MORA (lat. mora; fr. demeure; sp. mora; ted. Verzug; ingl. delay)
La parola "mora" in senso giuridico, come nel linguaggio comune, significa ritardo. Essa si trova usata in disposizioni del codice civile (articoli 1832 e 2090) nel significato di "termine che fa ritardare l'adempimento"; ma il significato giuridico proprio di essa è "ritardo ingiustificato nell'adempimento di un'obbligazione". Si hanno due specie di mora: la mora del debitore (mora solvendi) e la mora del creditore (mora accipiendi); l'una e l'altra, pur avendo in comune il concetto generale di ritardo nell'adempimento, sono due istituti diversi, differendo sostanzialmente per la diversa posizione che il debitore e il creditore hanno nel rapporto obbligatorio, oltre che per la diversa attività da essi svolta per l'adempimento, poiché il debitore è obbligato ad adempiere, mentre il creditore ha un diritto di cooperare all'esecuzione della prestazione dovutagli, senza ch'egli ordinariamente sia a ciò obbligato.
La mora del debitore è "il ritardo ingiustificato e imputabile al debitore (quindi colposo), da quest'ultimo frapposto nell'adempimento dell'obbligazione, qualora essa possa essere eseguita anche dopo la scadenza". Se l'adempimento tardivo non fosse possibile, o il creditore non avesse più interesse a ricevere la prestazione (come avviene nei negozî a termine fisso), non si avrebbe la mora con le relative conseguenze, ma la responsabilità del debitore per inadempimento. La mora del debitore non si può avere nelle obbligazioni di non fare poiché, se il debitore, contrariamente al suo obbligo, cessa dal non fare, egli è inadempiente. Affinché ci sia la mora del debitore, occorre (oltre alla colpa di lui) la sua costituzione in mora, che si può avere o con un atto d'intimazione da parte del creditore al debitore (mora ex persona) o per la sola scadenza del termine stabilito (mora ex re), ciò che nel nostro diritto costituisce la regola secondo l'art. 1223 cod. civ.; ordinariamente, infatti, si applica la massima: dies interpellat pro homine. Gli effetti della mora del debitore sono: il risarcimento, a carico del debitore stesso, dei danni derivati al creditore dal ritardo (danni moratorî) e la sopportazione dei rischi e pericoli sempre da parte del debitore, in modo che egli resta responsabile se per caso fortuito successivamente la cosa dovuta perisca o l'esecuzione della prestazione si renda impossibile, dicendosi in tal senso che mora perpetuat obligationem. La mora del debitore può cessare (parlandosi al riguardo di purgazione della mora) per la rinunzia da parte del creditore (rinunzia agli effetti della mora, pur continuando a esistere il credito), oppure con adempimento o con qualsiasi altro mezzo di estinzione dell'obbligazione.
La mora del creditore si può definire "il ritardo frapposto all'adempimento di un'obbligazione dalla mancanza della necessaria cooperazione da parte del creditore, quando egli non abbia una ragione obbiettiva per rifiutarsi". Tale mora si può avere se, come di solito, l'adempimento di un'obbligazione richieda il concorso del creditore (che varia secondo casi: ricevere la prestazione, esercitare il diritto di scelta, apprestare i conti, ecc.); essa si deve quindi escludere, oltre che nelle obbligazioni di non fare, nelle obbligazioni di adempiere un incarico, eseguire una prestazione a favore di un terzo, ecc. Purché ingiustificato, basta un ritardo qualsiasi che provenga dal creditore, non occorrendo la sua colpa; necessaria è la prontezza effettiva e, per quanto è possibile, completa da parte del debitore, dovendo quest'ultimo fare tanto più quanto meno occorra la cooperazione del creditore. Trattandosi di obbligazioni di somma di denaro, o di quantità o genere, occorrono l'offerta reale, o meglio legale, e il deposito (di cui agli articoli 1259 segg. cod. civ.) per la costituzione in mora del creditore, poiché solo dal giorno del deposito decorrono gli effetti proprî di essa; nelle altre obbligazioni (v. articoli 1266, 1635, 1637 cod. civ.) basta che il debitore dia notizia della sua prontezza al creditore intimandogli di cooperare all'adempimento. Gli effetti di quest'altra mora sono: la cessazione della decorrenza degl'interessi, il passaggio dei rischi e pericoli a carico del creditore (qualora essi in precedenza fossero, eccezionalmente, a carico del debitore) e l'indennizzo delle spese a favore del debitore: non si può parlare ordinariamente di risarcimento dei danni a carico del creditore, mancando l'elemento della colpa. Anche la mora del creditore può cessare, o per la rinunzia fatta agli effetti di essa dal debitore o per qualsiasi causa di estinzione dell'obbligazione; ma nei casi in cui occorrono l'offerta reale e il deposito, la mora cessa se il debitore ritira la cosa depositata, o se una sentenza annulla definitivamente il procedimento. Qualora l'obbligazione non venisse estinta, la cessazione della mora del creditore potrebbe dar luogo alla mora del debitore, come viceversa quella potrebbe far seguito a quest'ultima. Le due more però non possono coesistere riguardo allo stesso rapporto obbligatorio, poiché l'una, per i suoi stessi presupposti, esclude l'altra.
Bibl.: G. Giorgi, Teoria delle obbligazioni nel diritto moderno italiano, II, 5ª ed., Firenze 1899, n. 42 segg., p. 65 segg.; C. Scuto, La mora del creditore, Catania 1905; V. Polacco, Le obbligazioni nel diritto civile italiano, I, 2ª ed., Roma 1914, n. 110 segg., p. 517 segg.; A. Montel, La mora del debitore, requisiti nel diritto romano e nel diritto italiano, Padova 1930. - Sulla mora nel diritto romano v. F. Mommsen, Die Lehre von der Mora, in Beiträge zum Obligationenrecht, III, Brunswick 1855; F. Kniep, Die Mora des Schuldners, Rostock 1871-72; H. Siber, Interpellatio und Mora, in Zeitschrift der Savigny St. für Rechtsg., XXIX (1908), p. 47 segg.; A. Guarneri Citati, Contributi alla dottrina della mora, in Annali del Sem. giuridico della R. Università di Palermo, 1923, pagina 161 segg.