BRONZETTI, Narciso
Nacque a Cavalese (Trento) il 5 giugno 1821 da Domenico e Caterina Strasser; ebbe come fratelli Pilade ed Oreste. Il padre, impiegato presso gli uffici giudiziari, si trasferì a Mantova con la famiglia nel 1827. Nel maggio 1840 il B., seguendo l'esempio dello zio paterno Giuseppe, entrò in un reggimento di cacciatori tirolesi, nel quale rimase fino al 1847. Forse l'atmosfera di entusiasmo diffusasi nella penisola in seguito all'elezione di Pio IX lo convinse ad abbandonare la carriera militare nell'esercito austriaco; chiese un congedo illimitato e tornò a Mantova.
Nel 1848, allo scoppio delle ostilità mise a frutto la sua pluriennale esperienza di cose militari organizzando la guardia civica della città. Caduto il governo provvisorio, fu costretto a fuggire e si rifugiò dapprima a Cerese, dove, denunciato da un traditore, non venne catturato solo in virtù di un improvvisato stratagemma, quindi a Suzzara, dove insieme con altri esuli della sua città, tra cui il conte Giovanni Arrivabene, fondò il corpo volontario dei bersaglieri mantovani "Carlo Alberto", al comando del quale il governo piemontese inviò un ufficiale regolare, il tenente A. Longoni. Il 5 aprile il B. venne promosso al grado di furiere maggiore, e il 5 maggio, in seguito alla sua brillante condotta nello scontro di Governolo, sottotenente.
Nel settembre del 1848, dopo l'armistizio di Salasco, il corpo dei volontari mantovani venne sciolto; il B. restò in Piemonte, ben presto raggiunto dal fratello Pilade che, essendo tornato a Mantova dopo la cessazione delle ostilità, era stato quasi subito espulso. Nel marzo 1849 entrambi i fratelli (il B. convalescente da una lunga malattia) si arruolarono nel VI battaglione di bersaglieri comandato da Luciano Manara. Il B. conservò il grado di sottotenente. Dopo Novara i volontari, piuttosto malvistidalgovemo piemontese, furono mandati a Chiavari; venne fatta loro seguire una strada talmente accidentata e disagevole che essi furono costretti ad abbandonare lungo il percorso rartiglieria: estremamente insoddisfatti della situazione, accettarono quasi tutti la proposta del Manara di imbarcarsi per la Toscana o per Roma.
Anche il B. ed il fratello si imbarcarono. Lo sbarco, dopo alcuni contrasti col generale Oudinot, avvenne a Porto d'Anzio, da cui i volontari raggiunsero Albano e quindi Roma. Quivi il B. si distinse ripetutamente, dapprima nei pressi di Valmontone in uno scontro con le truppe napoletane (in seguito al suo comportamento venne promosso primo tenente), quindi nella difesa del famoso bastione ottavo, a porta S. Pancrazio. Caduta la Repubblica il B., nel frattempo divenuto capitano, ottenne il passaporto per Grecia, Turchia e America. A bordo di un vapore francese, il "Licurgo", sempre con il fratello Pilade, partì per Malta insieme con altri volontari, ma dall'isola essi vennero respinti e per alcuni mesi non fecero che peregrinare nel Tirreno, sbarcando infine in Corsica. Di qui raggiunsero Genova, da cui il B. ripartì quasi subito per il Piemonte, ove affrontò un periodo di relativa tranquillità, in cui le assillanti preoccupazioni economiche del primo momento vennero a poco a poco risolte, sia con un duro lavoro sia con l'aiuto di altri esuli e patrioti.
Nell'esilio piemontese il B. restò strettamente legato all'ambiente liberale; particolarmente viva la sua amicizia col conte Gabriele Camozzi e con l'impresario Ludovico Chiappara. I rapporti con il resto della famiglia (che continuava a risiedere a Mantova, a eccezione del fratello Oreste che nel 1855 si era trasferito anchegli in Piemonte) erano molto affettuosi, ma alquanto sporadici, ostacolati, oltre tutto, dalla necessità di non compromettere ulteriormente il padre, tuttora impiegato dell'amministrazione austriaca. Solo nel 1857 il padre, finalmente andato in pensione, raggiunse i tre figli per un periodo di alcuni mesi.
Nell'aprile del 1859, allo scoppio della guerra, il B. si arruolò col grado di capitano nel 1º reggimento dei cacciatori delle Alpi; si distinse nei combattimenti di Varese, di San Fermo e, in modo particolare, nello scontro di Seriate (8 giugno) dove con un centinaio di uomini riuscì a impadronirsi del paese, difeso da milleduecento austriaci. Tale episodio gli valse le lodi di Garibaldi e la promozione a maggiore; gli venne anche affidato il comando del I battaglione.
Il 15 giugno, mentre tentava di guidare i suoi uomini verso la collina di Castenedolo, venne ferito a Treponti. Il giorno successivo venne trasportato a Brescia e ricoverato, in gravissime condizioni, in casa di Basilio Maffezzoli; gli erano vicini f due fratelli, mentre il Ferrari gli portò i saluti e gli auguri affettuosi di Garibaldi e la notizia che gli era stata data la medaglia d'argento al valore per il suo comportamento a Seriate. Morì a Brescia all'indomani, 17 giugno 1859.
Fonti e Bibl.: Trento, Museo del Risorg., N. Bronzetti, Lettera di un bersagliere lombardo ad un'amica (ms.); M. D'Ayala, Vite degl'Italiani, Firenze 1868, pp. 93-101; F. Bertolini, Letture popol. di storia del Risorg. ital., Milano 1895, pp. 348-74; B. Emmert, I fratelli Bronzetti, Trento 1911; L. Beccari-Mattei, I fratelli Bronzetti, Trento 1928; G. Castellini, Eroi garibaldini, Bologna 1911, passim;P.Pedrotti, I fratelli Bronzetti, appendice a Ilprocesso dei fratelli I. e G. Sartena, Trento 1934, pp. 119-312; Id., La difesa di Roma in una lettera di N. B., in Corr. tridentino, 2 sett. 1949; G. Grasso, N. B. l'eroe di Treponti, in Messaggero veneto, 14 luglio 1959; G. L. Masetti Zannini, I fratelli Bronzetti, in Commentari dell'Ateneo di Brescia, CLVIII (1959), pp. 175-215; Diz. del Risorg. naz., II, p. 422; Encicl. Ital., VII, p. 926.