PUCCIONI, Nello
PUCCIONI, Nello. – Nacque a Firenze il 16 luglio 1881 da Iole Maria Teresa Giovannozzi, sorella del padre scolopio Giovanni, ingegnere fisico, e da Piero, apprezzato studioso di discipline giuridiche, politiche e amministrative, ma anche critico d’arte drammatica che, dopo aver preso parte ai moti politici in Toscana, fu eletto deputato del collegio di San Sepolcro dalla IX alla XVI legislatura e senatore nella XVI. Ebbe un fratello, Mario, pure lui ingegnere fisico.
Compì gli studi classici presso i padri scolopi e nel giugno del 1904 si laureò in scienze fisiche e naturali presso l’Università di Firenze, dove ebbe per maestro anche Paolo Mantegazza, che lo volle, appena laureato, come assistente volontario presso il Museo nazionale di antropologia ed etnologia dell’Istituto di studi superiori di Firenze e come assistente effettivo nel 1913, dopo che nel 1911 aveva ottenuto la libera docenza in antropologia. I suoi interessi si indirizzarono inizialmente allo studio dei manufatti litici della valle delle Vibrate (1911) e a una campagna di scavi prima nelle grotte di Maggiano e poi nelle stazioni all’aperto della Chiocciola e nella ‘Buca del Tasso’ a Metato (Alpi apuane). Nello stesso tempo lavorò ad alcune collezioni craniologiche (Canarie, isole di Siuwah, Patagonia e Araucania) e all’osservazione di un gruppo di somali giunti in Italia in occasione dell’Esposizione di Torino (1911), oltre che all’elaborazione critica dei dati raccolti da altri osservatori sui Baria e Cunama e sui somali meridionali.
Per le competenze dimostrate in questi studi nel 1923 gli venne chiesto di prendere parte, per conto della Società geografica italiana, alla seconda spedizione (la prima, della quale era stato incaricato di studiare i materiali e i dati antropologici ed etnografici raccolti, si era svolta nel 1913) di Giuseppe Stefanini in Somalia e nei sultanati di Obbia e dei Migiurtini. Scopo primario di questa nuova iniziativa doveva essere quello di realizzare il rilevamento geologico sommario della parte di Paese non ancora esplorata, oltre che di alcune parti della Somalia settentrionale appartenenti allora all’Italia; in subordine si dovevano poi raccogliere gli elementi essenziali per una conoscenza degli aspetti più propriamente geografici (come itinerari, dati altimetrici, rilievi parziali, fotografici), ma anche della flora, della fauna e delle popolazioni.
Partita il 12 gennaio 1924 dal porto di Napoli, dove rientrò il 28 luglio, la spedizione si articolò in tre periodi, ben diversi tra loro per gli obiettivi prefissi, gli studi da compiere e le difficoltà da superare. Il primo, compreso tra il 18 febbraio e il 30 marzo, li portò da Mogadiscio ad Afgoi, da dove risalirono l’Uebi fino a Belet Uen. Da qui, passando per Bugda Acable, Tigieglò e Uddur, raggiunsero Lugh, per rientrare poi a Mogadiscio dopo aver toccato Ircut, Baidoa, Bur Acaba e Uanle Uen e aver percorso complessivamente quasi 2000 km. Nel secondo percorsero il sultanato di Obbia, dove erano giunti il 15 aprile, rilevando alcuni tratti della costa e spingendosi all’interno in carovana per 200 km, attraverso boscaglie e saline, fino a Uarandi. Una terza fase ebbe inizio il 16 maggio, dopo lo sbarco a Hordio, nel sultanato dei Migiurtini che, a prescindere dalla zona costiera del Golfo di Aden, era stato fino ad allora assai poco esplorato, soprattutto nella sua parte meridionale (valle del Nogal) e occidentale. Alla volta di questa valle partirono infatti il 28 maggio dopo aver attraversato la basse valle del Darror nei pressi della sua foce, per poi salire sull’altopiano di Nobir e ridiscendere verso la costa fino a Eil, distante 3-4 km dalla foce del Nogal di cui percorsero la valle, raggiungendo attraverso un dedalo di colline gessose Taleh, antica residenza del Mullah. Dopo aver superato l’altopiano di Coradèd, toccando Buran, scesero nella media valle del Darror per giungere, attraverso l’ampia sella del Carin e la valle del Degàn, a Bosaso (Bender Cassim) il 7 luglio e ad Alula la mattina successiva, prima di ripartire per l’Italia l’11 luglio.
Pur partecipando e collaborando anche alle indagini sulle caratteristiche morfologiche, geologiche e geografiche del territorio esplorato e alla raccolta e preparazione delle collezioni botaniche, Puccioni condusse soprattutto delle complesse e consistenti ricerche antropologiche ed etnografiche, basate sia sulla raccolta di dati antropometrici di individui viventi compiute in particolare durante le soste a Mogadiscio e nei commissariati e nelle residenze, sia sulla raccolta di crani umani reperiti soltanto nell’interno. I dati antropometrici, documentati da una serie di fotografie scattate di faccia e di profilo e da alcune maschere di gesso, furono raccolti non soltanto fra i somali, ma anche fra i «negri» che vivevano come schiavi liberti in alcuni territori della Somalia e tra gli ascari arabi. Assai ampia fu pure la raccolta di materiale etnografico finalizzato allo scopo di rappresentare il più esattamente possibile la civiltà somala e, nello stesso tempo, i vari aspetti che uno stesso oggetto assumeva nei diversi gruppi tra i quali Puccioni ebbe occasione di passare. Alla collezione etnografica si aggiunse pure una serie di 275 oggetti litici, in gran parte selci lavorate dall’uomo raccolte soprattutto sugli altopiani compresi tra Hordio ed Elil e tra la valle del Nogal e quella del Darror.
Tutto questo materiale avrebbe comportato un lungo lavoro di elaborazione, anticipato da qualche contributo specifico e settoriale, che si concretizzò in una serie di volumi pubblicati, per le difficoltà di trovare un editore, solo tra il 1931 e il 1938 da Nicola Zanichelli per conto della Società geografica italiana, nei quali trovarono finalmente una sistemazione organica sia i risultati della spedizione Stefanini-Paoli del 1913 sia quelli della spedizione Stefanini-Puccioni del 1924. Nei due volumi di sua competenza (Antropologia e etnografia delle genti della Somalia, Milano 1931 e 1936) Puccioni affrontò il problema del tipo somalo, da lui caratterizzato come un individuo di alta statura, senza eccessiva lunghezza degli arti e in particolare di quelli inferiori, con testa dolicocefala e faccia e naso decisamente lunghi, dimostrando, in base a una minuziosa analisi degli indici di correlazione, come esso si differenziasse da tutte le altre popolazioni etiopiche fino ad allora antropologicamente note.
Queste ipotesi sarebbero state poi sottoposte a ulteriore verifica e discussione negli anni successivi, in base ad altre indagini svolte da Puccioni in occasione della missione antropologico-etnografica promossa, nei primi mesi del 1935, dall’Accademia d’Italia presso le popolazioni del basso Giuba e dei territori limitrofi, per osservare in particolare i gruppi di agricoltori di etnia bantu. Assieme a Paolo Graziosi, partì da Mogadiscio verso nord fino a Berdale, attraverso i centri di Afgoi, Uanle Uen, Bur Acaba, Iscia Baidoa, per discendere poi a Bardera attraverso Dinsor e proseguire, seguendo quasi costantemente il corso del Giuba, fino alla costa a Chisimaio, toccando Dugiuma, Gelib, Giumbo e Gobouin. Spintosi successivamente nell’Oltregiuba, fino ad Amfadù, sarebbe ritornato alla fine a Mogadiscio attraverso Margherita, Brava e Merca.
Oltre ai materiali e alle osservazioni di carattere etnologico, etnografico e paletnologico, Puccioni ricavò da questa nuova esperienza 275 schede antropologiche corredate anche in questo caso da un’ampia documentazione fotografica, relativa a popolazioni ancora antropologicamente ignote o poco note, arricchendo così le sue precedenti ricerche e confermando con ulteriori precisazioni ipotesi da lui già formulate e che tornò a ribadire nei suoi ultimi contributi scientifici, nei quali appare sempre più evidente ed esplicito l’auspicio che la sua attività di ricerca potesse risultare utile alle finalità perseguite in terra di colonia dal regime fascista.
Le sue spedizioni nei territori delle colonie italiane (che fra il 1928 e il 1929 lo portarono anche a guidare, per incarico del governo della Cirenaica, una missione antropologica ed etnografica in quel territorio durante la quale eseguì indagini antropometriche su circa 1000 individui) si intrecciarono con la sua attività accademica a partire da quando l’Università di Pavia gli affidò per incarico l’insegnamento di antropologia e anatomia umana per l’a.a. 1925-26, di antropologia, etnografia e paletnologia per gli a.a. 1926-27 e 1927-28 e di antropologia per l’a.a. 1928-29, prima di essere chiamato nel 1929 dall’Istituto superiore di scienze politiche e sociali Cesare Alfieri di Firenze a tenere per incarico, che di anno in anno gli venne confermato fino alla sua morte, l’insegnamento di geografia ed etnografia delle colonie e quello di illustrazione monografica delle colonie italiane. Nel 1931 subentrò ad Aldobrandino Mochi nell’insegnamento di antropologia, etnologia e paletnologia all’Università di Firenze e anche nella direzione del Museo nazionale di antropologia e etnologia di Firenze. Vanno ricordati pure i suoi interessi di natura letteraria e narrativa sviluppati già in età giovanile quando partecipò ai movimenti letterari presenti in Toscana all’inizio del Novecento, dove fu tra i fondatori della rivista Hermes.
Fu membro di numerose associazioni scientifiche e di commissioni permanenti italiane e straniere dedicate allo sviluppo degli studi antropologici e coloniali. In particolare rivestì il ruolo di segretario generale ai tre congressi coloniali italiani che si svolsero tra il 1931 e il 1937, ottenendo per questo, nel 1934, la commenda dell’Ordine coloniale della Stella d’Italia e nel 1937 la nomina a membro ordinario e permanente dell’Istituto coloniale fascista. Dal 1935 detenne la carica di vicepresidente della Società italiana di antropologia ed etnologia.
Morì a Firenze il 31 maggio 1937 (Firenze, Archivio storico del Comune).
Opere. Per la bibliografia degli scritti di Puccioni rimandiamo a Surdich, 1992, pp. 137-139, limitandoci a ricordare i suoi saggi di sintesi: Africa Nord-Orientale e Arabia. Indagine antropometrica sulla posizione sistematica degli Etiopici, Pavia 1929; Antropologia e etnografia delle genti della Somalia, I, Antropometria, Bologna 1931, II, Etnografia e paletnologia, Bologna 1936; Antropometria delle genti della Cirenaica, I-II, Firenze 1934; Missione antropologico-etnografica nell’Oltregiuba, Roma 1936; Le popolazioni indigene della Somalia italiana, Bologna 1937; Giuba e Oltregiuba. Itinerari della missione della R. Accademia d’Italia, Firenze 1937.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico della Società geografica italiana; Archivio storico dell’Università degli studi di Pavia, Fascicoli docenti, ad vocem; F. Capetta - S. Piccolo, Archivio storico dell’Università degli studi di Firenze, 1860-1960. Guida e inventario, Firenze 2004, ad indicem. Nel 1937 apparvero diversi necrologi e commemorazioni, di cui ricordiamo le più ricche di informazioni: Commemorazione di N. P., in Archivio per l’antropologia e l’etnologia, 1937, vol. 67, pp. 7-25, contenente il testo degli interventi effettuati nella cerimonia svoltasi nell’aula magna dell’Università di Firenze; G. Vedovato, Una vita operosa: N. P., Firenze 1937.
C. Massari, Relazione sui risultati etnologici della Spedizione Puccioni e Graziosi nel Giuba e Oltregiuba, in Archivio per l’antropologia e l’etnologia, 1947-1949, voll. 77-79, pp. 129-156; E. Pardini, Le missioni antropologiche fiorentine in Somalia, ibid., CXVIII (1988), pp. 283-290; S. Ciruzzi, Le collezioni etnografiche somale del Museo nazionale di antropologia e etnologia di Firenze, ibid., pp. 291-296; F. Surdich, La spedizione Stefanini-Puccioni in Somalia (1924), in Bollettino della Società geografica italiana, s. 9, IX (1992), pp. 125-140; Il Museo di Storia naturale dell’università degli studi di Firenze, V, Le collezioni antropologiche ed etnologiche, a cura di J. Moggi Cecchi - R. Stanyon, Firenze 2014, ad ind. (in partic. M. Landi - J. Moggi Cecchi, L’antropologia coloniale: «dai popoli del mondo all’uomo del fascismo». Nello Puccioni, Lidio Cipriani, pp. 23-32).