BORGIA, Niccolò
Nacque a Trani il 6 maggio del 1700 da Domenico, patrizio e alto magistrato napoletano, che con sapienti evoluzioni politiche seppe dare nuovo lustro a questo ramo napoletano dell'antica famiglia pontificia: creato duca da Carlo VI d'Asburgo, durante il dominio austriaco, fu tra i maggiori responsabili, ai suoi inizi, del governo di Carlo di Borbone, presso il quale ricoprì le cariche di reggente del consiglio collaterale e di consigliere di Stato.
Queste origini familiari del B. vanno sottolineate, non soltanto perché spiegano una fortuna nella gerarchia ecclesiastica senz'altro superiore ai meriti del personaggio, ma anche perché fanno singolare contrasto con le inclinazioni pauperistiche che fecero dello stesso B. un personaggio proverbiale dapprima a Napoli e poi nelle sedi dove successivamente esercitò le sue funzioni pastorali.
Rivoltosi alla vita religiosa nel 1719 (il 25 marzo di quell'anno divenne chierico), il B. fu promosso al presbiterato il 25 maggio del 1723. Sin da questi anni il B. si dedicò con grande zelo al conforto religioso e all'assistenza della più miserabile plebe napoletana: "minuto investigatore nei tuguri del povero", a quanto scrive il Parente, il B. sembra aver preso a cuore soprattutto la sorte delle fanciulle "insidiate", per le quali promosse poi l'istituzione in Napoli dell'ospizio di S. Vincenzo.
A questa attività il B. accompagnò quella dell'insegnamento presso il "collegio cinese", creato a Napoli, per iniziativa del missionario Matteo Ripa, da Carlo di Borbone, per la preparazione dei missionari destinati all'Estremo Oriente. La scelta del B., che presso il collegio insegnò per parecchi anni, più che da sue non documentate qualità di dottrina o dai suoi meriti di benefattore, sembra che dipendesse soprattutto dall'influenza del duca suo padre, che era tra i più assidui protettori e finanziatori di quella benemerita istituzione. Il B., peraltro, godette di una posizione cospicua nella Chiesa napoletana: ebbe un canonicato nella metropolitana e ricoprì le cariche di segretario del clero dell'arcidiocesi e di esaminatore sinodale.
Collaboratore dell'arcivescovo di Napoli Giuseppe Spinelli, il B. partecipò del clima di aspri contrasti insorto tra il governo borbonico e l'arcivescovato, contrasti che toccarono le punte più acute, e anche più grottesche, nel 1746, quando, a torto o a ragione, la popolazione e i ministri napoletani temettero che lo Spinelli intendesse introdurre in Napoli l'inquisizione "all'uso di Spagna". Vere o no che fossero tali intenzioni dell'arcivescovo, è indubbio il clima di spionaggio e di ottusa repressione instaurato in Napoli dall'arcivescovo: il B. se ne imbevve totalmente e certi atteggiamenti del suo futuro magistero episcopale non sarebbero probabilmente comprensibili senza il riferimento a questa sua esperienza. In che misura il B. avesse dirette responsabilità nelle velleità riformatrici dell'autoritario arcivescovo napoletano, non è possibile stabilire: in ogni modo la sua opera dovette essere largamente apprezzata dal suo influente protettore, il quale in effetti caldeggiò con successo presso papa Benedetto XIV l'elevazione del B. alla dignità episcopale.
In vista di tale promozione il B. si addottorò, assai tardivamente, in diritto civile ed ecclesiastico presso l'università di Napoli il 12 giugno 1751. Il 5 luglio dello stesso anno fu promosso al piccolo vescovato di Cava, nell'arcidiocesi di Salerno. Nel quindicennio che durò qui il suo magistero pastorale, il B. si prodigò in opere di restaurazione della cattedrale, istituì il seminario, ma soprattutto si dedicò col solito zelo alle opere di carità, attività che trovò il suo momento culminante nel 1764, in occasione della grande carestia che afflisse il Regno di Napoli. Pare che nella sede cavense il B. riuscisse a stabilire soddisfacenti rapporti con il clero diocesano.
Diversa sorte gli toccò invece ad Aversa, al cui seggio episcopale fu trasferito il 27 marzo del 1765, succedendo al teatino G. B. Caracciolo.
In realtà non poche fonti contemporanee concordano nel sottolineare l'inadeguatezza culturale e morale del clero aversano ai suoi compiti pastorali, eccezionale anche in una situazione tutt'altro che esemplare, quale era quella della Chiesa nel Regno di Napoli alla metà del sec. XVIII. Il B. sentì così rinnovarsi gli antichi fervori riformatori del suo periodo di apprendistato presso l'arcivescovato napoletano, ma le sue troppo timide iniziative non riuscirono neanche a scaffire la tenace resistenza del clero. Egli si ridusse pertanto ad esercitare una sordida opera di spionaggio dei costumi del clero diocesano, diligentemente annotando i risultati delle sue investigazioni in un registro segreto che, lasciato in eredità al suo successore, fu tempestivamente trovato e distrutto alla morte del B. dai suoi più vicini collaboratori: donde la sua già scarsa popolarità presso il clero aversano diminuì decisamente dopo la morte.
Di queste sue amarezze, cui s'aggiunsero quelle di una annosa lite giurisdizionale con Isidoro Del Tufo, abate del monastero cassinese di S. Lorenzo, che pretendeva di sottrarre tale istituto all'autorità del vescovo, il B. si consolava con le solite opere di pietà: istituì anche qui un rifugio per le giovinette in pericolo, quello di S. Michele, creò il Monte di pietà, promosse una intensa opera di edificazione popolare, affidandola alle missioni dei padri giuranisti. Personaggio patetico, al limite del folclore, il B. non riteneva contrastare al decoro della sua carica l'abitudine di elemosinare personalmente per i suoi poveri, così da meritare il non reverenziale soprannome di "monsignor Bisaccella".
Pio VI, tuttavia, non ritenne che tali caratteri dell'uomo ostassero alla sua elevazione alla dignità di vescovo assistente al soglio pontificio, concessagli il 26 febbr. 1779. Non pare peraltro che il B. prendesse effettivamente possesso della carica: morì, infatti, a Napoli nell'aprile dello stesso anno.
Del B. rimangono alle stampe: Orazione funebre... pel servo di Dio P. F. Lodovico Fiorillo, Napoli 1738; Istruzione pastorale per lo giubileo nella città e diocesi d'Aversa, Napoli 1776.Il Parente gli attribuisce erroneamente anche la Storia del dominio temporale... nelle due Sicilie, che è invece opera del contemporaneo cardinale Stefano Borgia.
Bibl.: G. Parente, Origini e vicende eccles. della città di Aversa, II, Napoli 1858, pp. 678-683; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., VI, Patavii 1958, pp. 111, 158.