NEW JERSEY (A. T., 132-133)
JERSEY Uno degli stati nordatlantici della Confederazione americana, dei tredici originarî, fra i più piccoli quanto a superficie (21.299 kmq.), ma dei più popolati, sia per numero assoluto di abitanti (4.041.334 secondo il censimento del 1930), sia per densità (190 ab. a kmq.); in questa, anzi, non è superato, fra gli stati dell'Unione, che dal Rhode Island e dal Massachusetts. Il territorio del New Jersey si estende dagli Appalachi al mare, declinando da una regione collinare che non raggiunge i 500 m. (a NE.) d'altezza fino alla pianura costiera, chiusa tra le foci dello Hudson e del Delaware, che ne forma la parte maggiore. La fascia costiera è per larghe zone coperta di lagune e di acquitrini, e il suo margine atlantico, rinterzato da un orlo quasi continuo di cordoni litoranei, male si presta alla creazione di porti, sì che l'accesso all'interno ha luogo in sostanza lungo le vie naturali segnate dal decorso delle ampie valli, in parte sommerse, che delimitano, come s'è detto, la pianura stessa.
Il clima, nonostante la vicinanza del mare, ha caratteri abbastanza netti di continentalità. Le medie temperature di Atlantic City dànno: 11°,1 per l'anno e 22° per il mese più caldo; il gennaio non scende sotto 0°. Le precipitazioni sono copiose (1070 mm. nella stessa località) e ben distribuite.
L'economia dello stato è imperniata sull'agricoltura non meno che sull'industria, per quanto questa vi sia bene sviluppata già da vario tempo. Patate, granoturco, fieno, ortaggi e frutta dànno prodotti notevoli, soprattutto le prime (2,6 milioni di ettolitri nel 1932) e il secondo (2,4 milioni di ettolitri nello stesso anno). Le ricchezze minerarie non mancano: magnetite ed ematite (Oxford, Mount Hope, Hibernia, Warton), rame e zinco (contea di Sussex) hanno permesso l'impianto di un'attiva industria metallurgica e meccanica; ma questa è anche superata dalle industrie tessili, che trattano soprattutto seta (per 164 milioni di dollari nel 1932) e lana; fiorente del pari vi è l'industria chimica (115 milioni di dollari nel 1932). Importanza notevole ha pure, dal punto di vista economico, la pesca, specialmente nei due grandi estuarî del Hudson e del Delaware (storione).
La popolazione, addensata per la massima parte nella zona mediana e lungo le vie d'acqua, è andata crescendo rapidamente solo dopo il 1850 (a questa data il New Jersey contava 490 mila ab.): oltre 1,1 milioni di ab. nel 1880; oltre 2,5 nel 1910; 3,2 dieci anni dopo. L'accrescimento fu del 34,7% fra il 1900 e il 1910, del 24,4% fra il 1910 e il 1920, del 28,,1% nell'ultimo decennio. Degli stranieri (844 mila nel 1930, cioè il 20,9% della popolazione totale) il numero maggiore è dato dagl'Italiani (190.858 nel 1930, ossia il 22,6%); seguono Tedeschi (112.753 ossia il 13,4%), Polacchi (102.573, ossia il 12,1%), Irlandesi (63.236), Russi (62.152), ecc. I Negri sono 208.828 (il 5,2%), gli Asiatici 2630. Gl'Italiani vivono per lo più riuniti nei centri maggiori e nella regione del Vineland, dove cominciarono ad affluire dopo il 1873 e costituivano, già prima della guerra mondiale, un nucleo compatto di oltre 20 mila abitanti.
La popolazione urbana, che rappresentava nel 1900 oltre il 70% della totale, ne forma ora l'86,2%. Sei città superano i 100 mila ab.: Newark, Jersey City, Paterson, Trenton, Camden ed Elizabeth: di queste, cinque si sono sviluppate lungo il Hudson o il Delaware e tutte sono centri industriali. Vi sono inoltre sette centri con una popolazione di più che 50 mila ab. (Bayonne, East Orange, Atlantic City, Passaic, Hoboken, Union City e Irvington).
Storia. - Visitato dal Verazzano e da altri, il New Jersey fu stabilmente occupato nel 1638 dagli Svedesi, che si stabilirono sulla destra del Delaware, ma che dovettero cedere agli Olandesi nel 1655. Dal 1643 al 1645 i coloni dovettero affrontare gl'Indiani che erano insorti minacciosamente. New Jersey seguì i destini di New York. Ma quando gl'Inglesi ne presero possesso, era scarsamente popolato; gli Olandesi non vi hanno lasciato così profonde tracce come nella colonia sorella. Il duca di York, dopo avere inviato il colonnello Richard Nicolls con incarico di governare il suo territorio, regalò a sir George Carteret (già governatore dell'isola di Jersey nella Manica) e a lord John Berkeley tutte le terre comprese tra i fiumi Hudson e Delaware sino al 41° parallelo nord, mutilando così in eterno con una arbitraria divisione il bel porto di New York. Il Nicolls comprese la gravità della cosa, ma la donazione era fatta, e gli riuscì soltanto con un cavillo di salvare Staten Island per il duca. Il Nicolls, che interpretò la donazione come patrimoniale e non territoriale, aveva già fatto delle concessioni nel New Jersey, e ne nacque una serie di litigi, che il duca risolvette sfavorevolmente per il Nicolls. Dal 1673 al 1674 il New Jersey tornò, come New York, nuovamente sotto gli Olandesi. Il Carteret fu riconfermato dalla corona nel possesso della sua metà orientale, ma avendo il Berkeley ceduto i suoi díritti a un gruppo di Quaccheri, il nuovo governatore Edmund Andros rifiutò di riconoscerli come proprietarî del Jersey occidentale. Però nel 1676 fu fatta una nuova divisione, e i diversi pretendenti furono riconfermati. Nel 1680 l'Andros cercò di espellere il Carteret, ma la sua azione fu deplorata in Inghilterra, e il Carteret reintegrato nei suoi diritti. Due anni dopo però fu obbligato dai suoi creditori a vendere all'asta pubblica la provincia, che fu comperata da William Penn e da 11 suoi soci per 3400 sterline. Questi cedettero metà dei loro diritti ad altri 12 proprietarî. Nel 1665 Berkeley e Carteret avevano stabilito una specie di statuto, detta "Concession and Agreement", che provvide per un'assemblea di cittadini avente il diritto di prelevare imposte. I nuovi proprietarî inviarono poi nel 1683 un nuovo documento, detto "Statuti fondamentali", che stabiliva per la colonia un governo composto di un governatore, scelto dai proprietarî, un consiglio dei delegati dei proprietarî con 12 cittadini e un gran consiglio composto dai delegati dei proprietarî stessi con 144 cittadini. Questo statuto però non fu mai applicato. Dopo il tentativo di Giacomo II di unificare tutte le sue colonie e dopo la sua caduta, i due Jersey conobbero per 5 anni, 1688-92, l'anarchia quasi assoluta, e in seguito ad altri 10 anni di confusione i proprietarî cedettero la loro sovranità alla corona nel 1702, rimanendo padroni del suolo, e i due Jersey poterono essere uniti sotto un governo regio. Allo scoppio della rivoluzione il New Jersey prese parte decisamente contro il re, e nella primavera del 1776 il suo congresso provinciale depose il governatore e stabilì (il 3 luglio) un governo autonomo. L'azione del Natale dello stesso anno, nella quale Washington traversò il Delaware a Trenton e sconfisse pienamente tre reggimenti di Assiani, e la conseguente vittoria a Princeton sono tra le principali battaglie della rivoluzione. Durante l'estate e l'autunno del 1783 il Congresso federale tenne le sue sedute in un palazzo della celebre università di Princeton (v.). Conscio della sua piccola estensione, il New Jersey ha sempre combattuto per i diritti dei piccoli stati. Durante la formazione dell'Unione i suoi delegati presentarono un progetto, il New Jersey Plan, per un governo di una sola Camera, con un solo delegato per ogni stato, di cui è rimasta unica traccia nello statuto l'uguale rappresentanza degli stati nel senato. L'antiquato statuto di New Jersey, con restrizioni esagerate del diritto al voto e poteri troppo ampî al governatore, fu riformato soltanto nel 1844. Il governo dello stato dopo la caduta dei federalisti nel 1800 è quasi sempre stato "democratico" con brevi intervalli "repubblicani", come dal 1896 al 1911. Un solo governatore, Wilson, è diventato presidente dell'Unione. Le prime capitali della colonia furono Perth Amboy e Burlington; dal 1790 Trenton. Ogni anno si rinnova un terzo del senato, e tutta l'assemblea. Lo stato manda 12 rappresentanti alla camera federale.
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