NEFROPATIA
. Termine generico per indicare qualsiasi condizione morbosa dei reni, tanto di natura chirurgica (n. monolaterali) quanto di natura medica (n. bilaterali). Nel campo della patologia medica il termine di n. è preferibile a quello di nefrite (v., XXIV, p. 498) perché prescinde dalla interpretazione anatomoclinica e eziopatogenetica delle singole forme.
Le nefropatie mediche. - Nella loro trattazione verrà seguita la classificazione proposta da G. Monasterio e A. Giampalmo, con i perfezionamenti ad essa apportati recentemente da G. Monasterio.
In base al criterio morfologico elementare della localizzazione elettiva della lesione nei glomeruli, nei tubuli, nell'interstizio e nei vasi del rene, le n. mediche vengono classificate in quattro grandi gruppi, rispettivamente in: n. glomerulari, n. tubulari, n. interstiziali e n. vascolari. Tale distinzione è stata resa possibile sul piano clinico grazie ai progressi conseguiti dalle nostre conoscenze sulla fisiologia del rene, che hanno fatto luce sulle funzioni dei varî tratti del nefrone, e dalle metodologie atte ad esaminarle; onde oggi è possibile, in genere, correlare soddisfacentemente i reperti funzionali con le alterazioni morfologiche del rene.
Le n. glomerulari, che sono le più comuni, vengono distinte, in base alla natura del processo morboso che colpisce i glomeruli (infiammatoria o degenerativa) ed alla sintomatologia clinica, in glomerulonefriti e glomerulonefrosi. Le glomerulonefriti sono caratterizzate dalla localizzazione delle lesioni, di schietta natura infiammatoria, nei corpuscoli renali. In base ad un criterio etiologico, sono state distinte, a loro volta, in postinfettive ed intrainfettive.
Le prime sono dovute a streptococchi emolitici del gruppo A, con un meccanismo allergico che le rende autonome dal processo morboso che le ha precedute e conferisce loro tutti i caratteri di una malattia idiopatica (esse sono precedute in genere, 1-3 settimane prima, da una tonsillite); onde la glomerulonefrite postanginosa o senza alcun precedente morboso accertabile può essere denominata glomerulonefrite idiopatica.
Le glomerulonefriti intrainfettive sono in genere la complicanza di una altra malattia (verosimilmente per l'azione diretta dei microrganismi patogeni o delle loro tossine), di cui seguono di regola il decorso. Le lesioni anatomiche elementari della glomerulonefrite sono rappresentate dalla dilatazione dei capillari glomerulari, con microressi ed emorragia endocapsulare (glomerulonefriti di tipo prevalentemente emorragico) o dalla essudazione sierosa e leucocitaria nello spazio capsulare, con intasamento sierofibrinoso e leucocitario (glomerulonefriti di tipo prevalentemente essudativo), essendo in ogni caso rilevabile, e talora prevalentemente, rigonfiamento e proliferazione degli endotelî e delle cellule pericitarie, nonché rigonfiamento più o meno intenso delle membrane basali. Tali alterazioni (specie quelle di tipo emorragico) possono risolvere completamente o evolvere, invece, nella sclerosi e ialinosi parziale o totale dei glomeruli.
In base ad un criterio istofunzionale, le glomerulonefriti vengono distinte in parcellari e diffuse, essendo presenti in queste ultime i segni dell'insufficienza renale (fondamentalmente l'iperazotemia, per la riduzione della filtrazione glomerulare ad oltre i 2/3 del valore normale). Ma, nell'assenza di una stretta correlazione fra parcellarità o diffusione delle lesioni glomerulari ed entità del danno funzionale, è meno impegnativa la distinzione semplicemente semeiologica delle glomerulonefriti in forme lievi, di media gravità e gravi, queste ultime con i segni dell'insufficienza renale.
In base ad un criterio strettamente cronologico, le glomerulonefriti vengono distinte in: acute (nei primi 3 mesi), subacute (fra il 3° ed il 12° mese) e croniche (a partire dal 12° mese), essendo, peraltro, preferibile in molti casi denominarle "glomerulonefriti protratte", precisando, se è possibile, la durata e l'entità del danno funzionale, le forme non guarite dopo tre mesi dal loro esordio, per evitare equivoci, in rapporto soprattutto alla loro prognosi. Va poi osservato che in non pochi casi il loro esordio è inapparente ed esse appaiono croniche fin dall'inizio.
Le glomerulonefriti acute postinfettive - che hanno di regola autonomia e dignità nosografica - esordiscono per lo più con febbre, peraltro modesta e senza caratteri particolari, con ematuria, proteinuria e cilindruria; nelle forme lievi sono rilevabili solo i sintomi urinarî o anche la diminuzione, peraltro modesta, del filtrato glomerulare; nelle forme gravi, invece (cosiddette "diffuse"), sono presenti l'edema, particolarmente periorbitario ed al volto, l'ipertensione arteriosa, in genere modesta, e sovente una compromissione funzionale del cuore; i varî sintomi urinarî (oliguria, proteinuria e cilindruria) e i sintomi ematochimici (fondamentalmente l'iperazotemia), essendo i varî indici funzionali più o meno fortemente ridotti, in particolare il filtrato glomerulare.
Le glomerulonefriti, sia lievi sia gravi, nella maggioranza dei casi si risolvono entro un periodo vario di tempo, fino alla guarigione completa. La risoluzione, peraltro, può mancare, e la malattia può avere un esito infausto già nella fase acuta (in questa la morte si ha nel 5% dei casi per insufficienza cardiaca o per insufficienza renale); essa può essere solo parziale e la nefropatia può protrarsi per mesi o per anni, cronicizzandosi e con una sintomatologia di entità quanto mai varia, a seconda della gravità delle alterazioni isto-funzionali del rene. La glomerulonefrite cronica, se lieve, può essere compatibile con una sopravvivenza anche normale, mentre se grave fa capo progressivamente, anche dopo molti anni dal suo esordio, all'exitus per uremia o per insufficienza cardiaca.
Le glomerulonefrosi sono caratterizzate da alterazioni degenerative varie dei capillari glomerulari, che li rendono abnormemente permeabili alle proteine plasmatiche; onde compare una proteinuria più o meno intensa e si instaura la sindrome nefrosica. In rapporto alla loro etiologia, esse vengono distinte in: glomerulonefrosi idiopatica (la cosiddetta "nefrosi genuina" o "nefrosi lipoidea" e il "tipo 2 di nefrite" secondo Ellis e collab.); glomerulonefrosi paranefritica (il "tipo nefrosico" o "albuminurico-edematoso" della glomerulonefrite); glomerulonefrosi tossiche e tossi-infettive; glomerulonefrosi diabetica; glomerulonefrosi amiloidea; glomerulonefrosi gravidica e glomerulonefrosi da trombosi della vena renale.
Le alterazioni morfologiche del rene possono essere le più varie, ma la sindrome nefrosica che caratterizza semeiologicamente queste nefropatie, è dovuta alle lesioni glomerulari in esse presenti, che determinano una porosità abnorme della parete dei capillari glomerulari, onde possono passare quantità anche cospicue di proteine plasmatiche (particolarmente di sieroalbumine, il cui peso molecolare è minore) nella preurina e di lipidi ad esse legati, che in parte vengono riassorbite dall'epitelio tubulare, in cui determinano le caratteristiche alterazioni (nefrotesaurosi lipidica e protidica).
La sintomatologia, il decorso e la prognosi delle diverse glomerulonefrosi sono quanto mai varî, in rapporto all'entità delle alterazioni glomerulari ed alla loro evoluzione, sì che la sindrome nefrosica può anche mancare o può poi dileguarsi per assumere in alcuni casi la nefropatia i carotteri di una glomerulonefrite cronica con iperazotemia ed ipertensione arteriosa (in seguito all'instaurarsi di una nefrosclerosi).
Hanno particolare interesse, anche per la loro maggiore frequenza, la glomerulonefrosi idiopatica e la glomerulonefrosi paranefritica, che, secondo l'opinione corrente, hanno una uguale etio-patogenesi, essendo la distinzione giustificabile solo dal fatto che nella prima non è rilevabile la presenza di alcuna condizione morbosa cui essa possa essere attribuita, mentre nella seconda la sindrome nefrosica compare nel corso di una glomerulonefrite, precocemente o tardivamente (donde il nome di glomerulonefrosi paranefritica). In entrambe, sebbene con frequenza e ritmo diversi, la sindrome nefrosica può fare capo all'insufficienza renale.
Le nefropatie tubulari sono caratterizzate dal fatto che in esse è compromessa elettivamente la parte tubulare del nefrone (e in alcuni casi anche i dotti collettori e papillari) per un processo displastico o degenerativo o precipuamente ostruttivo. Vengono distinte in tubulopatie congenite e in tubulonefrosi.
Le tubulopatie congenite comprendono forme diverse per substrato morfologico e per sintomatologia, essendo variamente compromessa la funzione tubulare ed essendo talora alterata una singola funzione del nefrone. Sogliono osservarsi in più membri della stessa famiglia, venendo ereditate con modalità chiarite per alcune di esse. Comprendono: il rene policistico (o tubulodisplasia policistica), che per la gravità delle alterazioni determinate dalle cisti sul parenchima renale fa capo nella maggioranza dei casi all'uremia; il diabete renale (o tubulodisplasia glicosurica, secondo Monasterio e collab.), il diabete insipido renale congenito, l'acidosi renale idiopatica (o anacidogenesi renale), il rachitismo renale idiopatico, la sindrome di De Toni-Debré-Fanconi e la cistinuria idiopatica.
Le tubulonefrosi sono delle tubulopatie acquisite, la massima parte delle quali hanno un andamento acuto, che culmina rapidamente nell'insufficienza renale. Possono essere dovute ai fattori etiologici i più diversi, ma più spesso all'ipossia acuta del parenchima renale, che può stabilirsi con meccanismi varî (insufficienza cardiaca, collasso circolatorio, emoconcentrazione, ecc.) o all'azione tossica di sostanze introdotte nell'organismo o generatesi in esso o all'azione di microorganismi patogeni. Alcune di esse, come le tubulonefrosi che si osservano nella sindrome da schiacciamento, hanno una patogenesi complessa: ischemica, tossica e ostruttiva.
Le tubulonefrosi sono state distinte in 6 forme diverse: tubulonefrosi osmotica, tubulonefrosi da perdita di potassio, tubulonefrosi tossiche e tossi-infettive, tubulonefrosi da ipossia acuta, tubulonefrosi tesaurosiche e tubulonefrosi ostruttive.
La prognosi di queste nefropatie è in genere severa, dato che in molti casi neppure l'applicazione dei metodi più moderni di terapia della sindrome uremica permette la sopravvivenza del malato fino ad aversi la regressione delle lesioni tubulari.
Le nefropatie interstiziali sono caratterizzate dalla localizzazione fondamentale del processo morboso (infiammatorio o no) nell'interstizio del rene (attorno ai vasi, ai nefroni ed ai loro condotti escretori) con compromissione contemporanea o secondaria del parenchima renale. In base alla natura del processo morboso che le determina, vengono distinte in: infiammatorie (o nefriti interstiziali) e non infiammatorie. Queste ultime, di scarso interesse come entità morbose autonome, sono la conseguenza dell'infiltrazione renale da parte di elementi cellulari di varia natura nel corso delle diverse emoblastosi.
Le nefriti interstiziali possono essere dovute ai germi più diversi e rappresentano la complicanza di altri processi morbosi: generali o delle vie urinarie, donde sogliono diffondersi all'interstizio dei reni per via ascendente; di qui la distinzione patogenetica in: discendenti ed ascendenti e, in base ai caratteri morfologici del processo infiammatorio, in: suppurative, che possono essere ematogene o no, ma in genere sono secondarie a processi infettivi da piogeni delle vie urinarie (la maggior parte delle pielonefriti appartiene ad esse); non suppurative, di regola ematogene e secondarie a processi infettivi generali o localizzati non suppurativi (scarlattina, difterite, tifo, ecc.); granulomatose, di cui paradigmatica è la nefrite tubercolare (o tubercolosi renale).
D'importanza fondamentale nella patogenesi delle nefriti interstiziali ascendenti (che sono delle pielonefriti) sono quelle condizioni fisiologiche (gravidanza) o morbose (stenosi uretrale intrinseca od estrinseca, stenosi ureterale, urolitiasi, ecc.) capaci di ostacolare il flusso dell'urina. Il che va tenuto presente per la loro cura. Le nefriti interstiziali sembrano essere più frequenti di quanto non appaia dalla loro sintomatologia; secondo alcune statistiche di anatomo-patologi, esse risulterebbero, infatti, le nefropatie più comuni. Esse possono avere un decorso acuto, subacuto e cronico e, se bilaterali e diffuse, possono compromettere gravemente la funzione del rene fino a determinare la comparsa della sindrome uremica. Il processo infiammatorio che le determina, a differenza di quello responsabile della glomerulonefrite idiopatica, è in genere sensibile ai varî farmaci antibatterici; onde tali forme, se curate tempestivamente e razionalmente, sono suscettibili di una guarigione anche completa. Quando il processo morboso sia bilaterale ed abbia fatto capo alla nefrosclerosi, l'insufficienza renale che ne consegue è irreversibile, come nelle glomerulonefriti.
Le nefropatie vascolari sono riconducibili fondamentalmente ad un disturbo della circolazione del rene: per lo più di quella arteriosa, ma talora della circolazione venosa. In base alla natura organica o solo funzionale delle alterazioni che compromettono la circolazione del rene, esse vengono distinte in nefroangiopatie organiche e nefropatie ischemiche funzionali.
Le nefroangiopatie organiche, ad eccezione dell'infarcimento emorragico del rene, sono caratterizzate fondamentalmente dalla loro patogenesi ischemica angiopatica, in seguito ad un processo sclerotico (nefroangiosclerosi) o infiammatorio (le nefroangioiti) delle arterie renali, specie delle loro diramazioni più sottili (arteriole). Il danno funzionale del parenchima renale, dovuto all'ischemia, può essere di varia entità e fare capo all'insufficienza renale. Nel "tipo maligno" della nefroangiosclerosi, o nefroangiosclerosi maligna, le alterazioni isto-funzionali del rene sono particolarmente gravi, caratterizzate come esse sono dalla necrosi fibrinoide delle arteriole renali; esse hanno in genere una evoluzione subacuta e possono evolvere rapidamente verso l'uremia nella cornice sintomatica dell'ipertensione maligna.
Le nefroangiopatie organiche comprendono, oltre alla nefroangiosclerosi ed alle nefroangioiti (localizzazione renale di varie arteriti, come la panarterite nodosa, la tromboangioite obliterante, ecc.), gli infarti renali, a loro volta distinti in: infarto renale ischemico (da embolia o trombosi dell'arteria renale o dei suoi rami), necrosi corticale bilaterale (dovuta alla confluenza di tanti piccoli infarti nella corticale dei due reni, stabilitisi con un meccanismo ancora oscuro) e infarcimento emorragico del rene, dovuto a trombosi della vena renale o a trombosi venose multiple intramurali.
Le nefropatie ischemiche funzionali sono dovute unicamente ad un meccanismo funzionale che determina la diminuzione più o meno cospicua dell'apporio di sangue al rene (collasso circolatorio da vasoparalisi, da emorragia acuta, ecc.) ed in alcune di esse ne compromette anche il deflusso (ad esempio nello scompenso cronico congestizio); onde la funzione renale è compromessa in misura varia, ma in maniera reversibile. Esse possono essere acute e croniche e si manifestano clinicamente con la diminuzione della diuresi fino all'anuria, che può determinare (col concorso sovente di una esaltata proteolisi tessutale) una iperazotemia, denominata extrarenale. Peraltro, l'ischemia renale, se cospicua e protratta, può determinare la comparsa di alterazioni organiche del rene, che rientrano nella cornice anatomo-clinica delle tubulonefrosi da ipossia acuta (v. anche urinario, apparato, in questa App.).