BONSERVIZI, Nicola
Nacque ad Urbisaglia (Macerata), il 2 dic. 1890, da Adolfo, artiere del ferro. Indirizzato agli studi tecnici, nel 1908 si diplomò perito agrimensore. Si iscrisse quindi alla scuola superiore di agraria dell'università di Bologna, dove compì i regolari tre corsi, ma senza presentarsi agli esami di laurea. La sua più profonda aspirazione era il giornalismo, al quale aveva cominciato a dedicarsi tra il 1912 e i primi mesi del 1913, con collaborazioni saltuarie e di mera cronaca locale - firmate Dall'Everest - alla Preparazione, giornale radicale di Macerata, diretto da A. Mugnoz. Nel 1913, dopo aver ricoperto il posto di assistente dei lavori di costruzione dell'edificio scolastico di Urbisaglia, si trasferì a Roma.
Poche sono le notizie sul suo soggiorno romano. Pare tuttavia che in quest'epoca egli si avvicinasse sempre più alle posizioni del socialismo rivoluzionario di Mussolini. Non ci risulta tuttavia, contrariamente a quanto in proposito riferiscono alcune fonti, che il B. collaborasse ad Utopia, il periodico fondato nel novembre 1913 dal nuovo direttore dell'Avanti! con lo scopo di raccogliere intorno a sé un gruppo di giovani intellettuali, impegnato nella elaborazione ideologica di un socialismo più adatto ai tempi.
Quando Mussolini fondò a metà del novembre del 1914 Il Popolo d'Italia, per propugnare l'intervento dell'Italia nella "guerra rivoluzionaria", il B. entrò a far parte della redazione del giornale.
Le sue funzioni all'interno del Popolo d'Italia non erano in questo periodo ancora chiaramente definite. Secondo le necessità redazionali scriveva ora di cronaca cittadina, ora di cronaca politica e talvolta anche gli editoriali. Tra questi, merita di essere ricordato l'articolo pubblicato il 26 nov. 1914, un'esaltazione dell'interventismo di Mussolini e, di riflesso, un'aspra condanna del neutralismo del partito socialista, i cui dirigenti erano ritenuti incapaci di cogliere il carattere rivoluzionario della guerra. L'editoriale del 19 apr. 1915 intendeva invece distinguere il carattere dell'interventismo mussoliniano da quello monarchico-reazionario dei nazionalisti.
Dopo l'intervento in guerra dell'Italia, egli, benché riformato, riuscì a farsi arruolare col grado di tenente di artiglieria. Il 1º ag. 1916 venne inviato in zona di guerra, a Forcella Brentana in Valsugana. Ad ostilità concluse, riprendeva il suo posto di redattore del Popolo d'Italia e partecipava, il 23 marzo 1919, all'adunata costitutiva dei Fasci di combattimento. Ai primi del 1920 assunse l'incarico di corrispondente da Parigi del Popolo d'Italia. In una Lettera aperta atutti i fascisti d'Italia del 23 ag. 1921 si dichiarò incondizionatamente favorevole al patto di pacificazione appena concluso tra fascisti e socialisti.
Il documento presenta un notevole interesse per la valutazione apertamente critica che, pur dal punto di vista degli interessi del fascismo, il B. faceva della situazione del paese in genere e della politica fascista in specie. Egli non si peritava di affermare che il fascismo era stato sin'allora un fenomeno puramente negativo di reazione antibolscevica, e che pertanto era necessario gli si dessero per l'avvenire contenuti politici positivi, poiché il bolscevismo in Italia "è quasi completamente scomparso" (Arch. Centrale dello Stato, Segreteria particolare del Capo del Governo, cartella Bonservizi). Il documento si concludeva con parole di plauso a Mussolini, il quale, con l'atto di pacificazione, avrebbe inteso, secondo il B., indirizzare il fascismo su quella strada di cui egli stesso era stato fautore, abbandonando al loro destino coloro che invece avrebbero voluto continuare le violenze.
Nell'agosto 1922 prese l'iniziativa di costituire il primo fascio di Parigi. In un articolo sul Popolo d'Italia del 19 maggio 1921 aveva riassunto il compito dei fasci all'estero nell'impegno inteso a cementare in un blocco omogeneo gli emigrati italiani, a proteggere "i loro interessi sia personali che collettivi" e a difendere presso gli stranieri "gli interessi superiori dell'Italia".
La vita del fascio di Parigi non fu, almeno agli inizi, affatto facile, sia per la diffidenza delle autorità e dell'opinione pubblica francesi, sia per l'ostilità dei gruppi antifascisti emigrati in Francia, che vedevano nell'iniziativa del B. un tentativo di penetrazione del fascismo all'estero e di controllo dell'emigrazione. Inoltre scarso affidamento poteva essere fatto sugli stessi aderenti al fascio, se è vero che nel 1923 il B. era costretto a sospenderne per qualche mese l'attività, in modo da allontanare "troppi arrivisti", come risulta da una sua lettera del 28 giugno 1923 (Archivio Centrale dello Stato, Segreteria particolare del Capo del Governo, cartella Bonservizi).
Intanto il B., nell'estate di quello stesso anno, si rifiutava di entrare a far parte di un comitato di giornalisti italiani, costituitosi allo scopo di tentare la pacificazione degli animi dopo l'assassinio in Francia dei fascisti Jesi e Lombardi. Il 23 settembre usciva il primo numero de L'Italie nouvelle, fondata e diretta dal B., con lo scopo di integrare l'attività di propaganda del fascio parigino.
La nascita del periodico aveva dovuto superare parecchi ostacoli di carattere finanziario. In una lettera a Michele Bianchi dell'agosto 1922 il B. aveva ricordato, infatti, le notevoli difficoltà nel reperire tra la comunità dei fascisti italiani i mezzi economici necessari al successo dell'iniziativa (Archivio Centrale dello Stato, Mostra della Rivoluzione fascista, parte 1, b. 1). Il problema fu poi risolto attraverso un congruo finanziamento del governo italiano. L'Italie nouvelle usciva settimanalmente ed era scritta parte in francese parte in italiano. Usufruiva della collaborazione di P. Orano, F. Paoloni, madame Mallarmé, C. Carrà, A. Lanzillo, G. Bastianelli, e altri.
Il 20 febbr. 1924, il B. venne gravemente ferito da un colpo di pistola sparatogli da un giovane anarchico emigrato, Ernesto Bonomini, il quale dichiarò di aver voluto colpire in lui non la persona, ma l'idea che egli rappresentava. L'episodio diede il via ad un'aspra polemica della stampa italiana, la quale fu finalmente costretta a uscire dal riserbo con cui aveva precedentemente accompagnato le manifestazioni ostili ai fasci all'estero. Naturalmente si denunciò la connivenza delle autorità e dell'opinione pubblica francesi con gli antifascisti italiani emigrati. Cinque settimane dopo l'attentato, quando già sembrava avviarsi verso la guarigione, il B. subiva un improvviso aggravamento, che rendeva ormai vano ogni tentativo di salvarlo.
Morì a Parigi il 26 marzo 1924.
Fonti e Bibl.: Archivio Centrale dello Stato, Segreteria particolare del Capo del Governo, cartella Bonservizi; Ibid., Mostra della Rivoluzione fascista, parte 1, busta 1; B. Mussolini, Opera omnia, Firenze 1951-63, VIII, p. 329; XIII, p. 397; XIV, pp. 298, 340, 494; XX, pp. 218 s., 312, 339, 380; XXI, pp. 6, 538; XXIII, p. 84; XXXV, p. VII; A. Mussolini, Polemiche e programmi, Milano 1928, pp. 361-366; Nel primo anniversario del sacrificio di B. N. martire fascista, in Il Popolo d'Italia, 26 marzo 1925; Circolo marchigiano, Commemorazione di Filippo Corridoni e N. B., Roma 1927; C. Vanni, Scuole e Fasci all'estero, Venezia 1934, p. 37; Fasci italiani all'estero. 45 morti 233 feriti, Roma 1934, pp. 13-19; A. Cailetti, Martiri dell'idea fascista, Torino 1941, pp. 47 s.; A. Saitta, Dal terrorismo alla dittatura. Storia della CEKA fascista, Roma 1945, pp. 296, 298; C. Rossi, Mussolini com'era, Roma 1947, pp. 203, 207, 213; A. Dumini, 17 colpi, Milano 1951, pp. 22, 28 s., 35 s., 41 s., 50, 59, 62 s., 65, 70 s., 74, 77, 96; A. Garosci, Storia dei fuorusciti, Bari 1953, ad Indicem; A. Borghi, Mezzo secolo di anarchia (1898-1945), Napoli 1954, pp. 312, 314; Id., L'Italia tra due Crispi, Paris 1954, p. 81; H. Torres, Accusés hors série, Paris 1957, pp. 135-143; C. Rossi, Trentatré vicende mussoliniane, Milano-Varese 1957, pp. 30, 36, 181, 228, 391; L. Salvatorelli-G. Mira, Storia d'Italia nel periodo fascista, Torino 1964, p. 588; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario (1883-1920), Torino 1965, pp. 208, 310; Id., Mussolini il fascista (1921-1925), ibid. 1966, pp. 156, 621.