neoconfucianesimo
Tradizione filosofica confuciana sviluppatasi nel periodo dinastico Song-Ming (secc. 10°-17°) sia come reazione alla diffusione e al dominio delle dottrine taoiste e buddiste sia come vigorosa riaffermazione della tradizione confuciana classica, cioè quella fondata e animata dall’insegnamento di Confucio (➔) e Mencio (➔). Il n., noto anche come Lixue («dottrina del li»), Qixue («dottrina del qi»), Xinxue («dottrina della mente o cuore») e Daoxue («dottrina del Dao»), segnò una vera e profonda rinascita della filosofia confuciana, sostenuta da una ridefinizione delle idee fondamentali della tradizione classica e dello stesso canone, che investiva i Cinque classici (Wujing), vale a dire Yijing (➔) («Classico dei mutamenti»), Shijing («Classico delle odi»), Shujing («Classico dei documenti»), Liji («Libro dei riti»), Chunqiu («Annali delle Primavere e Autunni»), e che elevava in modo supremo i Quattro libri (➔ Sishu), raccolta divenuta basilare anche nel cursus studiorum dei Cinesi dall’inizio del 14° sec. fin quasi alla fine della dinastia Qing (1644-1911). A Han Yu (786-824), pensatore poco originale e comunque tenace critico del buddismo e del taoismo, si riconosce il consapevole tentativo di aver tracciato la linea di trasmissione del dao, ossia della tradizione confuciana, che, orientata dal sistema dei valori degli antichi sovrani, ebbe in Confucio l’eccelso fondatore e in Mencio il fedele continuatore. L’idea di tradizione o trasmissione del dao (daotong) fu poi definitivamente rielaborata da Zhu Xi (➔), che fissò così una linea ortodossa di trasmissione della dottrina confuciana, individuando anche le figure più eminenti: Confucio, Mencio, Zhou Dunyi (➔), Cheng Hao (➔) e Cheng Yi (➔). Muovendo dalla dottrina del Classico dei mutamenti, testo assurto nuovamente a fonte principale di ogni concezione del cosmo, tutti i pensatori neoconfuciani condivisero alcune idee di fondo e una comune rappresentazione del mondo. Ciò che esiste o che continuamente giunge all’esistenza è generato dal qi (➔) («energia vitale» o «energia materiale»), una forza diretta all’ordine, alla forma dal li (➔) («principio»). Senza questa essenziale e necessaria disposizione il qi permarrebbe in uno stato caotico o di insuperabile confusione. Non che il mondo o le cose del mondo dipendano esclusivamente dal li, ma dal li, quantunque privo in sé e per sé della stessa potenza generativa del qi, scaturisce in una qualche maniera il qi e dal qi, a sua volta, la molteplicità e la differenziazione delle cose proprie del mondo. La dinamicità permanente del qi e la sua azione sono in effetti il movimento o l’azione stessa di yin e yang (➔), tanto che il mondo si trasforma e si rinnova costantemente. Li e qi sono così insieme tanto la fonte che il divenire del tutto e come tali rispettivamente il taiji («supremo estremo») e il dao. Cosmicamente però tutto discende dal taiji, generato esso stesso da ciò che è al di là di sé stesso (wuji). La natura (xing) e la mente o cuore (xin) dell’uomo non possono in definitiva che recare la medesima costituzione e disposizione.