QUILICI, Nello
QUILICI, Nello. – Nacque il 21 novembre 1890 a Livorno da Antonio, ufficiale dei carabinieri deceduto nel 1901 durante un’epidemia di tifo, e da Italia Crovetti. Secondogenito di sei fratelli, dopo la morte del padre si trasferì con la famiglia a Modena, ospite di uno zio materno sacerdote che, provvisoriamente, lo indirizzò in seminario. Nel 1910, ottenuta la licenza liceale, si iscrisse al Regio Istituto di studi superiori pratici di perfezionamento di Firenze. Dopo avere militato nelle file del Partito liberale giovanile italiano, fondato nel 1901 a Firenze da Giovanni Borelli, fu precocemente attratto dal mondo del giornalismo. Risalgono al dicembre del 1909 le sue prime collaborazioni con La Voce e il Nuovo Giornale di Firenze e, dal 1911, con la Patria di Bologna, di cui divenne anche redattore capo. Nel 1913 entrò al Resto del Carlino, dove svolse inizialmente il ruolo di inviato da alcune capitali estere (tra cui Vienna, Berna e Berlino) e, successivamente, di corrispondente politico dalla capitale.
Nel 1914 conseguì a Bologna la laurea in lettere, discutendo una tesi su Johann Gottlieb Fichte e nel 1915 sposò Virginia Cucchi (poi scomparsa prematuramente nel 1921), dalla quale ebbe nel 1916 il suo primogenito, Vanni.
Sostenitore dell’opzione interventista, dopo l’ingresso del Paese nel conflitto fu impegnato al fronte come ufficiale di artiglieria. Al ritorno alla vita civile, fu prima assunto come caporedattore al Tempo di Roma, poi, nel 1921, richiamato al Resto del Carlino, questa volta con il ruolo di direttore. Risale a quegli anni anche il suo avvicinamento al movimento fascista – ma l’iscrizione di Quilici al fascio di Ferrara avvenne solo nell’ottobre 1925 – e, dalla primavera del 1922, a un suo esponente in particolare, Italo Balbo, potente ras di Ferrara, che Quilici avrebbe sin dall’inizio sostenuto dalle pagine del suo giornale.
La parentesi di Quilici alla guida del Resto del Carlino fu tuttavia breve. Dopo la marcia su Roma, nel maggio del 1923 fu infatti allontanato dalla direzione a causa di un duro scontro con il locale segretario federale del Partito nazionale fascista, Gino Baroncini, con il quale ebbe anche un duello alla sciabola. Si trasferì allora al Corriere italiano di Roma, con il ruolo di caporedattore. La fine prematura dell’esperienza del giornale, a causa del coinvolgimento del suo direttore, Filippo Filippelli, nel delitto Matteotti, portarono Quilici a un periodo di parziale inattività, interrotto nell’aprile del 1925, quando Balbo fondò a Ferrara il Corriere Padano. A Quilici – con il quale era nel frattempo nato un rapporto di amicizia e reciproca stima – Balbo chiese in un primo tempo di svolgere il ruolo di caporedattore, poi – dal 1926, in seguito alla nomina dello stesso Balbo al sottosegretariato dell’Economia nazionale – quello di direttore.
Da quel momento Quilici divenne il principale artefice delle fortune del giornale, che avrebbe guidato ininterrottamente fino alla morte. Egli seppe fare del piccolo quotidiano di Ferrara una delle poche testate, durante il regime, in grado di distinguersi – pur parzialmente – dal pesante grigiore della stampa nazionale, grazie a una certa attenzione ai temi culturali e anche a un atteggiamento di relativa indipendenza in campo politico.
Alla terza pagina del Corriere Padano – in cui trovarono spazio anche vari scrittori europei e americani e dibattiti di un certo respiro culturale – collaborarono, tra gli altri, autori come Elio Vittorini, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Giorgio Bassani, Mario Soldati.
Centurione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, Quilici – che nel febbraio del 1929 aveva sposato Emma (Mimì) Buzzacchi, feconda pittrice e xilografa, da cui avrebbe avuto altri due figli: Folco e Vieri – fu anche collaboratore di varie riviste, tra cui Critica fascista, Meridiano, la Nuova Antologia.
Un momento particolarmente critico, sotto il profilo politico, venne per Quilici nell’autunno del 1939, quando il suo giornale avviò una dura campagna antibolscevica, aperta da un corsivo pubblicato sull’edizione dell’8 ottobre intitolato Sfasature. A destare particolare stupore nell’opinione pubblica fu soprattutto la tempistica della campagna, che fu avviata poco dopo la stipula, da parte dell’alleato nazista (a cui l’Italia si era vincolata attraverso il Patto d’acciaio) dell’accordo di non aggressione con l’Unione Sovietica.
La sortita del giornale diretto da Quilici – ripresa con notevole enfasi anche da una parte della stampa internazionale – costò al direttore del giornale ferrarese un severo richiamo da parte del ministero della Cultura popolare e un successivo provvedimento di sequestro del giornale. Nonostante queste misure, Quilici non rivide tuttavia completamente le sue posizioni, anche perché dietro alle sue uscite sembrava esserci lo stesso Balbo, la cui robusta figura, nel bene e nel male, condizionò l’intera sua carriera, garantendogli, da un lato, peso e protezione, precludendogli, dall’altro, la possibilità di compiere esperienze professionali diverse, come, per esempio, l’approdo a qualche testata di maggiore peso o tiratura.
Nel corso della sua vita, Quilici fu anche attivo sul fronte della ricerca storica e dell’insegnamento universitario. A Ferrara fu, nell’anno accademico 1927-28, docente di storia del giornalismo, tra il 1929 e il 1939 docente incaricato di storia politica moderna e, nel 1938-39, docente di storia moderna e delle istituzioni politiche presso la Scuola di perfezionamento in discipline corporative; fu docente di storia e dottrina del fascismo a Padova.
Oltre a pubblicare alcuni lavori di un certo interesse storiografico, dal 1930 fu anche – assieme a Giulio Colamarino e Massimo Fovel – fondatore e direttore per un decennio della rivista Nuovi problemi di politica storia ed economia, a cui collaborarono storici come Giacomo Perticone e Carlo Zaghi. Fu infine fondatore e direttore, dal 1933 al 1935, della Rivista di Ferrara.
L’ingresso del Paese nel secondo conflitto mondiale, rispetto al quale Quilici non nascose alcune riserve, videro ancora una volta il giornalista di origini livornesi fedele al suo legame al regime e – in maniera personale – all’amico Balbo. Questi, una volta avviata la mobilitazione, lo volle al suo fianco sul fronte libico, ufficialmente come corrispondente di guerra (ma, di fatto, come suo segretario particolare). Quilici giunse a Tripoli il 12 giugno 1940, divenendo da quel momento protagonista, con Balbo, di una breve parentesi militare, a cui avrebbe dedicato anche un interessante diario quotidiano, compilato tra il 12 e il 21 giugno (una settimana prima della sua morte). Quilici scomparve infatti tragicamente il 28 giugno 1940 a Tobruk, mentre si trovava con Balbo a bordo di un aereo S.79, colpito in volo per errore dalla contraerea italiana. Dopo la sua morte fu insignito – alla memoria – della medaglia d’argento al valor militare.
Opere. Origine, sviluppo e insufficienza della borghesia italiana, Ferrara 1932; America 1934, Ferrara 1934; Aviatoria, Napoli 1934; Giornale 1925-1934, Napoli 1934; Otto saggi, Ferrara 1934; Banca Romana, Milano 1935; Spagna, Roma 1938; Vilfredo Pareto, Ferrara 1939; Prospettive ideali e storiche della guerra, Ferrara 1940.
Fonti e Bibl.: Interessanti carte relative all’attività professionale di Nello Quilici sono conservate presso l’archivio romano della famiglia Quilici, in piazza Gentile da Fabriano 3.
C. Zaghi, Ricordo di N. Q. storico e colonialista, in Nuovi Problemi, 1940, n. 11, pp. 90-97; M. Antonioni et al., N. Q. L’uomo, il giornalista, lo studioso, il maestro, Ferrara 1941; G. Titta Rosa, N. Q., in N. Quilici, La borghesia italiana. Origine, sviluppo e insufficienza, Milano 1942, pp. XXVII-LII; A. Aquarone, N. Q. e il suo “Diario di guerra”, in Storia contemporanea, 1975, n. 2, pp. 305-358; Vent’anni di cultura ferrarese. Antologia del Corriere Padano, a cura di A. Folli, I, Bologna 1978, pp. XV-XX; F. Quilici, Ferrara, Il Corriere Padano e N. Q. (1938-1939), in Nuova storia contemporanea, 2004, n. 5, pp. 149-162; A. De Francesco, Mito e storiografia della “Grande Rivoluzione”. La rivoluzione francese nella cultura politica italiana del ’900, Napoli 2006, pp. 160-165 e 270-272; F. Quilici,Tobruk 1940. Dubbi e verità sulla fine di Italo Balbo, Milano 2006.