NICOLA da Capua
NICOLA da Capua (Nicolaus de Capua). – Teorico e compositore, nacque a Capua presumibilmente intorno al 1390, considerando che nel 1415 aveva già compiuto il suo iter ecclesiastico per ricevere il presbiterato.
Prestò servizio come cantor nella cattedrale di Udine, dove godette un beneficio sull’altare di S. Maria Annunziata, dal 1432 (anno in cui si registra un pagamento effettuato a suo favore per l’acquisto di un libro di canto) al 1435 (quando il suo nome compare per l’ultima volta tra i nove mansionari della cattedrale). Continuò poi a operare nei territori della Repubblica veneta in qualità di tenorista e magister in literatura et cantu, come risulta dalle diverse attestazioni che si rilevano in quest’area relative al «presbyterus Nicolaus quondam Johannis de Traconibus de Capua», identificato nel nostro da F. Alberto Gallo (1981). Tale identificazione fa di Nicola da Capua uno dei «cantores prebendati» della cattedrale di Treviso nel periodo compreso tra il dicembre 1439 (quando compare per la prima volta tra i mansionari nell’elenco delle presenze corali) e il 1442. Qui operò anche come maestro di canto nella scuola, fondata nel 1437 dal neoeletto vescovo Ludovico Barbo, che accoglieva 12 chierici della città e del territorio trevigiano e ne curava l’istruzione in grammaticalibus et cantu. Nel gennaio 1442 rinunciò alla prebenda dell’altare di S. Gabriele in duomo e, ottenuta una lettera di raccomandazione dallo stesso vescovo Barbo, si allontanò per motivi di salute dalla città alla volta di Vicenza, dove fu mansionario cantore della cattedrale. Nel periodo 1456-58 il «presbyterus Nicolaus de Capua» fu rettore della chiesa di S. Fosca di Altivole (dipendente dalla prevostale di Asolo) e nel 1461 si trasferì in S. Maria di Montebello. Non avendosene più notizie dopo questa data, essa può essere assunta come terminus post quem per la determinazione dell’anno della morte.
La sua presenza attiva in area veneta come cantore e maestro di canto si concilia con l’attribuzione di un Gloria a 4 voci nel codice 2216 della Biblioteca universitaria di Bologna, che, redatto a metà Quattrocento in area bresciana, presenta un repertorio composto tra il 1420 e il 1440 e destinato all’uso della cappella della cattedrale. Il Gloria trova concordanze nei manoscritti Bologna, Museo della musica, Q 15 (dove, nel solo indice, è ascritto ad Antonio Zacara da Teramo), e Monaco di Baviera, Bayerische Staatsbibliothek, Latinus monacensis 14274, dove risulta però ascritto al francese Bosquet (= Johannes de Bosco). Dalla collazione dei testimoni si rilevano nel codice 2216 un diverso e più lungo adattamento polifonico dell’Amen e l’aggiunta di un contratenor (non presente nel codice Q15 e diverso rispetto al ms. 14274): si ritiene che solo tali varianti siano da attribuire a Nicola da Capua.
Il Gloria è stato edito (con le varianti dei mss. 2216 e 14274) da G. Reaney in Early fifteenth-century music, s.l. 1959 («Corpus mensurabilis musicae», XI, 2), pp. 7-10; per il facsimile: Il codice musicale 2216 della Biblioteca universitaria di Bologna, a cura di F.A. Gallo, I-II, Bologna 1968 («Monumenta lyrica medii aevi italica», III: «Mensurabilia», 3).
Gli studi di Jan Herlinger e Linda P. Cummins (2008) hanno dimostrato come il testo del Compendium musicale quale fu edito da Adrien de La Fage (Nicolai Capuani presbytery Compendium musicale, Paris 1853; Essais de diphthérographie musicale, Paris 1864, pp. 308-338), sulla base di manoscritti lacunosi (Roma, Biblioteca Vallicelliana, B.83, e Roma, Biblioteca Casanatense, 1711), sia in realtà una miscellanea di trattati riconducibili solo in piccola parte (le prime quattro pagine) al teorico campano, escludendo completamente la sezione finale dedicata al contrappunto, già anni or sono attribuita a Filippotto da Caserta. Un terzo testimone (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Lat. Cl. VIII.82), non contemplato da La Fage, presenta un testo diverso, più completo e coerente (per quanto privo di esempi musicali). Si compone di tre parti. Nella prima parte, con funzione introduttiva, vengono esposti i concetti fondamentali dell’ars musica, condensati in brevi affermazioni e citazioni autoriali. La seconda parte è dedicata alle regole del cantus planus: la ‘gamma’ dei suoni divisi in gravi, acuti e sovracuti, e la sua organizzazione in esacordi; i tre tipi di esacordo (proprietà) e il passaggio dall'uno all'altro (mutazioni) nell'esecuzione di una melodia; gli intervalli; i modi – ricondotti dal teorico anche alla polifonia profana («nota quod omnis cantus tam ecclesiasticus quam mundanus in quatuor literis finalibus debet finiri») –; e le regole della musica ficta (ossia di quella procedura che prevedeva, senza peraltro prescriverli espressamente, opportuni e transitori correttivi melodici del sistema guidoniano degli esacordi per conformarli alle esigenze della scrittura polifonica), la cui trattazione rappresenta un unicum nella teoria musicale coeva. Nel modo in cui vengono presentate esse sembrano infatti intese, più che a evitare il tritono melodico, a introdurre il semitono cromatico laddove svolga la funzione di subfinalis, una sorta di moderna ‘sensibile’ (il leading tone inglese) che risolve sul semitono superiore; ma se applicate alle singole voci di un costrutto polifonico si traducono nelle più comuni norme contrappuntistiche coeve che disciplinano il passaggio da una consonanza imperfetta a una perfetta (in base alle quali, per esempio, si preferisce che a risolvere su un intervallo di ottava sia una sesta maggiore anziché minore, giustificando così l’intervento della musica ficta per alterare la sesta minore laddove necessario). In questa prospettiva tali precetti costituiscono un modo del tutto peculiare, ed essenzialmente pratico, di trattare le più comuni regole della musica ficta. La terza parte è destinata alla musica extraordinaria, ovvero al trattamento delle conjunctae, il sistema di dodici esacordi trasposti (uno in più rispetto a quelli del cosiddetto «trattato di Berkeley», del 1375 circa: University of California, Music Library, 744, olim Phillipps 4450) costruiti a partire dal Mi bemolle sotto il registro delle note gravi fino al Do sovracuto (tre ottave sopra). Il Compendium rivendica una certa importanza nella storia della teoria musicale sia perché, assieme al Tractatus musice plane (1412) di Prosdocimo de Beldemandis, anticipa di mezzo secolo l'interesse per la modalità polifonica, sia perché testimonia un uso delle alterazioni nel canto piano più flessibile di quanto sia stato sinora immaginato, nonché l’importanza dell’esercizio degli esacordi conjuncta nella formazione del musico, in ambito sia monodico sia polifonico. Lo stile asciutto della trattazione, che procede per domande e risposte e ricorre alle mnemotecniche della versificazione e delle formule ripetitive, e la centralità riconosciuta alla solmisazione per spiegare i fondamenti del canto piano, fanno del Compendium musicale un’opera essenzialmente didattica, concepita per aiutare i giovani cantori a memorizzare le regole del canto: il che ben si concilia con le attività cui l’autore si dedicò nel corso della sua vita.
È annunciata per il 2014 una nuova edizione critica del Compendium con traduzione inglese a cura di J. Herlinger e L.P. Cummins.
Fonti e Bibl.: G. Vale, La cappella musicale del duomo di Udine, in Note d’archivio per la storia musicale, VII (1930), pp. 91 s.; G. d’Alessi, La cappella musicale del duomo di Treviso (1300-1633), Vedelago 1954, p. 44; B.J. Layton, Italian music for the ordinary of the Mass 1300-1450, diss., Harvard University, Massachusetts, 1960, pp. 330 s.; L. Pesce, Ludovico Barbo vescovo di Treviso (1437-1443), Padova 1969, pp. 109, 200, 281; F.A. Gallo, La trattatistica musicale, in Storia della cultura veneta, III, Dal primo Quattrocento al Concilio di Trento, a cura di G. Arnaldi - G. Folena, Vicenza 1981, pp. 297-314; L. Pesce, La chiesa di Treviso nel primo Quattrocento, II, Roma 1987, pp. 19 s.; P. da Col, «In montibus nutritus»: il compositore Cristoforo da Feltre nelle fonti di cronaca e d’archivio, in Umanisti bellunesi fra Quattro e Cinquecento, a cura di P. Pellegrini, Firenze 2001, pp. 259-277; J. Herlinger, Antonio Zàcara da Teramo, Nicolaus de Capua, and musica ficta, in Antonio Zàcara e il suo tempo, a cura di F. Zimei, Lucca 2004, pp. 67-89; J. Herlinger - L.P. Cummins, The Compendium musicale per presbyterum Nicolaum de Capua ordinatum, in Il Saggiatore musicale, XV (2008), pp. 5-32; M. Bent, Bologna Q 15: the making and remaking of a musical manuscript, Lucca 2008, I, p. 182; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti. Le biografie, V, p. 366; The New Grove dictionary of music and musicians (ed. 2001), XVII, pp. 876 s.; Die Musik in Geschichte un Gegenwart. Personenteil, XII, coll. 1059 s.