pittura di quegli anni" (Volpe 1984, pp. 385 s.) - Coeve o quasi sono da ritenere le due tavole, una con i Ss. Giovanni Evangelista e Maddalena, l'altra con i Ss. Pietro e Paolo, di proprietà del Circolo culturale "Nicola Filotesio" di Amatrice.
Il s. Giovanni Evangelista è ispirato al giovinetto seduto che scrive dipinto da Raffaello nella Disputa vaticana, schizzato rapidamente dal F. nel foglio 6v, del taccuino di Fermo (Cannatà, 1991, p. 89). Potente la fisionomia del s. Paolo che ricorda gli studi di anatomia facciale e le caricature di matrice leonardesca.
Dopo il 1515 è situabile la tavola con la Deposizione di Gesù nel sepolcro (già Londra, galleria Matthiesen), che denunzia esiti formali derivanti da una sintesi compromissoria di elementi stilistici vecchi e nuovi. Porta la data del 1517 il trittico su tavola con la Madonna, il Bambino ed i ss. Giovanni Battista, Pietro, Stefano e Lucia, e, nella cimasa, il volto del Redentore, proveniente da S. Maria Assunta di Funti (ora nel Museo diocesano di Ascoli Piceno).
La struttura compositiva ricalca quella della tavola di Rosara, ma le figure si distendono con maggiore larghezza sul piano e la cromia si fa più vivace ed intensa.
Dalla chiesa ascolana di S. Margherita, la cui ricostruzione terminò nel 1515 (Fabiani, 1952, p. 176), provengono due affreschi staccati con S. Caterina d'Alessandria (molto ridipinta) ed il Redentore (attualmente nella Pinacoteca civica di Ascoli Piceno).
Il 2 dic. 1518 il F. venne prescelto dagli anziani della Comunità ascolana assieme a Simone Mucciarelli e a Giacomo Comili per "ordinare formam et modellum" della facciata posteriore del palazzo del Popolo (ibid., p. 177). Sotto l'affresco con l'Andata al Calvario, nell'ex refettorio del convento della Ss. Annunziata, già dei minori osservanti ad Ascoli, vi è una iscrizione con la data 1519 . Si riaffacciano qui motivi presi a prestito da Raffaello, le forme si semplificano, quasi depurandosi delle contraddizioni stilistiche espresse nelle opere precedenti.
Le due tavole sagomate con la Vergine Addolorata e S. Giovanni Evangelista, provenienti dalla cappella del Ss. Crocifisso nella chiesa della Ss. Annunziata (ora nella Pinacoteca civica di Ascoli Piceno), sono da datarsi in un periodo di tempo non molto distante dall'Andata al Calvario. Di recente è stato ritrovato il Crocifisso ligneo ai cui lati erano state poste le due tavole citate (Ferriani, 1991, p. 104). Il 3 dic. 1519 risulta terminata la tavola con l'Istituzione della ss. Eucarestia, firmata "Cola Amatricianus faciebat", proveniente dall'oratorio della Confraternita del Corpus Domini nel convento ascolano di S. Francesco (adesso nella Pinacoteca civica di Ascoli Piceno). Opera fortemente legata all'arte di Raffaello (Scuola di Atene), richiama nell'impostazione l'Utima Cena di Leonardo.
La facciata posteriore del palazzo del Popolo ad Ascoli reca al di sotto del cornicione l'iscrizione: "Cola Amatricianus pict. et archit." e la data 1520. Il progetto della facciata risente degli ultimi sviluppi dell'architettura raffaellesca (palazzo di Iacopo da Brescia e villa Madama) come ha chiarito Ghisetti Giavarina (1991, pp. 197-199). La tavola con la Madonna che allatta il Bambino ed i ss. Sebastiano e Rocco (di proprietà della Cassa di risparmio dell'Aquila) è firmata "Cola de Amatrici faciebat" e datata 1522.
L'opera partecipa del particolare fervore devozionale di gusto arcaicizzante che contraddistingue la pittura del F. sulla fine del secondo decennio, portando ad estreme conseguenze l'interpretazione puristica della cultura raffaellesca. Coeva o forse più tarda la Madonna con Bambino, s. Caterina e s. Francesco (venduta all'asta Finarte, Milano 9 nov. 1971, cat.26).
Il 24 marzo 1523 il F. fornì il modello per la porta laterale di S. Pietro Martire ad Ascoli; e nel dicembre 1529 fu stipulato l'impegno ad eseguire i battenti lignei, sempre su disegno del F. (Fabiani, 1952, p. 179). Il portale è costituito da un'edicola composta con elementi desunti dal linguaggio classico dell'architettura rilanciato a Roma da Bramante e Raffaello (Ghisetti Giavarina, 1991, p. 220).
Il 24 sett. 1524 il F. è documentato a L'Aquila, probabilmente per approntare il progetto della nuova basilica di S. Bernardino, la cui riedificazione ebbe inizio il 19 luglio 1525.
Il primo ordine della facciata fu terminato nel 1527 (il F. risulta ancora presente a L'Aquila tra la fine del 1527 ed il giugno 1528), come si può leggere al di sotto del cornicione nello spigolo a sinistra: "MDXXVII. Cola Amatricius architector instnndt". Il secondo ordine fu concluso nel 1540 ed il terzo nel 1542 (ibid., 1991, p. 220). È opera monumentale rimeditata sulle architetture di Antonio da Sangallo, Raffaello e Bramante, che tiene presente le prescrizioni di Vitruvio circa la sovrapposizione degli ordini.
La tavola con la Madonna, il Bambino, s. Giovannino e s. Giuseppe nel palazzo del Comune di Amatrice, proveniente da S. Maria del Suffragio, firmata "Cola Phjlostesios" e datata 1527, è una copia con alcune varianti della Sacra Famiglia Spinola attribuita a Giulio Romano in collaborazione con G.F. Penni. Essa segna la definitiva adesione del F. alla cultura raffaellesca sia pure interpretata in chiave puristica ed accentuatamente devozionale. Coeva deve ritenersi la piccola tavola con la Madonna che allatta il Bambino ed i ss. Sebastiano, Antonio, Francesco e Rocco (nella Pinacoteca civica di Ascoli Piceno, proveniente da S. Domenico). Il Cristo portacroce ad affresco in S. Agostino ad Ascoli Piceno conferma la svolta raffaellesca dell'artista ed è forse databile tra la fine del terzo e gli inizi del quarto decennio.
Sullo scorcio del terzo decennio si pongono i cinque affreschi staccati, esposti in un locale al di sotto della sacrestia di S. Francesco ad Ascoli Piceno, provenienti dall'oratorio del Corpus Domini annesso al convento di S. Francesco.
I soggetti di non facile identificazione sono stati definiti grazie al ritrovamento del taccuino di Fermo (Cannatà, 1991, p. 110). Raffigurano Mosè che intercede per il suo popolo; il Re Jachim con il suo seguito fatto prigioniero dal re di Babilonia; il Re Agag legato e condotto dinanzi a Samuele; Achior liberato dagli Israeliti ed infine Giuditta con la testa di Oloferne. Il F. dimostra con chiarezza l'aggiornamento sulla maniera raffaellesca delle Logge con vari imprestiti anche da Raffaello stesso e ricordi leonardeschi nelle fisionomie di alcuni volti.
Nel 1525 il F. aveva ricevuto l'incarico di restaurare i mulini e le gualchiere sul fiume Castellano sempre ad Ascoli Piceno (Fabiani. 1952, p. 164). E forse sin dal 1525 poteva aver fornito il progetto per l'erigenda facciata del duomo di Ascoli, la cui costruzione, iniziata nel 1529, proseguì con alterne vicende sino al 1539 (ibid., pp. 77-84). Nel 1530 doveva essere edificata su suo disegno una cappella nella chiesa del convento di S. Maria dei Lumi presso Civitella del Tronto (ibid., pp. 165 s.). La tavola con la Madonna, il Bambino ed i ss. Giovanni Battista, Rocco, Sebastiano e la Maddalena nella Pinacoteca civica di Ascoli Piceno, proveniente dalla chiesa della Maddalena di Acquasanta, ribadisce l'adeguamento al dettato raffaellesco (Cannatà, 1991, p. 114).
Il polittico della Pinacoteca civica di Ascoli Piceno, proveniente da S. Francesco, composto in origine di nove pannelli, risulta adesso mancante di due scomparti, uno con il Ritrovamento della vera Croce, nella National Gallery of Victoria di Melbourne, e l'altro con un cielo nuvoloso andato disperso (Gagliardi, 1988, p. 73).
Il pannello con l'Andata al Calvario, datato 1533, è ispirato con alcune varianti al celebre dipinto raffaellesco dello Spasimo di Sicilia (Madrid, Prado). Gli altri sei pannelli rappresentano Abramo e Isacco, Davide, le Sibille Frigia ed Ellespontica e due coppie di Angeli portacroce. Il polittico già nel 1547 fu sottoposto a restauro dallo stesso F. (Cannatà, 1991, pp. 97-99; Valazzi, 1991, pp. 249-253). Il referente stilistico più evidente è sempre la cultura raffaellesca qui rinforzata da certo gigantismo michelangiolesco.
Il F. nel 1532 fornì il progetto per la ricostruzione della facciata di S. Maria della Carità ad Ascoli Picepo (Fabiani, 1952, pp. 185-188). Nello stesso anno aveva ideato il modello per una cappella in S. Agostino sempre ad Ascoli. Il 10 marzo 1536 ricevette pagamenti per la pala di Mozzano, commissionata almeno due anni prima (Cannatà, 1991, pp. 121 s.).
Da questa data il F. non è più citato nei documenti ascolani, forse perché fuggito dalla città dopo i tumulti suscitati dai Guiderocchi. Anzi, secondo il Vasari (1568), in questo frangente avrebbe perso la moglie. Il 28 maggio del 1537 era presente all'Aquila e stimava un'opera di Giovanni Antonio da Lucoli (Chini, 1927., pp. 117 s.). Forse in questo periodo potrebbe aver eseguito la Disputa di Gesù con i dottori in S. Massimo all'Aquila, proveniente da S. Flaviano, con derivazioni dall'omonima stampa di Dürer e da un disegno raffaellesco relativo ad un affresco nella Libreria Piccolomini dei duomo di Siena (Cannatà, 1991, p. 131).
Il 25 giugno 1537 stipulò il contratto per la costruzione di una diga sul fiume Como nei pressi di Biselli (ora nel comune di Norcia), impegnandosi a restituire la somma pattuita in caso di crollo o danneggiamento della diga medesima (Rossi, 1888, pp. 83 s.). Il 16 giugno 1539 s'impegnò a concludere una pala iniziata dagli Sparapane per i Gibellini di Norcia. Poco dopo la diga crollò, non si sa per quali motivi, e il F. si trasferì ad Amatrice. Il 30 maggio ed il 4 luglio 1540 i magistrati nursini sollecitarono per lettera la restituzione della somma pattuita a copertura dei danni subiti per il crollo (Gagliardi, 1991). In quello stesso anno il F. progettò forse la ristrutturazione urbanistica di Amatrice (Ghisetti Giavarina, 1991, p. 229) per volontà di Alessandro Vitelli, nuovo feudatario della cittadina con decreto di Carlo V (1538).
Successivamente partecipò in qualità di terzo architetto, in subordine ad Antonio ed Aristotele da Sangallo, alla costruzione della Rocca Paolina di Perugia, forse per intercessione dello stesso Vitelli (ibid., p. 230), che dovette incaricarlo inoltre di concludere la decorazione pittorica del proprio palazzo alla Cannoniera in Città di Castello, come ricorda il Vasari (1568).
Il F. in particolare affrescò, oltre alle volte e alle lunette dello scalone (eccetto quelle del secondo pianerottolo) ed ai fregi (con aiuti) di due stanze al piano nobile, anche il fregio del salone con Scene di battaglia ed Episodi di storia romana e le Storie di Alessandro nel contiguo camerino o studiolo. Suo è inoltre un altro fregio con figure nel salone del palazzo Vitelli all'Abbondanza (Teza, 1987; Cannatà, 1991, pp. 133-148). Nelle decorazioni suddette ripropone tutto un vasto repertorio di cultura raffaellesca che, a parte qualche citazione dalle Logge, si rifà soprattutto alle stampe, specie quelle con battaglie ascrivibili a Giulio Romano. Non mancano neppure riferimenti alla cultura antiquaria. È stata ipotizzata anche una probabile collaborazione del F. al progetto per l'ampliamento del palazzo Vitelli alla Cannoniera (dopo il 30 nov. 1543; Ghisetti Giavarina, 1982, p. 64).
Il 22apr. 1546 il F. era di nuovo, dopo un decennio, ad Ascoli Piceno per stipulare il contratto per l'esecuzione della pala di S. Damiano a Mozzano, lasciata incompiuta nel 1536. Il 20luglio venne rilasciata la quietanza finale (Cannatà, 1991, p. 122).
Il dipinto è a olio su tela incollata su tavola, con tecnica simile a quella della pala aquilana con la Disputa; è parzialmente ispirato alla Madonna di Foligno di Raffaello e mostra un'interpretazione un po' rusticana del raffaellismo di Giulio Romano.
Il 20ag. 1547 il Consiglio dei cento di Ascoli Piceno decise che il portale del palazzo del Popolo venisse eseguito secondo il progetto del F., che tuttavia, per motivi non conosciuti, non lo fornì ai maestri lombardi incaricati della costruzione (Fabiani, 1952, pp. 201 s.). Dopo questa data non si hanno più notizie dei Filotesio.
Il recente ritrovamento del taccuino conservato nella Biblioteca comunale di Fermo offre la possibilità di conoscere meglio la sua personalità (Cannatà, 1991, pp. 151-189). Molti sono i disegni andati perduti, ventinove sono i fogli superstiti, tutti di carta di vario tipo; ci sono schizzi da Raffaello, Leonardo e da Luca Pacioli. Sono presenti disegni architettonici e ricette relative ai colori, alle vernici ed alla tintura dei panni. Vi si leggono appunti del F. sulla iconografia delle Sibille, dei pianeti e di alcuni episodi dell'Antico Testamento da porre in relazione alla Passione di Cristo. Non mancano indicazioni terapeutiche, a metà tra magia e superstizione, versi poetici, massime e proverbi a sfondo morale.
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