AMORE, Nicola
Nacque a Roccamonfina (Caserta) il 18 apr. 1828. Nel 1848-49 assisté alle sedute del parlamento napoletano come stenografo. Laureatosi in giurisprudenza nel 1850, l'A. entrò nella magistratura, e fu nominato giudice civile l'8 ag. 1860. Aderendo al gruppo dei liberali moderati e unitari detti "piemontesi", dopo l'ingresso di Garibaldi fu nominato a Napoli segretario generale della questura, e divenne egli stesso questore nel dicembre 1862. La situazione era difficile per il dilagare del brigantaggio sino alla periferia della stessa città, per il prepotere della camorra non solo nella vita cittadina ma negli stessi ruoli della Pubblica Sicurezza (dove camorristi, avventurieri e "guappi" erano stati ampiamente immessi dal ministro liberale di Francesco II, Liborio Romano, e poi dallo stesso governo provvisorio dopo lo scioglimento della polizia borbonica), e infine, soprattutto, per le condizioni d'instabilità politica create, da una parte, dalle intemperanze degli estremisti repubblicani, dall'altra, dalle mene dei clericali e dei borbonici.
In ogni direzione l'A. spiegò notevolissima energia: alla camorra inferse un duro colpo con l'arresto di Ciccio Cappuccio, uno dei principali esponenti di essa, e con una drastica epurazione tra i funzionari e gli agenti della questura di Napoli, dei quali mandò al domicilio coatto a Fenestrelle quattrocento sospetti di collusione con l'associazione criminale. Ma l'attività dell'A. in questo periodo ènotevole soprattutto per la lotta contro il sovversivismo clericale e borbonico: uomo di fermi principi liberali, aveva scelto la sua posizione politica aderendo al gruppo dei "toscani" di Bettino Ricasoli. Questo orientamento politico caratterizzò nettamente la sua attività di questore, nella quale, pur astenendosi da misure di particolare rigore nei confronti dei repubblicani napoletani, si preoccupò moltissimo delle congiure dei borbonici e dei clericali: particolare clamore suscitò lo sfratto per mezzo della forza pubblica delle monache del monastero della Sapienza, in applicazione della legge sulle Congregazioni. In seguito a questo provvedimento l'A. fu scomunicato per violazione di luogo sacro e scandalo pubblico. Ancora maggior impressione provocò l'arresto in ferrovia, ordinato dall'A. il 9 genn. 1863, della principessa Barberini-Colonna di Sciarra, latrice di lettere cifrate del noto agitatore borbonico G. Quattromani al duca Caracciolo di Brienza, uno dei capi dei borbonici rifugiati a Roma. In seguito alla decifrazione delle lettere, l'A. poté procedere all'arresto di numerosi esponenti della nobiltà napoletana, dando luogo a un processo che fece grande scalpore.
Presentatosi candidato alle elezioni dell'ottobre 1865, l'A. fu eletto nel collegio di Teano, e si trasferì pertanto a Firenze, ma quando, nel 1866, il Ricasoli costituì il suo secondo ministero, chiamò alla direzione generale della Pubblica Sicurezza l'A. (agosto 1866), che, lasciata la carica parlamentare, spiegò nel nuovo ufficio la consueta intelligente risolutezza. Di fronte ai tumulti palermitani del settembre non si lasciò fuorviare dalla generale ossessione della congiura borbonico-clericale, ma seppe coraggiosamente vedervi "l'ultima conseguenza di sei anni di un'amministrazione civile e giudiziaria, alle quali non è epiteto di censura che basti" (lettera del 28 ott. 1866 a Diomede Marvasi, cit. in bibl.). Alla caduta del ministero Ricasoli, nell'aprile del 1867, l'A. lasciò il ministero degli Interni. Eletto deputato di Campobasso nel 1867, quindi deputato di Napoli (1870) e di Sansevero (1874), nell'assemblea parlamentare non si distinse particolarmente. In questi anni iniziò la sua straordinaria carriera di penalista, che fece di lui il principe indiscusso degli avvocati napoletani durante un ventennio. Tuttavia il nome dell'A. resta legato essenzialmente all'opera da lui prestata come sindaco della città di Napoli, quando vi fu eletto nel 1884, subito dopo il terremoto di Casamicciola.
Dalla vita politica egli era rimasto fuori per circa sette anni, dopo che, presentatosi alle elezioni del 1876, non era riuscito a salvarsi dalla generale clamorosa sconfitta della Destra. Da allora si era limitato al brillantissimo esercizio dell'avvocatura. Quando volle riprendere l'attività pubblica, l'A. dovette rassegnarsi a entrare, seguendo il destino di altri uomini della Destra dopo la "rivoluzione parlamentare" del 1876, in una formazione clerico-moderata. Con questa si presentò alle elezioni amministrative del 1883, nelle quali la sua lista riuscì a soppiantare l'amministrazione comunale, rimasta proverbiale per la faciloneria demagogica e festaiola del duca di San Donato, G. Sambiase. La situazione della città era spaventosa: priva dei più elementari servizi igienici, di ospedali per malattie infettive, di cimiteri, di acqua, con una popolazione strabocchevole addensata nei mefitici "bassi" dei quartieri Porto, Pendino, Mercato e Vicaria, Napoli trovò finalmente nell'A. un amministratore onesto, competente, risoluto a dare inizio all'improcrastinabile "risanamento". La prima importante iniziativa del nuovo sindaco fu l'inizio dei lavori per dotare la città di fognature, e col nome di "amministratore delle fogne" l'A. auspicò di essere ricordato. Nello stesso anno 1884 l'A. diresse con impegno e coraggio l'opera di soccorso per l'epidemia di colera, e quando il re, accompagnato dal Depretis, si recò a visitare la città colpita, egli lo indusse ad addentrarsi nel "ventre" stesso di essa, là dove maggiormente infuriava il morbo e con più evidenza ne risultavano le cause, onde ottenere promesse impegnative dal Depretis. Da allora sino all'ottobre 1889, salvo una breve parentesi nel 1888, l'A. diresse con infaticabile energia l'opera di rinnovamento della città, affrontando ostacoli notevolissimi compresa la superstiziosa opposizione della plebe dei "bassi" allo sventramento degli antichi quartieri. Ma la grande capacità di lavoro dell'A., la sua competenza amministrativa e anche la sua commossa eloquenza ebbero ragione delle più gravi difficoltà. L'A. il 26 nov. 1884 era stato nominato senatore per il suo comportamento durante l'epidemia, e nel 1885 riuscì ad ottenere dal parlamento l'approvazione della "legge speciale" per Napoli, che permise l'inizio del piano generale di "risanamento" della città.
Fu allora costruito l'acquedotto del Serino, vennero sventrati e ripuliti i vecchi quartieri, fu iniziata la costruzione dei nuovi rioni del Vomero, dell'Arenella, dell'Arenaccia, del Vasto; furono aperte nuove arterie coi prolungamento della via del Duomo sino al mare e la costruzione dei Rettifilo, venne dotata la città di un moderno sistema d'illuminazione, furono costruiti il tunnel di Fuorigrotta e la galleria Umberto I.
L'A. fu però mal ricompensato del suo alacre e intelligente lavoro: troppi, e non sempre limpidi, erano gli interessi colpiti dalle sue iniziative; essi si coalizzarono, si affiancarono all'opposizione mai sopita dei vecchi "gioiosi" amministratori e l'A. fu immeritatamente battuto nelle elezioni dell'ottobre 1889. Il colpo portato al suo orgoglio fu irreparabile: si ritirò a vita privata, nella più grande amarezza e in un totale isolamento. Nel 1892, anche per le pressioni della religiosissima moglie, si riaccostò alla Chiesa cattolica e riuscì a ottenere da Roma l'annullamento della scomunica.
L'A. morì a Napoli il 10 ott. 1894.
Sue opere sono: Voto del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Napoli... intorno al progetto di legge dell'unica Cassazione penale, Napoli 1888; La Finanza del Municipio di Napoli. Osservazioni e proposte, Napoli s.d.; Discorsi pronunciati dal Senatore N. A. nella qualità di Sindaco di Napoli, Napoli 1890.
Bibl.: Commemorazione di N. A., a cura del Consiglio Comunale di Napoli, Napoli 1914; M. Limoncelli, N. A., notizie della sua vita e della sua arte, Roma 1914; V. Pellizzari, Dispersi incanti (N. A.), in Giornale d'Italia, 29 maggio 1914; F. Del Secolo, Un grande avvocato, in Il Secolo, 17 luglio 1914; A. Lauri, Diz. dei cittadini notevoli di Terra di Lavoro, Sora 1915, pp. 18 s.; A. Zazo, L'ultimo periodo borbonico, in Storia della univ. di Napoli, Napoli 1924, p. 525; P. Calà Ulloa, Un re in esilio, Bari 1928, pp. 42, 56, 86, 109; R. Moscati, Lettere di Silvio Spaventa a Diomede Marvasi, in Arch. stor. per la Calabria e la Lucania, III(1933), pp. 365, 371, 374 s.; M. Vinciguerra, Lettere di Diomede Marvasi a Silvio Spaventa, ibid., VIII(1938), pp. 294 s.; Id., Lettere di N. A. a Diomede Marvasi, ibid., IX,(1939), pp. 319-347; A. Valori, Un sindaco di Napoli, in Il Messaggero, 14 giugno 1958; S. Cilibrizzi, N. A. principe del foro ital. e grande sindaco di Napoli, Napoli s. d. (con altra bibliografia).