MONTOIRE-SUR-LE-LOIR
Località della Francia centrale, posta nella valle del Loir, a km 19 a O di Vendôme (dip. Loir-et-Cher).A M. aveva sede il priorato di Saint-Gilles, alle dipendenze dell'abbazia benedettina di Saint-Calais, posto su una delle vie di pellegrinaggio che conducevano verso Saint-Martin di Tours e quindi verso Santiago de Compostela.In parte in rovina, del corpo longitudinale della cappella del priorato si conservano solo alcuni tratti del muro meridionale e della facciata, insieme con una campata, intatta, contigua al corpo orientale, dalla configurazione interna sensibilmente diversa rispetto all'esterno. Le terminazioni laterali del transetto, rettilinee all'esterno, terminano all'interno con un emiciclo analogo a quello dell'abside orientale, dando luogo in tal modo a una sorta d'impianto a trifoglio.Al di là di tale configurazione particolare, non si rileva nessun altro elemento degno di nota nella generale modestia dell'impianto della cappella; viceversa, l'ornamentazione pittorica nella sua eccezionalità costituisce l'elemento di maggiore interesse.Intorno alla cupola del transetto, decorata con una finta apparecchiatura muraria, hanno conservato la decorazione dipinta le volte dell'abside orientale e delle absidiole nord e sud, nonché i quattro arconi dell'incrocio; va peraltro considerata la presenza di alcune lacune nei registri inferiori e di una serie di ridipinture, talune ancora parzialmente visibili, operate nel corso dei secc. 13° e 14° nelle absidi laterali, che ne modificarono l'aspetto originario. L'interpretazione iconografica dell'intero complesso si fonda, attualmente, sugli acquarelli eseguiti da J.J. Jorand al momento della scoperta degli affreschi nel 1841 (Cassin de la Loge, 1931).La singolarità pittorica sta nella presenza del tema isolato della Maiestas Domini in ciascuna abside. A E Cristo, nell'atto di benedire e con il libro nelle mani, è raffigurato in trono entro una mandorla a forma di otto, sostenuta da quattro angeli dalle ali spiegate che si alternano con i simboli degli evangelisti. Sull'intradosso dell'arcone che precede l'abside orientale si trova l'immagine dell'Agnus Dei in un medaglione tra due serafini. A N Cristo appare in trono entro una mandorla dai contorni unitari, tra l'alfa e l'omega, nell'atto di stendere le braccia orizzontalmente, mentre dalle sue mani si staccano sottili fili rossi che raggiungono il capo di sei apostoli seduti alla sua sinistra; lo schema simmetrico, posto in origine sulla destra della raffigurazione, è oggi scomparso, al pari dei due angeli che sorreggevano la mandorla. Alla sommità della volta, il busto di un angelo, inscritto entro un medaglione, appare disposto in posizione rovesciata rispetto a Cristo. Tre angeli, anch'essi raffigurati a mezzo busto all'interno di clipei, sono disposti sulla chiave di volta e sulle imposte dell'arcone. A S Cristo è raffigurato in trono all'interno di una doppia mandorla sostenuta da due angeli, di cui si è conservato solo quello di sinistra. Le sue braccia sono rivolte simmetricamente verso il basso, mentre le mani risultano aperte. Su entrambi i lati dell'immagine centrale si dispongono confusi lacerti di decorazioni successive. Sulla chiave di volta dell'arcone, ornato a losanghe, compare la mano divina, mentre su una delle imposte appaiono due pesci all'interno di un medaglione.Sull'intradosso dell'arco che separa il corpo longitudinale dell'edificio dal transetto compare, infine, all'interno di un medaglione, il busto di Cristo tra l'alfa e l'omega, nell'atto di incoronare simultaneamente le due figure di una Psicomachia: la Castità che colpisce con la sua lancia la Lussuria e la Pazienza che trionfa sull'Ira.Se il soggetto iconografico dell'abside centrale appare chiaramente individuabile, quelli delle absidi laterali, anche a causa delle alterazioni subite nel corso del tempo, lasciano spazio a maggiori ambiguità interpretative. Nonostante si sia infatti tenuto conto dagli acquarelli realizzati da Jorand, gli studi successivi hanno condotto a conclusioni diverse, quando non addirittura opposte, tanto da far sussistere ancora numerose incertezze sia per quel che riguarda l'identificazione di ciascuna delle figure divine, sia per l'interpretazione iconografica dell'insieme.A E non sembra potersi escludere una fusione tra lo schema della teofania ispirata da Ap. 5, 1, e il tema dell'Ascensione. A N, data una lettura dei tratti rossi che si dipartono dalle mani di Cristo come rivoli di sangue, la scena è stata interpretata come allusiva al Fons vitae (Plat, 1925; Gérard, 1935); una loro diversa spiegazione come raggi di fuoco ha portato a identificare la scena con la Pentecoste (Mâle, 1922; Lesueur, 1924; Deschamps, Thibout, 1951). La scena dell'abside meridionale rappresenta, per la maggioranza degli studiosi, una Traditio clavis, sebbene alcuni, sulla base degli acquarelli di Jorand, rifiutino la presenza delle chiavi (la Martinière, 1933; Demus, 1968). La caratteristica posizione delle mani sembrerebbe, tuttavia, suggerire piuttosto l'ipotesi di un Giudizio universale.Le opinioni divergono anche tra una concezione unitaria del programma (Demus, 1968) o una sua realizzazione scaglionata nel tempo. È unanime, tuttavia, il riconoscimento di una serie di differenze assai nette che caratterizzano sul piano tecnico, cromatico e stilistico l'abside orientale rispetto alle due laterali. Tale considerazione costituisce un supporto alla tesi di una realizzazione in tempi diversi. Se in entrambi i casi la tecnica impiegata è quella della tempera, il procedimento di applicazione dei colori differisce sensibilmente, giacché il latte di calce che serve da fondo è applicato nell'abside principale direttamente sulla pietra, mentre la pellicola pittorica delle absidi laterali è preceduta da due strati di intonaco. Da un lato il fondo è bianco, dall'altro va sottolineato l'impiego di lapislazzuli. Sintesi delle masse, accentuazione dei contorni e predominanza delle curve caratterizzano lo stile dell'abside orientale, mentre trattamento analitico, frammentazione delle superfici e linee spezzate ad angoli acuti caratterizzano quello delle absidi laterali.Allo stato attuale degli studi non sono state raggiunte conclusioni concordi né sulla datazione dei due gruppi stilistici né sulla loro origine. Le ipotesi relative alla cronologia del complesso oscillano tra il sec. 12° e il 13°, ma con un generale consenso in merito all'anteriorità delle pitture della parte orientale, che non dovrebbero oltrepassare, secondo la maggior parte degli studiosi, il secondo quarto del 12° secolo. La correlazione tanto della costruzione dell'edificio quanto dell'esecuzione di una parte o della totalità della sua decorazione pittorica con la morte di Goffredo conte di Vendôme, avvenuta nel 1136 a Saint-Gilles, resta invece nel campo delle supposizioni, tra le quali va ricordata l'ipotesi dell'edificazione della cappella anteriormente al 1136 e, viceversa, della decorazione pittorica delle absidi laterali successivamente a tale data, nell'intento di tramandare il ricordo del conte (Taralon, 1981).Alcuni studiosi sottolineano nei due gruppi di scene alcune analogie con la pittura delle regioni occidentali della Francia e in particolare con gli ambienti culturali del Poitou e dell'Angiò; altri pongono invece l'insieme in rapporto all'ambiente anglosassone (Taralon, 1981). A causa dello stato di degrado della pellicola pittorica e della conseguente, oggettiva difficoltà a classificare definitivamente le pitture, dal punto di vista stilistico i confronti proposti non risultano, ancora oggi, del tutto convincenti.
Bibl.: E. Mâle, L'art religieux du XIIe siècle en France, Paris 1922, p. 326; A. Fabre, L'iconographie de la Pentecôte, GBA, s. V, 8, 1923, pp. 33-42; F. Lesueur, Les fresques de Saint-Gilles de Montoire et l'iconographie de la Pentecôte, ivi, 9, 1924, pp. 19-29; Abbé Plat, Montoire, CAF 88, 1925, pp. 293-309; id., La chapelle de Saint-Gilles de Montoire, Bulletin de la Société archéologique du Vendômois, 1928, p. 93ss.; R. Cassin de la Loge, Note sur quinze aquarelles de J.J. Jorand reproduisant les fresques de la chapelle Saint-Gilles de Montoire et conservées au Musée de la peinture d'Orléans, Bulletin de la Société archéologique et historique de l'Orléanais 21, 1931, pp. 528-540; J. de la Martinière, Les fresques de Saint-Gilles de Montoire d'après les aquarelles de Jorand, en 1841, GBA, s. VI, 10, 1933, pp. 193-204; R. Gérard, Sur un prieuré bénédictin de la route des pèlerinages. Saint-Gilles de Montoire, Paris 1935; H. Focillon, Peintures romanes des églises de France, Paris 1938, pp. 39-41 (trad. it. Pitture romaniche delle chiese di Francia, in id. Scultura e pittura romanica in Francia, Torino 1972, pp. 167-220); C.P. Duprat, Enquête sur la peinture murale en France à l'époque romane, BMon 102, 1944, pp. 5-90: 50-56; P. Deschamps, M. Thibout, La peinture murale en France, le Haut Moyen Age et l'époque romane, Paris 1951, pp. 118-120; O. Demus, Romanische Wandmalerei, München 1968 (trad. it. Pittura murale romanica, Milano 1969); L. Cochetti Pratesi, Gli affreschi della cappella di St-Gilles a Montoire, RINASA, s. III, 4, 1981, pp. 209-247; J. Taralon, Montoire. Chapelle Saint-Gilles, CAF 139, 1981, pp. 259-289.D. Paris-Poulain