SALVALAGGIO, Nantas
– Primo di sei fratelli, nacque a Venezia nel quartiere di Cannaregio il 17 settembre 1923 da Ernesto e da Dirce Ferron.
Dopo gli studi liceali, Salvalaggio si trasferì a Roma nella primavera del 1945, a pochi mesi dalla liberazione della città, e partecipò del clima di euforia e di illusioni che in campo giornalistico ed editoriale contrassegnò quella irripetibile stagione. Il 16 giugno 1945 esordì con un breve racconto, I pugili, sul periodico satirico Marforio, nella cui sede incontrò Vittorio Metz, Marcello Marchesi, Steno (Stefano Vanzina) e il giovane Federico Fellini. Una provvisoria fase di collaborazioni casuali e desultorie precedette il primo stabile rapporto di Salvalaggio con il quotidiano Espresso, edizione della sera del Tempo di Roma, fondato ancor prima dell’arrivo degli Alleati da Renato Angiolillo.
Su Espresso, che iniziò le pubblicazioni il 21 gennaio 1946, nell’aprile Salvalaggio seguì con partecipe attenzione le vicende dell’attrice Maria Denis, accusata di collaborazionismo e poi scagionata dalle imputazioni formulate a suo carico, e divenne titolare delle rubriche Carte di identità e Deputati di Roma, costituite da una serie di rapidi, maliziosi profili di scrittori e attori e di uomini politici che trovarono posto nella pressoché sconosciuta opera prima di Salvalaggio, sottoscritta dall’autore con il nome ma non con il cognome (Nantas, Onorevoli in pigiama, disegni di Girus, Roma 1947): a prestar fede all’attendibilità di una sua retrospettiva testimonianza (Si tolga dai piedi, in Mi scaglio la prima pietra, Milano 1988, pp. 34-37) fu il sarcastico ‘ritrattino’ di Palmiro Togliatti, datato 4 luglio 1946, a propiziarne la promozione all’edizione del mattino del giornale.
Alla definitiva stabilizzazione dell’identità professionale di Salvalaggio contribuì l’incontro con Leo Longanesi (più tardi ebbe speciale rilievo la frequentazione di Curzio Malaparte, Indro Montanelli e Giuseppe Prezzolini). Grazie a Longanesi già il 1° luglio 1950 cominciò a collaborare al quindicinale Il Borghese con un ironico articolo su Walter Audisio (Una vita non facile) che di Salvalaggio rivelava da subito i tratti più tipici di un profilo intellettuale e psicologico cristallizzatosi poi con il volgere del tempo: l’inclinazione all’esercizio di una critica, spesso irridente, della vita contemporanea non esente da venature qualunquistiche e anticomuniste.
Tuttavia l’approdo a un riconoscibile spazio nel mondo letterario e giornalistico italiano ebbe luogo con il suo ingresso nel settimanale mondadoriano Epoca, fondato, sul modello di Life, il 14 ottobre 1950. Il primo articolo di Salvalaggio (Via Margutta scampato pericolo) reca la data dell’11 novembre successivo e, dal 17 febbraio 1951, egli fece parte della squadra degli inviati speciali del periodico.
Su Epoca il 4 marzo 1956, con il titolo Vacanze italiane per Marilyn, Salvalaggio diede alle stampe il suo articolo più famoso, un’intervista con l’attrice americana Marilyn Monroe, che da lì fino ai suoi anni estremi collocò al centro della propria personale mitografia di uomo e di scrittore, continuando a ripercorrerne retrospettivamente contenuto e antefatti senza una particolare preoccupazione di ‘fedeltà’ testuale e referenziale: così, per esempio, nel taglio metagiornalistico del capitolo introduttivo (La casa, pp. 9-15) di Attenzione, caduta angeli (Vicenza 1995) o di un intero libro (il suo ultimo): Ho amato Marilyn (Casale Monferrato 2006).
Istituzionale, nel lavoro di Salvalaggio, è fin dalle sue prime battute l’oscillazione tra il mestiere del reporter, i cui documenti più risolti riunì, con la prefazione di Giuseppe Prezzolini, in America a passo d’uomo (Milano 1962; premio Marzotto 1963) e una brillante vocazione di narratore attestata dalle sue più remote prove significative: Il vestito di carta (Firenze 1953), Piumino da cipria (Milano 1959), Il baffo (Milano 1961), dedicato «A Giuseppe Prezzolini / scrittore di cose / e non di parole», L’acrobata (Milano 1962).
Frattanto a New York, il 19 luglio 1956, si era unito in matrimonio con Maria Olga Cherry (nata nel 1930), da cui ebbe Marco (nato nel 1959), Laura (1960) e Olivia (1963).
Nell’ottobre del 1962 Salvalaggio giunse al vertice della sua parabola professionale: chiamato da Arnoldo Mondadori alla direzione del nuovo mensile Panorama, destinato ad affiancare Epoca ma con un respiro più ‘internazionale’ e meno condizionato dalla bruciante immediatezza della cronaca, svolse tali funzioni fino al marzo del 1964, quando fu sostituito da Leo Lionni. Importante, dopo l’avventura precocemente interrotta di Panorama, fu la presenza di Salvalaggio sulle pagine del Giorno di Italo Pietra nel corso degli anni Sessanta: senza accedere al rango dei più eminenti tra gli inviati del quotidiano milanese (Bernardo Valli, Giorgio Bocca), in molte corrispondenze poi parzialmente organizzate nel volume La provincia avvelenata (Genova 1969, premio Estense; nuova ed., con qualche taglio e aggiunta, Milano 1981) Salvalaggio narrò con divertita e disincantata curiosità gli usi e i costumi dell’Italia del cosiddetto miracolo economico, non rinunciando a disvelarne i risvolti meno esaltanti e più opachi.
La metabolizzazione di un’esperienza giornalistica maturata nell’arco di un ventennio abbondante non è senza rapporto con l’accentuazione di una predilezione per le tecniche del racconto ‘lungo’ che conseguì i suoi esiti più fortunati nei romanzi Il letto in piazza (Milano 1968), Malpaga (Milano 1972), Il Campiello sommerso (Milano 1974, premio Campione d’Italia 1975), cari a un vasto pubblico di lettori e più volte ristampati anche in edizione economica. Proprio a partire da Malpaga, Alberico Sala, in una recensione apparsa nel Corriere d’informazione del 28-29 marzo 1972, indicò, tra gli autori italiani più consentanei a Salvalaggio, Fabio Tombari, Lorenzo Viani, Giovannino Guareschi («il Guareschi meno politico e più agreste») e, pour cause (ma con una ambientazione lacustre simile e diversa), Piero Chiara.
A fine 1973 Salvalaggio fu assunto quale collaboratore delle testate del gruppo Corriere della sera, principalmente del Corriere d’informazione e della Domenica del Corriere; per il Corriere d’informazione aveva redatto dieci anni prima (rispettivamente il 13-14 e il 14-15 agosto 1963) una biografia in due puntate di Jacqueline Kennedy; il 13 dicembre 1975 vi inaugurò una rubrica di corrispondenza con i lettori, candidandosi a diventare in quello specifico ‘genere’, o sottogenere, giornalistico praticato poi soprattutto sulla Domenica del Corriere, una sorta di opinion leader. Per un singolare paradosso, e contrappasso, a un’altra rubrica, I nostri eroi, del settimanale Oggi è essenzialmente legata la notorietà dell’ultimo Salvalaggio, autore di una celebre stroncatura del cantante Vasco Rossi, pubblicata il 31 dicembre 1980 con il titolo Anche alla TV c’è l’“ero” libera: «Per descriverlo, mi ci vorrebbe la penna di un Grosz, di un Maccari: un bell’ebete, anzi un ebete piuttosto bruttino, malfermo sulle gambe, con gli occhiali fumé dello zombie, dell’alcolizzato, del drogato “fatto”». Vasco Rossi replicò a Salvalaggio con la canzone Vado al massimo: «meglio rischiare che diventare / come quel tale / quel tale che scrive sul giornale».
All’interno della non memorabile produzione narrativa degli anni tardi meritano una rapida segnalazione Rio dei pensieri (Milano 1980), Calle del Tempo (Milano 1984) e, per le scoperte implicazioni autobiografiche liberamente rivissute, Fuga da Venezia (Milano 1986): e su Venezia si ricordino ancora Vangelo veneziano (Milano 1994), ambizioso tentativo di dar forma a un «romanzo religioso, forse delicatamente eretico», e il terminale Un amore a Venezia (Casale Monferrato 2003), in cui è traccia dell’amitié amoureuse intercorsa tra Ernest Hemingway e Adriana Ivancich, entrambi suicidi rispettivamente nel 1961 e nel 1983. Una svelta ricapitolazione del tema Salvalaggio aveva affidato a Signora dell’acqua. Splendori e infamie della Repubblica di Venezia (Milano 1997). Una rilettura con gli strumenti della fiction di fatti grandi e piccoli della cronaca nera Salvalaggio aveva messo in atto, in maniera non troppo convincente, in Delitti senza castigo (Milano 1993).
Più che nella stanca riproposizione di paradigmi narrativi un poco obsoleti, gli elementi di maggiore interesse della fase estrema dell’attività di Nantas Salvalaggio vanno ravvisati nella sempre più pronunciata inclinazione a rielaborare una serie di frammenti di memoria, o di riflessione critica sul giornalismo, in opere di ambiguo statuto (ma di impostazione prevalentemente saggistica) come le già citate raccolte di articoli e ‘moralità’ Mi scaglio la prima pietra e Attenzione, caduta angeli; un’impronta più scopertamente narrativa esibisce Ricco a parole (Milano 1998), che la sovraccoperta designa come «romanzo», mentre il sottotitolo a frontespizio recita Breviario del reporter da giovane.
Morì a Roma il 29 maggio 2009.
Fonti e Bibl.: Non esiste un’organica monografia su Salvalaggio, ma una galassia di recensioni e schede critiche che hanno visto la luce in coincidenza con l’uscita di ciascuno dei suoi romanzi e racconti. Oltre all’articolo citato di Sala, sono di qualche utilità le introduzioni premesse alle edizioni economiche di alcuni libri, fra cui: Malpaga (Milano 1975) di P. Bianchi; Il letto in piazza (Milano 1976) di G. Barbiellini Amidei, che riprende una vecchia recensione dal Corriere della sera dell’11 agosto 1968; Il baffo (Milano 1979) di G. Gramigna; Calle del Tempo (Milano 1986) di G. Amoroso. Nel Corriere della sera del 17 settembre 2003 G.M. Benzing ha celebrato Gli ottant’anni di S., maestro di ironia; i cinquant’anni del Giorno sono stati festeggiati dal quotidiano milanese nel 2006: nella serie I «grandi» del Giorno il 18 giugno sono state dedicate a Salvalaggio due pagine a cura di A. Mangiarotti. Tra i necrologi apparsi il 30 maggio 2009 sono degni di nota quelli che L. Lombardi (S., il signore dell’ironia) e G.L. Rondi (Si prese gioco anche di Angiolillo) hanno pubblicato su Il Tempo e G. Moroni (Il graffio e la carezza. Addio Nantas, con ironia) sul Quotidiano nazionale (il Resto del Carlino - La Nazione - Il Giorno).