STRAMPELLI, Nazareno
Nacque a Castelraimondo, in provincia di Macerata, il 29 maggio 1866, figlio di Francesco, possidente terriero, e di Luigia Ottaviani, casalinga.
Sposò Carlotta Parisani (1868-1926), donna intelligente e operosa, che coadiuvò tra l’altro la sua attività professionale, come assistente, ma scomparve prematuramente; era figlia del conte camerinese Giuseppe Parisani e della principessa Emilia Gabrielli, la quale era nipote di Luciano Bonaparte (1775-1840), fratello di Napoleone.
Strampelli studiò alla Reale Scuola superiore agraria di Portici, laureandosi poi in scienze agrarie a Pisa. Divenne assistente di chimica all’Università di Camerino (1891), poi di fisica (1895). Frattanto, fu chiamato a dirigere il laboratorio chimico delle miniere dell’Argentario (1893-94). Dopo una parentesi a Reggio Calabria (1902), passò alla cattedra di granicoltura di Rieti (1903), già cattedra ambulante di Poggio Mirteto (1897), poi stazione sperimentale di granicoltura (1906-19). In quegli anni si ebbe l’avvento della genetica mendeliana; Strampelli, accantonando l’interesse per le ricerche chimiche e fisiche, concentrò la propria attenzione sull’ibridazione del frumento, a cui si era comunque già dedicato sin dalla fine dell’Ottocento. A Rieti, tramite i nuovi principi della genetica, egli produsse e brevettò i suoi primi grani di successo (come il Carlotta Strampelli, il Gregorio Mendel, l’Ardito).
Lo Stato post-unitario stava cercando di rilanciare l’agricoltura; nei decenni a cavallo fra Otto e Novecento, la ricerca agraria nazionale si mosse su più fronti di innovazione, concentrandosi in particolare sulla concimazione chimica e sulla sperimentazione genetica. A ciò si aggiunse nel corso del tempo anche la meccanizzazione del comparto agricolo. La parabola professionale di Strampelli, analogamente a quella di molti suoi colleghi, mostrò appieno l’impegno scientifico e civile, oltre che culturale, degli agronomi italiani. Fra le emergenze agro-alimentari del Paese, urgente era la questione del pane (cfr. per es. G. Lopriore, Il pane quotidiano, Modena 1915; G. Tallarico, Grano e pane, Roma 1933), che spinse a migliorare le conoscenze sulle farine, sui lieviti, sui metodi di lavorazione e conservazione dei prodotti. Si incentivò dunque il miglioramento colturale e la diversificazione genetica del frumento sul territorio nazionale, promuovendone la diffusione anche attraverso campagne informative e mezzi di propaganda agricola. Occorreva arginare la forte dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento granario, soprattutto da Stati Uniti d’America e Russia.
Nell’immediato primo dopoguerra, con l’appoggio del senatore Raffaele Cappelli (1848-1921), all’epoca direttore dell’Istituto internazionale di agricoltura di Roma, Strampelli si prodigò per la costituzione di un Istituto nazionale di genetica per la cerealicoltura, che vide la luce nel 1919. Fu il primo ente pubblico italiano che esibiva la parola ‘genetica’ nella propria denominazione, la cui direzione venne affidata a Strampelli, che la mantenne per tutta la vita. In realtà, questi avrebbe voluto un ente istituzionale di genetica vegetale a vocazione più ampia e generale, nell’ambito della botanica agraria, per rinnovare tramite l’approccio scientifico del mendelismo anche culture diverse da quella frumentaria, ma dovette accontentarsi.
Fra i documenti del suo archivio personale relativi al progetto dell’ente, si legge che lo scopo «deve essere essenzialmente pratico e cioè quello della ricerca e creazione di nuove varietà delle principali piante coltivate, che, meglio di quelle sino ad ora esistenti, sappiano resistere ai parassiti crittogamici ed alle avversità meteoriche e diano produzioni maggiormente elevate e qualità di prodotti più rispondenti alle esigenze dei consumatori» (in Lorenzetti, 2000, pp. 69-70).
Negli anni Venti e Trenta l’Istituto, con sede a Roma, si sviluppò in una organizzazione a rete. Strampelli volle estendere in maniera capillare gli studi sul grano fino ad abbracciare l’intero territorio nazionale, assai variegato, per far crescere e saggiare i suoi ibridi nei diversi contesti agro-ecologici. Nel corso degli anni, l’Istituto acquisì poderi e terreni per un totale di oltre duemila ettari, mediante affitto, acquisto diretto, esproprio per motivi di pubblica utilità e donazione di privati; stabilì anche convenzioni e collaborazioni con enti e strutture già esistenti, di settore pubblico o privato. Le stazioni e i campi sperimentali coinvolti nella rete compresero, in ordine temporale, le seguenti città: Roma, Rieti, Foggia, Cagliari, Sant’Angelo Lodigiano (LO), Badia Polesine (RO), Montagnana (PD), Urbino, Forlì, ecc. In ogni sede, a seconda di latitudine, altitudine, distanza dal mare ecc., Strampelli svolse saggi e sperimentazioni sulla quantità e la qualità dell’attecchimento colturale. La sua attività non si limitò al miglioramento genetico sul campo, a livello tecnico e scientifico, giacché egli si preoccupò al contempo della corretta diffusione dei frumenti immessi sul mercato, occupandosi del coordinamento e della gestione del prodotto, mediante la promozione di strutture di consulenza agricola, certificazione e distribuzione delle sementi.
L’idea dei consorzi sementieri non era nuova in Italia (fra le prime organizzazioni, si ricorda per es. la Società bolognese produttori sementi fondata nel 1911); tuttavia, attraverso l’azione esercitata dall’Istituto, la pratica fu rinnovata e standardizzata, anche a livello legislativo: alcuni decreti e incentivi promossero la nascita di enti territoriali per la produzione e distribuzione di sementi elette. Strampelli divenne in qualche modo la figura-chiave della battaglia del grano propagandata dal fascismo, ma la sua ascesa professionale era iniziata da tempo, già sotto i governi giolittiani; con l’avvento del regime fascista, si trovò a essere in qualche modo l’uomo giusto nel momento giusto. La sua esperienza scientifica era in effetti indipendente dalle finalità politiche cui era ora applicata. Attraverso il variegato impianto scientifico, tecnologico e istituzionale che aveva creato, Strampelli riuscì a produrre e a certificare i cosiddetti ‘grani della vittoria’, i quali, storicamente, sono divenuti il simbolo del suo successo professionale, in ambito non solo nazionale. Infatti, anche all’estero furono fondate strutture per lavorare al miglioramento genetico del grano tramite i suoi metodi, come il Campo esperimental de acliatatiòn de las semillas inedita di Olivos, in Argentina, a lui intitolato dopo la morte; altrettanto si diffusero le varietà da lui brevettate (nella sua carriera se ne contarono oltre cinquanta); e, nonostante la successiva green revolution avviata da Norman Ernest Borlaug in Messico, negli anni Cinquanta e Sessanta, sotto l’egida della Rockefeller Foundation e del CIMMYT (Centro Internacional de Mejoramento de Maiz y Trigo), si ritiene che ancora oggi sia possibile trovare varietà Strampelli nella genealogia di molti grani coltivati nel mondo, almeno a livello di materiale parentale. E proprio perché le cultivar di Strampelli furono ampiamente esportate all’estero (in Russia, Jugoslavia, Francia, Spagna, Portogallo, Messico, Cile, Argentina, ecc.) a partire almeno dal 1924 e fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, diversi autori, sia italiani (per citarne solo alcuni, C. Maliani - A. Bianchi, N. Strampelli: a forerunner in green revolution, in Genetica agraria, XXXIII (1979), pp. 1-243; A. Bianchi, N. Strampelli: weat breeder extraordinary and father of Italy's ‘green revolution’, in Diversity, XI (1995), pp. 135‑136; R. Lorenzetti, Strampelli: la rivoluzione verde, Roma 2012) che stranieri (per es. Calvin F. Konzak, Anthony J. Worland ecc.) rivendicano l’idea che Strampelli abbia operato la prima ‘rivoluzione verde’.
L’attività di ricerca di Strampelli è stata spasmodica, ma relativamente poco documentata da parte dello studioso. Egli stesso ne ha spiegato le ragioni: «Se avessi voluto pubblicare tutto ciò che di interessante, anche dal solo punto di vista teoretico, mi si è presentato nel corso dei miei lavori e delle mie esperienze, su tutti gli argomenti e problemi di cui mi sono occupato, avrei certo accumulato una letteratura copiosissima, e oso dire anche interessante [...], ma il tempo a me è mancato di fare tante cose che pure avrei desiderato veder compiute. [...] Le mie pubblicazioni, quelle cui tengo veramente, sono i miei grani: [...] a essi è e resta affidata la modesta opera mia, svolta nell’interesse della granicoltura del mio Paese» (Istituto Naz. di Genetica per la Cerealicoltura: origini, sviluppi, lavori e risultati, Roma 1932; in Lorenzetti, 2000, p. 189). Nondimeno, nel periodo 1896-1941 Strampelli ha pubblicato circa una cinquantina di lavori scientifici, fra articoli su rivista, contributi in atti di convegno, rendiconti, manuali e monografie. Altre informazioni sulle sue sperimentazioni e ricerche si possono ricavare dalle pubblicazioni di suoi colleghi e discepoli.
Fondamentale nella sua professione è stato l’incontro, nei primi anni del Novecento, con le ‘leggi dell’ibridismo’, di cui venne a conoscenza attraverso pubblicazioni – pioneristiche nella nostra nazione – del patologo vegetale Giuseppe Cuboni (1852-1920), che si fece ‘banditore’ di Mendel in Italia a partire almeno dal 1903 (G. Cuboni, Le leggi dell’ibridismo secondo i recenti studi, in Bollettino della Società degli agricoltori italiani, V (1903), pp. 1-7). Il primo incrocio di frumento Strampelli lo aveva realizzato già intorno al 1900, a Camerino, tra grano Rieti originario e Noè, facendolo con metodo intuitivo tradizionale. Passato a Rieti, fra il 1903 e il 1905 cominciò a lavorare in maniera più spedita e disciplinata, guidato dai ‘rivoluzionari’ principi del mendelismo, che sembravano spazzare via il caso dalla trasmissione ereditaria dei caratteri, cioè l’apparente arbitrio o ‘capriccio’ della natura. Strampelli è stato fra i primi in Italia a utilizzare il mendelismo nella pratica sperimentale, come Cuboni stesso in quegli anni attestò subito (G. Cuboni, Le esperienze di granicoltura a Rieti, in Bollettino della Società degli agricoltori italiani, X (1905), pp. 1-12).
Il suo metodo di lavoro ribaltò l’approccio seguito da altri agronomi coevi come Napoleone Passerini (1862-1951) o Francesco Todaro (1864-1950).
Anziché attendere le variazioni casuali favorevoli nella genealogia di una cultivar, Strampelli isolava variazioni mirate in cultivar, varietà e persino specie differenti, per creare ibridi che possedessero i caratteri desiderati. Le leggi di Mendel, in tale prospettiva, erano una guida negli incroci per scomporre i caratteri e ricomporli, in diverse combinazioni, e per cercare di stabilizzare i risultati ottenuti.
L’Ardito, per esempio, grano di grande successo, con areale versatile, commercializzato a partire dal 1920, derivò dalla re-ibridazione di una varietà giapponese a maturazione precoce, l’Akagomuchi, con l’ibrido ottenuto incrociando il Rieti con il Wilhelmina; il Terminillo, adatto a territori freddi e montuosi, fu ottenuto incrociando un ibrido del Rieti con una varietà di segale invernale; e così via. Strampelli realizzò centinaia di incroci, adoperando talvolta anche avena, Aegilops e persino mais, combinando fra loro innumerevoli caratteri. Nel corso del suo lavoro, egli prestò attenzione a tre importanti aspetti relativi alla coltivazione del grano: la ruggine, per cui mise a punto varietà resistenti agli agenti fungini che ne sono la causa; l’allettamento, per il quale puntò a una riduzione dell’altezza del fusto; e la cosiddetta ‘stretta’ dovuta alla siccità o semplicemente all'aumento della calura nel periodo finale di maturazione delle messi, per cui anticipò in parte il riempimento delle cariossidi.
Da un punto di vista storico e teorico, vi sono almeno tre elementi da rimarcare riguardo all’attività di sperimentazione e ricerca svolta da Strampelli. In primo luogo, egli individuò e studiò diversi tratti fenotipici che ‘non mendeleggiano’, apportando anche modifiche e integrazioni ai principali caratteri dominanti e recessivi nel frumento stabiliti per es. da Erich von Tschermak (cfr. G. Lopriore, Genetica sperimentale. Saggio di applicazione al miglioramento delle piante agrarie, Torino 1920, pp. 66-67), ma fu sempre convinto che la teoria andasse solo emendata e migliorata, non rigettata. In secondo luogo, la contrapposizione fra selezionatori e ibridatori in campo sperimentale, discussa con lucidità da Strampelli sin dagli inizi della sua carriera (cfr. Alla ricerca e creazione di nuove varietà di frumenti a mezzo dell’ibridazione, Roma 1907) e sulla quale intrattenne una polemica con Todaro tra il 1918 e i primi anni Venti in riviste di settore agrario, riecheggiava il confronto coevo – avviato in sede teorica per es. da William Bateson (1861-1926) in Inghilterra – fra darwinismo e genetica mendeliana, riguardo all’idea che la novità evolutiva si producesse più facilmente mediante piccole variazioni continue all’interno delle specie o attraverso l’ibridazione naturale. In terzo luogo, l’incrocio cosiddetto ‘distante’ da lui praticato poneva l’accento sull’importanza della biodiversità, anticipando alcune istanze di base delle odierne banche del germoplasma.
Strampelli fu socio corrispondente dell'Accademia nazionale dei Lincei (dal 1° agosto 1922) e membro del Comitato permanente del grano. Si dedicò anche alla vita politica. Fu presidente di sezione del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione. Svolse tra l’altro l’incarico di consigliere comunale a Castelraimondo, sua cittadina natale. Il 26 febbraio 1929 fu nominato senatore del Regno. Negli anni successivi, fece parte di varie commissioni: Finanze (1934-39), Economia (1939-40); Agricoltura (1939-42), di cui fu vicepresidente.
Morì a Roma, il 23 gennaio 1942.
Ha avuto due figli, Augusta (1901-91) e Benedetto (1904-87). Quest’ultimo è stato un noto chirurgo oculista del Novecento, primario presso l’ospedale S. Giovanni di Roma, pioniere nel nostro Paese del trapianto di cornea. Nel trattamento della cecità corneale utilizzò, fra i primi, anche protesi artificiali. In gioventù, seguì il padre in Sudamerica nel corso delle sue ricerche di nuove varietà di grano da ibridare; alla sua morte ne scrisse una biografia professionale.
B. Strampelli, N. S. come pioniere e scienziato nel campo genetico. Priorità scientifiche e tecnica eseguita nelle sue ricerche genetiche, Roma 1944; G. T. Scarascia Mugnozza, Problemi, iniziative, risultati del miglioramento genetico delle principali colture agrarie italiane, in Il miglioramento genetico dei cereali. Celebrazione del 40° anniversario della morte di N. S., Roma 1983, pp. 35-57; R. Lorenzetti, La scienza del grano. N. S. e la granicoltura italiana dal periodo giolittiano al secondo dopoguerra, Roma 2000; A. Volpone, La genetica nei campi di grano, in Id., Gli inizi della genetica in Italia, Bari 2008, pp. 40-51; Donne protagoniste del miglioramento genetico vegetale: Carlotta Parisani Strampelli. Atti del Convegno di Studi..., Macerata... 2014, Ancona 2017.