LOSCHI, Niccolò
Nacque a Vicenza nel 1415 circa dall'umanista Antonio e dalla nobile milanese Elisabetta Brivio.
La data di nascita, approssimativa, si ricava da due elementi: il ritorno del padre a Vicenza, dopo una lunga assenza, alla fine di marzo del 1415, dopo la fuga di Giovanni XXIII dal concilio di Costanza; due lettere di Poggio Bracciolini, una indirizzata allo stesso L., del 20 sett. 1433 (epistola IV, 13 in Lettere, II, pp. 176 s., edita anche in parte in Zaccaria, pp. 7 s.), l'altra del 17 ott. 1433, indirizzata a Guarino Guarini (epistola IV, 14, in Lettere, II, pp. 178-188), nelle quali si parla del L. come di un giovanetto che promette di poter competere, una volta divenuto adulto, con la fama paterna.
Non è noto quando il L. si sia recato a Ferrara per frequentare la scuola di Guarino Guarini. Durante il soggiorno ferrarese scrisse alcuni fra i suoi componimenti più significativi, sia in versi latini sia in prosa. Frutto dell'insegnamento guariniano è anche la versione latina dell'orazione pseudoisocratea A Demonico, dedicata a un Andrea, probabilmente da identificare con Andrea Giuliano. Dal padre il L. aveva ereditato il culto per la memoria del Petrarca e due codici trascritti da un manoscritto della sua preziosa biblioteca.
Lo conferma la nota di possesso - "Homerus Nicolai Lusci Vincentini" - che si legge alla c. 312 del ms. V.E., 29 della Biblioteca nazionale di Napoli, contenente l'Iliade nella versione di Leonzio Pilato, con relative glosse petrarchesche; è probabile che ai Loschi sia appartenuto anche il ms. V.E., 30, della stessa Biblioteca, che contiene l'Odissea, con la stessa versione e con le stesse glosse; così come si può supporre che Antonio abbia regalato i due codici al figlio che, recandosi a studiare dal Guarini, poteva attingere a quella conoscenza del greco che era mancata sia al Petrarca sia a lui, che del Petrarca pretendeva di essere per certi versi l'erede. I due codici, rimasti a Vicenza nella biblioteca della famiglia Loschi, furono acquistati dall'umanista calabrese Aulo Giano Parrasio, che a Vicenza insegnò dal novembre del 1507 fino al luglio del 1509; quindi, per il tramite di Antonio e Girolamo Seripando, arrivarono prima nella biblioteca del monastero di S. Giovanni a Carbonara e di lì nella Nazionale di Napoli (cfr. G. Billanovich, p. 393; C. Tristano, La biblioteca di un umanista calabrese: Aulo Giano Parrasio, Manziana 1988, pp. 71 s., 77 s.).
Il felice e fecondo soggiorno ferrarese non fu interamente dedicato agli studi, alle composizioni letterarie, agli amori e alle feste mascherate. Una nuova lettera del L. al padre, che si legge alla c. 29 del ms. 42 della Biblioteca universitaria di Cracovia, offre altre preziose informazioni. Dalla data topica si desume che il L. risiedeva a Bologna; il dato cronologico, assente, si ricava da un lungo brano dedicato a un Laurencius - definito "cuiusque rei simulator ac dissimulator" e "vir omnium nequissimus" - che non può essere che Lorenzo Valla.
Valla era a Firenze e incalzava Francesco, fratello del L., pretendendo la restituzione di un Lucano, che il L. (il quale era stato a Firenze poco prima) dichiarava di non aver mai ricevuto. Come si ricava dalle sue lettere (Epistole, pp. 140-142), il Valla era a Firenze, alla disperata ricerca di una stabile collocazione nella Curia, stabilitasi in quella città al seguito di Eugenio IV, tra il 1434 e il 1435. Ma nella Curia fiorentina erano anche, in posizione di primo piano, Antonio Loschi e Bracciolini, i cui sentimenti nei confronti del Valla non potevano essere che ostili, come si ricava da questa lettera del L. e da quella, citata, di Bracciolini a Guarini, che è una vera e propria invettiva contro Valla.
Tra la fine del 1434 e l'inizio del 1435 il L., dopo essere stato a Firenze per procurarsi libri e per incontrare il fratello maggiore e il padre, fu da questi inviato a Bologna forse per un sondaggio informale presso Battista Canetoli (l'età giovanile sembrerebbe escludere una vera e propria delega), relativo a un deposito del padre di cui parla Pellizzari (pp. 176 s.).
Non è noto quando da Bologna il L. sia tornato a Ferrara. Intanto il padre si era ritirato a Vicenza e da lì, in data 4 ott. 1435, incaricava il figlio Francesco, rimasto a Firenze, di recarsi a Bologna per esigere dal Canetoli la restituzione del deposito. A quel punto dovette intervenire - come suppone il Pellizzari (pp. 175-179) - l'improvvisa malattia, o l'incidente, che rese Francesco completamente inabile a svolgere qualsiasi incarico; sul finire del 1435 il L. fu dunque costretto a lasciare definitivamente Ferrara. La partenza del L. fu pianta con espressioni struggenti dal compagno di studi Giorgio Maffei, in un'elegia edita da Zaccaria (pp. 28 s.). Appena tornato a Vicenza, il giovane L., insieme con il padre, presentò a papa Eugenio IV una supplica in cui si chiedeva di concedere a lui il canonicato di Vicenza di cui era titolare il fratello. Il papa, memore dei grandi meriti di Antonio, che era ancora suo segretario, concesse il canonicato al L., il quale si era impegnato a completare la sua formazione dedicandosi allo studio del diritto civile e canonico (per il breve, che è del 28 febbr. 1436, cfr. Arch. segr. Vaticano, Reg. Lat., 337, cc. 145 s.; Pellizzari, p. 173). Tuttavia di questa presenza allo Studio di Padova non si ha notizia negli atti di quell'Università (cfr. Acta graduum academicorum); il solo Niccolò Loschi che conseguì la laurea in utroque iure nel luglio 1448 (ibid., p. 284, nn. 2267-2268) non è evidentemente da identificare con il Loschi.
Non si conosce molto dell'attività del L. a Vicenza; i documenti più tardi che ne attestano l'esistenza in vita sono l'ultima pergamena (n. 83) del primo volume dell'Archivio Loschi, datata 31 genn. 1439 (erroneamente il Da Schio parla di 31 maggio), ovvero l'atto con cui lo si invia a Venezia come procuratore del cognato Giovanni Traverso da Barbarano (aveva sposato Tommasina, sorella maggiore del L.) presso il protonotario apostolico Baldassarre Sala, e la delega del padre Antonio per recarsi a Bologna e a Firenze per esigervi quei suoi antichi crediti (Arch. di Stato di Vicenza, notaio Giacomo Ferretto, 3 febbr. 1439, cit. in Pellizzari, pp. 181 s.). Ma poco dopo, in quello stesso anno, il L. morì, non si sa né quando, né in quali circostanze.
Il terminus ante quem della sua morte - che si ricava dal Reg. Lat., 365, cc. 154v-155, in cui Eugenio IV concede il canonicato di Vicenza al maestro Andrea da Palazago "per obitum Nicolai [de Luschis], qui extra Romanam curiam decessit", documento datato a Firenze, 11 luglio 1439 (cfr. Gualdo Rosa, p. 831 n. 21) - va anticipato al 3 luglio, data in cui il vescovo di Vicenza Francesco Malipiero insediò Guglielmo Musarelli nel seggio canonicale, resosi vacante "per mortem domini Nicolai, filii domini Antonii de Luschis". Il Musarelli conservò la carica per pochi giorni, perché ben presto arrivò da Roma la nomina del Palazago (cfr. Dian, c. 54, cit. in Pellizzari, p. 174 n. 3).
Nel testamento Antonio Loschi assegnava un moggio di frumento annuo all'ospedale dei Ss. Maria e Cristoforo di Vicenza "pro anima domini Nicolai Lusci, olim filii sui" (Da Schio, 1858, p. 210). Dopo la morte di Antonio, avvenuta nel 1441, Francesco Barbaro scriveva a Francesco Loschi, che si preparava a raccogliere gli scritti del padre, incoraggiandolo a fare la stessa opera di pietà anche per quelli del L. (per la lettera, datata Verona, 28 sett. 1441, cfr. Barbaro, Epistolario, II, n. 190 p. 412). Francesco Loschi non ritenne però opportuno seguire quell'autorevole consiglio.
Le opere in versi e in prosa del L. si dispersero in modo pressoché irreparabile. Prima della pubblicazione dell'Iter Italicum di Kristeller si attribuivano al L. solo tre carmi latini, tratti da due codici della Biblioteca civica Bertoliana di Vicenza (Mss., 338, cc. 22v-24; 521, cc. 12-13) e ricordati dal Calvi (pp. 8 s.), dal Marini e da Giovanni Da Schio (Persone memorabili in Vicenza, c. 216). Di questi tre carmi, solo il primo, Ad puellam, è autentico; le due invettive reciproche tra Padovani e Veneziani sono sicuramente di epoca anteriore, come ha dimostrato in modo ineccepibile lo Zaccaria (p. 13 e, per il testo dei due brevi componimenti, pp. 30 s.). Nel 1886 Abel pubblicò, in appendice alle opere di Isotta e Ginevra Nogarola, un'ecloga a loro indirizzata dal L., che si conserva alle cc. 44v-49 del ms. CCLXVI della Biblioteca capitolare di Verona (cfr. I. Nogarola, cit. in Zaccaria, p. 15 n. 21). A questa esigua messe si aggiunge la lettera del L. al fratello Francesco, in cui si descrive la mascherata mitologica organizzata a Ferrara da Giovanni Marrasio il 26 apr. 1433. La lettera fu pubblicata da Sabbadini nel 1890, sulla base di un solo testimone (Biblioteca apost. Vaticana, Vat. lat., 3194, cc. 85v-86v). Il testo di questa lettera può ora essere corretto, sulla base della copia che si legge alla c. 24r del ms. Nouv. acq. lat., 134 della Bibliothèque nationale di Parigi. Perduti sono inoltre due testi assai significativi: in primo luogo la satira composta dal L. a Ferrara per difendere l'onore del suo maestro Guarino Guarini dagli attacchi di Francesco Filelfo; di questa satira parla Bracciolini in una sua invettiva contro il Filelfo, aggiungendo che il padre del L. ne aveva vietato la diffusione (Invectiva secunda in Philelphum, in Bracciolini, Opera omnia, I, p. 173); in secondo luogo la lettera inviata dal L. al padre, in cui si parla della visita del Valla al Guarino, della sua richiesta di una presentazione del suo trattato filoepicureo De vero bono e soprattutto delle sue critiche nei confronti dei maestri della precedente generazione (Antonio Loschi, Bracciolini e Cencio de' Rustici). Anche per questa lettera - cui fa implicitamente riferimento il L. nella nuova lettera del codice di Cracovia - la fonte è Bracciolini, il quale, ricevuto il testo da Antonio Loschi, ne riferisce dettagliatamente a Guarino (cfr. la citata lettera di Bracciolini, datata 17 ott. 1433 nell'edizione di Harth, II, pp. 178-188; per la stessa lettera, datata 18 ottobre sulla base di altri manoscritti, R. Sabbadini, 1916, n. 622 pp. 169 s.).
Dopo la pubblicazione dei primi due volumi del magnum opus del Kristeller si poté segnalare la traduzione dell'A Demonico, opera senza dubbio di non altissimo livello, ma che rivela una buona padronanza sia del greco sia dello stile latino (più sicuro ed elegante di quello usato da Guarino nella sua traduzione dello stesso testo); di tale traduzione si individuava la diffusione manoscritta, pubblicandone anche la dedica (Gualdo Rosa, pp. 850 s.).
Se il fratello Francesco non aveva ritenuto opportuno raccogliere la produzione del L., la sua fama doveva essere ben solida anche nella famiglia Loschi, se ancora nel 1463 un suo nipote, Leonello Chiericati, figlio di Nicola e di Caterina di Antonio Loschi, nel dedicare altre due traduzioni di Isocrate a Niccolò d'Este, aveva utilizzato per l'immancabile lettera di dedica quella dello zio, con pochi abbellimenti e modifiche (cfr. L. Gualdo Rosa, Le traduzioni latine dell'"A Nicocle" di Isocrate nel Quattrocento, in Acta Conventus neo-latini Lovaniensis, a cura di J. Ijsewijn - E. Kessler, Leuven-München 1973, pp. 278 s. e, per il testo della lettera, pp. 293 s.).
Sempre fondandosi sul Kristeller, dieci anni più tardi Zaccaria redasse il primo vero elenco delle opere del L., pubblicando inoltre in appendice quattro carmi che evidenziano i suoi pregi stilistici e in parte quelli della sua personalità. Nel 1983, data del saggio dello Zaccaria, era appena apparso il III volume dell'Iter Italicum, ma è probabile che egli avesse notizia anche del materiale raccolto per il IV volume, visto che conosceva il ms. di Toledo, Archivo y Biblioteca capitulares, 100.42, pubblicando, sulla base di questo codice, il carme dedicato a Leonello d'Este (cfr. Kristeller, Iter Italicum, IV, pp. 645b-647b e Zaccaria, pp. 17 s. e, per il testo, pp. 20 s.). Dall'elenco dello Zaccaria risulta che del L. restano 18 componimenti in versi latini, un sonetto amoroso in italiano (Modena, Biblioteca Estense universitaria, Est. lat., 1096, n. 16 dell'elenco di Zaccaria, p. 17) e quattro in prosa latina.
La lettura dei componimenti poetici del L., sia di quelli pubblicati dallo Zaccaria sia di quelli che si leggono nel codice della Capitolare di Verona, conferma i giudizi lusinghieri espressi su di lui da Bracciolini e soprattutto da Francesco Barbaro. Eleganti, anche se abbastanza convenzionali nell'imitazione virgiliana, il componimento dedicato a Leonello d'Este, in cui si celebra la pace conclusa a Ferrara il 23 apr. 1433, che contribuì alla fine della guerra tra Venezia e Milano, e l'ecloga in cui si esalta l'azione pacificatrice di Francesco Barbaro, pretore a Verona tra l'agosto del 1434 e il settembre 1435 (Zaccaria, pp. 20-25). Ma accanto a questi componimenti sono da rilevare le due elegie, dedicate, a nome di un ipotetico amico, a un bellissimo giovinetto di nome Baldo; se a questi due testi (ibid., pp. 26 s.) si accostano i versi appassionati dedicati da Giorgio Maffei al L. in occasione della sua partenza da Ferrara e altri componimenti erotici, si ricava l'impressione di un giovane indubbiamente dotato, che sapeva cogliere sia le suggestioni delle composizioni elegiache del Marrasio sia quelle, assai più spregiudicate, che gli venivano dall'Hermaphroditus del Panormita. Questa vivace sensibilità poetica fu soffocata tuttavia dal trasferimento a Vicenza, avvenuto quando il L. aveva vent'anni; gli impegni impostigli dal canonicato (nel documento pubblicato dal Pellizzari, p. 181, datato 3 febbr. 1439, il L. è definito "in iure civili studentem" e in questo studio egli si era impegnato fin dal 1436, come si ricava dal breve di Eugenio IV) e dai numerosi incarichi a lui affidati, ma soprattutto il controllo dell'ambiente familiare e di una città assai meno aperta e libera della Ferrara degli Estensi, lo ridussero a limitarsi a semplici componimenti d'occasione. I soli componimenti sicuramente posteriori al soggiorno ferrarese sono infatti l'ecloga in onore delle sorelle Nogarola e l'orazione per l'insediamento, nel 1437, di Fantino Viaro al capitaniato di Padova, che si legge nel ms. Vat. lat., 5197, cc. 11-14.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Reg. Lat., 337, cc. 145-146 (28 febbr. 1436); 365, cc. 154v-156 (11 luglio 1439); Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, Gonzati, 2594: G. Dian, Serie cronologico-istorica dei canonici di Vicenza, c. 54; Gonzati, 3392: G. Da Schio, Persone memorabili in Vicenza, cc. 99v-100, 214-216, tav. XXIX; Archivio Loschi, Pergamene, bb. I, n. 83 (documento originale sull'ambasceria del L.); II, nn. 85 (testamento), 86 (codicillo); I. Nogarola, Opera quae supersunt omnia. Accedunt Angelae et Zeneverae Nogarolae epistolae et carmina, a cura di A. Apponyi - E. Abel, III, Vindobonae 1886, pp. 351-360; R. Sabbadini, Biografia documentata di Giovanni Aurispa, Noto 1890, pp. 182 s.; G. Guarini, Epistolario a cura di R. Sabbadini, II, Venezia 1916, pp. 169 s.; III, ibid. 1919, pp. 294 s., 301 s.; P. Bracciolini, Opera omnia, a cura di R. Fubini, I, Scripta in editione Basilensi anno 1538 collecta, Torino 1964, p. 173; Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini, a cura di G. Zonta - G. Brotto, II, 1435-1450, Padova 1970, ad ind.; G. Marrasio, Angelinetum et carmina varia, a cura di G. Resta, Palermo 1976, pp. 19 s.; P. Bracciolini, Lettere, II, Epistolarum familiarium libri, a cura di H. Harth, Firenze 1984, pp. 176-188; L. Valla, Epistole, a cura di O. Besomi - M. Regoliosi, Padova 1984, pp. 140-144; F. Barbaro, Epistolario, II, La raccolta canonica delle "Epistole", a cura di C. Griggio, Firenze 1999, p. 412; P. Calvi, Biblioteca e storia di quei scrittori così della città come del territorio di Vicenza(, II, Vicenza, 1772, pp. 5-9; G. Marini, Degli archiatri pontifici, I, Roma 1784, pp. 137 s.; G. Da Schio, Sulla vita e gli scritti di Antonio Loschi( Commentarii, Padova 1858, p. 210; G. Cappelletti, Storia di Padova dalla sua origine sino al presente, II, Padova 1876, p. 275; G. Billanovich, Petrarca letterato, I, Lo scrittoio del Petrarca, Roma 1947, pp. 392 s.; A.M. Dalla Pozza, La cultura vicentina nel primo cinquantennio della dominazione veneziana, Vicenza 1970, pp. 130 s.; L. Gualdo Rosa, N. L. e Pietro Perleone e le traduzioni dell'orazione pseudo-isocratea "A Demonico", in Atti dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, CXXXI (1972-73), pp. 829-834, 850 s.; S. Wlodek - G. Zathey - M. Zwiercan, Catalogus codicum manuscriptorum( Latinorum qui in Bibliotheca Jagellonica Cracoviae asservantur, I, Wratislaviae 1980, pp. 31-91; V. Zaccaria, N. L.: notizie e inediti, in Umanesimo e Rinascimento a Firenze e Venezia. Miscellanea di studi in onore di Vittore Branca, III, Firenze 1983, pp. 7-31; G. Gualdo, Antonio Loschi, segretario apostolico (1406-1436), in Arch. stor. italiano, CXLVII (1989), pp. 749-769; G. Pellizzari, Per un profilo di Francesco Loschi vicentino († 1461): appunti e tracce d'archivio, in Atti e memorie dell'Accademia Galileiana di scienze, lettere e arti, già dei Ricovrati e Patavina, CXV (2002-03), parte III, pp. 171-179, 181 s.; P.O. Kristeller, Iter Italicum. Cumulative index(, ad indicem.