MONNERET DE VILLARD, Ugo
– Nacque a Milano il 16 genn. 1881 da Enrico e da Anna Foli. La famiglia, di origine borgognona, si era trasferita in Italia ai tempi della Rivoluzione francese.
Si iscrisse al Politecnico di Milano nel 1898 e conseguì la laurea in ingegneria nel 1904. Sebbene avesse scelto una formazione come ingegnere industriale della sezione chimica, il M. fu anche allievo dell'architetto Camillo Boito (G. Zucconi, L’invenzione del passato. Camillo Boito e l’architettura neomedievale 1885-1890, Venezia 1997; Augenti). Precoci furono inoltre i contatti del M. con Corrado Ricci, che fu tra l’altro revisore della sua prima monografia, dedicata a Giorgione (Giorgione di Castelfranco. Studio critico, Bergamo 1904; Lombardini). Da Boito e da Ricci il M. mutuò i primi insegnamenti sul Medioevo e sull’architettura e una particolare sensibilità per l’arte e per la conservazione del patrimonio culturale.
Dal 1905 fu membro del Collegio degli ingegneri ed architetti di Milano e per lungo tempo frequentò la Biblioteca Ambrosiana. Una serie di collaborazioni con riviste, che rispecchiano la varietà di interessi della fase formativa, risalgono agli anni giovanili: dal 1903 al 1905 il M. collaborò con Emporium; tra il 1905 e il 1906 con il Leonardo di G. Papini e G. Prezzolini; con Il Rinnovamento di Alessandro Casati e Tommaso Gallarati Scotti tra il 1908 e il 1909; con La Perseveranza, quotidiano della destra liberale, dal 1906 al 1910; con il Monitore tecnico, la rivista degli ex allievi del Politecnico, dal 1906 al 1913. Il M. partecipò come inviato a congressi artistici ed esposizioni internazionali (Milano, Venezia, Vienna), scrivendo di arte e architettura contemporanee, avvicinandosi alle avanguardie artistiche internazionali e alle nascenti questioni di estetica urbana.
Il tentativo di conciliare esigenze conservative e sviluppo moderno della città venne tracciato a livello teorico in Note sull’arte di costruire le città (Milano 1907) dove, partendo dalle riflessioni dell’austriaco Camillo Sitte, si delineava la figura di un «town planner umanista» (Zucconi, in L'eredità di M. de V. a Milano..., p. 102). Sul piano concreto il M. affrontò problemi analoghi quando, nel 1908, fu nominato membro della commissione per l’esame del nuovo piano regolatore di Milano e, dal 1909, intraprese una indagine storico-topografica della Milano romana e medievale; il M. si trovò così a difendere l’area di S. Lorenzo, ritenuta di interesse archeologico, dall’assalto della città moderna.
Contestualmente lo studio planimetrico del monumento lo indusse a ipotizzare un’origine orientale dell’architettura medioevale lombarda, in opposizione alle tesi romaniste di G.B. Rivoira e G. Giovannoni e sulla scia degli scritti di J. Strzygowski.
Tra i numerosi ma brevi scritti dedicati all’argomento si vedano per esempio La chiesa di S. Lorenzo in Milano. Studio del tracciato planimetrico, in Monitore tecnico, 1910, n. 16, pp. 388-390; Intorno a S. Lorenzo di Milano. Note sull’origine del tipo planimetrico, ibid., pp. 591-593, 631-634, 651-654; La chiesa di S. Lorenzo in Milano, ibid., 1910, n. 20, pp. 28-30. L’interesse per gli scritti di Strzygowski, precoce e manifestato almeno fino agli anni Venti, dimostra una singolare curiosità verso posizioni innovative e «irregolari». L’iniziale adesione incondizionata divenne presto uso critico dei testi, che mai cedette alle derive razzistiche e filonaziste del collega austriaco.
Nel 1909 il M. divenne anche membro della Società storica lombarda. A partire da quel momento l’inclinazione storico-archeologica prese il sopravvento: alle ricerche topografiche e al rilievo architettonico il M. affiancò la raccolta sistematica di dati e documenti, paleografia e numismatica, che divennero elementi complementari di un metodo di indagine poliedrico in via di formazione.
Anche i rari esempi di progettazione architettonica (ville e centrali idroelettriche in cui le forme romaniche erano ridotte ad archetipi per essere impiegate in un'architettura moderna e funzionale) rappresentano un compromesso tra rinnovamento tecnologico e tradizione (Piccinelli).
Notizie non meglio precisate riferiscono di viaggi compiuti in Oriente già dal 1908 (U. Monneret de Villard, La missione archeologica italiana in Egitto, 1921-28, in Oriente moderno, VIII [1928], pp. 268-277; Levi Della Vida; Augenti ), così come di presunti studi di archeologia orientale compiuti in Germania e Gran Bretagna: ciò spiegherebbe da un lato il precoce interesse del M. per l’Oriente, dall’altro la sua originale apertura conoscitiva e metodologica verso la cultura d’Oltralpe.
Nel luglio 1909 il M. si recò in Dalmazia e nel 1912 trascorse due mesi in Grecia: esaminando le chiese bizantine fu nuovamente portato a interrogarsi sulle connessioni dell’architettura orientale con i monumenti del medioevo occidentale.
Nel 1913 il M. sostenne l’esame per la libera docenza al Politecnico di Milano; il corso di storia dell’architettura da lui tenuto presso la scuola speciale di architettura del Politecnico a partire dallo stesso anno fu significativamente denominato, per la prima volta in Italia, «archeologia medioevale». Durante gli anni di insegnamento si dedicò soprattutto a studi d’arte, archeologia e storia locali, che gli consentirono di raffinare i propri strumenti di ricerca.
Tra le opere di maggiore rilievo si ricordano: L’isola Comacina. Ricerche storiche ed archeologiche, Como 1914; Note di archeologia lombarda, in Archivio storico lombardo, XLI (1914), pp. 5-70; Le vetrate del duomo di Milano, Milano 1918-20; Note sul memoratorio dei maestri commacini, in Archivio storico lombardo, XLVII (1920), pp. 1-16.
Un importante nodo problematico del lungo momento formativo del M. è costituito dal rapporto con l’Estetica di B. Croce: le istanze pragmatiche della progettazione architettonica, del metodo archeologico di stampo positivista e perfino della ricerca storica, basata sulla raccolta di dati di natura diversa, parvero in un primo momento conciliarsi a fatica con l’istantaneità dell’intuizione crociana.
In Del metodo nello studio dell’architettura medioevale (in Atti del Collegio degli ingegneri ed architetti di Milano, LI [1917-18], pp. 22-62) il M. sembrò infine trovare una formula che, pur preservando il momento estetico puro, non rinunciasse alla considerazione del dato concreto. Il ritrovamento di dodici missive inviate dal M. a Croce (Armando, in corso di stampa) rivela che il modularsi delle posizioni teoriche fu almeno in parte condizionato dalle reazioni personali di Croce. D’altre parte tracce dell’impostazione crociana si trovano ancora in scritti tardi come l’importante monografia dedicata al soffitto della Cappella palatina di Palermo (1950).
Dopo la fine del primo conflitto mondiale iniziò una nuova fase di viaggi: nel 1920 il M. si recò a Istanbul, mentre dall’anno seguente fu inviato al Cairo per conto dell’Ufficio missioni scientifiche del ministero degli Esteri per svolgere missioni archeologiche. In Egitto il M. ebbe occasione di intraprendere lo studio della lingua araba e di immergersi in un milieu internazionale di studiosi e orientalisti, fatto di collaborazioni scientifiche ma anche di conflitti dettati da orgoglio nazionalistico. Le missioni rappresentavano per il M. l’occasione per approfondire lo studio dell’architettura cristiana d’Oriente; le molte collaborazioni con enti stranieri (dal 1922 con il Comité pour la conservation de l’art arabe, dal 1924 con il Service des antiquités, dal quale ottenne due anni più tardi la direzione degli scavi dei monumenti cristiani d’Egitto) furono probabilmente anche dettate da urgenza economica.
Troppo occupato dalle missioni all’estero, il M. fu costretto nel 1924 ad abbandonare il corso al Politecnico.
Lo studio dei monumenti cristiani d’Egitto, forte di un metodo rigoroso e multidisciplinare ormai consolidato (e affatto scontato per l’epoca), portò il M. alla graduale ma inevitabile scoperta delle connessioni con l’architettura medievale islamica (La Missione archeologica …, p. 276).
L’apertura verso più ampi orizzonti trovò corrispondenza anche nel metodo archeologico, che condannava lo scavo selettivo, precorrendo per certi aspetti il metodo stratigrafico (Augenti). Gli interessi di studio si estesero anche da un punto di vista geografico: dal 1929 al 1934 il M. si dedicò allo studio dei monumenti romani, cristiani e protoislamici della Nubia per conto di una missione coordinata dal Service des antiquités, finalizzata alla documentazione di tutti quei monumenti che sarebbero stati sommersi (e in gran parte distrutti) a causa degli imminenti lavori di sopraelevazione della diga di Assuan (U. Monneret de Villard, La missione per lo studio dei monumenti cristiani della Nubia e i suoi lavori del 1930-31, in Aegyptus, XI [1931], pp. 514 s.).
Il lungo periodo delle missioni in Africa fu ovviamente connesso con le diverse fasi del colonialismo italiano: dalla metà degli anni Trenta, in concomitanza con l’occupazione dell’area etiopica, il M. iniziò a pubblicare alcuni studi sull’Abissinia e nel 1937 fu direttamente coinvolto nella questione del trasporto a Roma dell’obelisco proveniente da Axum, città della quale realizzò anche uno studio archeologico-topografico (Aksum. Ricerche di topografia generale, Roma 1938).
Negli stessi anni compì alcune missioni indipendenti, le più importanti delle quali in Persia. Nell’ambito degli studi iranici è da ricordare la prestigiosa collaborazione intrapresa nel 1935 con il Survey of Persian art coordinato dall’americano A.U. Pope.
Parallelamente il M. aveva iniziato a interessarsi allo studio delle opere d’arte islamica in Italia. Nel 1934 ideò un organico progetto dedicato allo studio di tali opere (come il soffitto della Cappella palatina di Palermo, gli avori dipinti, i tessuti), come attesta un inedito e importante carteggio del M. con Umberto Zanotti Bianco (Armando, in corso di stampa). L’intesa con Zanotti Bianco, meridionalista e antifascista, finalizzata allo studio di temi trascurati dalla scienza ufficiale, tendenzialmente filoromana, ridimensiona da una parte la portata delle collaborazioni del M. con le istituzioni del governo fascista, dall’altra dimostra la genuinità dei suoi interessi scientifici. Monumenti dell’arte musulmana in Italia, I, La cassetta incrostata della Cappella palatina di Palermo (Roma 1938) avrebbe dovuto essere la prima pubblicazione di una serie, diretta da Zanotti Bianco, interrotta a causa dell’inizio della guerra e dei problemi politici di Zanotti Bianco, che fu strettamente sorvegliato dal regime, fino a subire anche l’arresto nel 1941.
Il 1938 segnò la fine delle missioni all’estero. Già l'anno precedente il M. si era trasferito da Milano a Roma, dove coltivò rapporti con i più grandi rappresentanti della scuola orientalistica romana (primo fra tutti Giorgio Levi della Vida). Nel 1939 il M. fu nominato membro dell'Académie des inscriptions et belles lettres. Questo periodo fu dedicato al riordino di materiali raccolti durante le missioni archeologiche, ma anche a un approfondimento dei nessi tra Oriente e Occidente, tra Islam e Cristianesimo in epoca medioevale.
Oltre alle pubblicazioni dedicate alla Nubia, all’area etiopica, alla Mesopotamia, molti furono i testi di carattere divulgativo (la compilazione di voci per l’Enciclopedia cattolica; il prezioso volumetto L’arte iranica, Milano 1954; il contributo Arte cristiana e musulmana del Vicino Oriente, in Le civiltà dell’Oriente, IV, pp. 451-462, diretta da Giuseppe Tucci, pubblicato postumo nel 1962), numerosi e vari gli scritti eruditi, che spaziano da contributi specifici (Le monete dei Kushāna e l’Impero romano, in Orientalia, XVII [1948], pp. 205-245) a dotte trattazioni (Lo studio dell’islam in Europa nel XII e nel XIII secolo, Città del Vaticano 1944; Le leggende orientali sui magi evangelici, ibid. 1952). La varietà dei temi affrontati non era più frutto delle incertezze giovanili; al contrario, il M. attingeva con intelligenza critica da un ricco bagaglio di conoscenze, delineando un Oriente non monolitico, bensì percepito in tutta la sua complessità.
Nonostante l’alto valore scientifico dei suoi lavori, apprezzati a livello internazionale, il M. ottenne in Italia pochi riconoscimenti (già nel 1927 era stato escluso dal progetto dell’Enciclopedia Italiana perché considerato da Giovannoni «ultra-strzygowskiano»; cfr. M. Bernabò, Ossessioni bizantine e cultura artistica in Italia, Napoli 2003, p. 208).
Al termine della seconda guerra mondiale il M. ricoprì alcuni incarichi istituzionali, svolgendo peraltro mansioni amministrative: dal 1944 al 1946 fu commissario e poi presidente dell’Accademia di belle arti e del Liceo artistico di Roma; dal 1946 membro del consiglio direttivo dell’Istituto nazionale d’archeologia e storia dell’arte; compì inoltre ripetuti tentativi per tornare in Oriente: dopo la caduta del fascismo il M. non esitò a condannare le politiche di regime, ma sottolineò la necessità di intraprendere nuove missioni archeologiche e, soprattutto, di formare una classe di giovani studiosi.
Si poneva dunque la necessità di istituire una cattedra universitaria dedicata all’archeologia orientale. Un’istanza non del tutto nuova, già espressa in termini simili nel 1934 dal M. stesso, da Friedrich Sarre, Paolo Orsi, Giuseppe Gabrieli e Levi della Vida, i cui autorevoli pareri si rintracciano nelle carte di Umberto Zanotti Bianco. Nel settembre e ottobre 1944 il M. tenne un «corso accelerato in archeologia cristiana» presso la Sapienza; a novembre dello stesso anno la Scuola orientale della stessa Università, appoggiata da quella di storia dell’arte, propose l’istituzione di una cattedra di storia dell’arte dell’Oriente medievale, da assegnarsi al M.; anche questo tentativo fallì e il M. si vide negare ogni riconoscimento accademico (Roma, Archivio storico La Sapienza). Solo nel 1950 divenne socio nazionaledell'Accademia dei Lincei grazie all’intercessione di Levi della Vida e ricevette il premio nazionale generale dell’Accademia, anche come riconoscimento per la pubblicazione Le pitture musulmane al soffitto della Cappella palatina in Palermo (Roma 1950). L’opera ottenne risonanza immediata a livello internazionale sia per l’approccio multidisciplinare, sia per il prezioso apparato fotografico, appositamente realizzato con il sostegno di istituti culturali statunitensi, ottenuto tramite Richard Ettinghausen.
Negli ultimi mesi della sua vita, spronato da Levi della Vida, il M. si rimise allo studio – mai davvero abbandonato – delle opere d’arte islamica in Italia, lavorando fino a pochi giorni prima della morte alla compilazione di un minuzioso catalogo rimasto incompiuto e ufficialmente inedito (Catalogo opere d’arte islamica in Italia; cfr. Lala Comneno), sebbene U. Scerrato attinse estesamente a tali materiali durante la stesura de Gli Arabi in Italia (Milano 1979).
Il M. morì a Roma il 4 nov. 1954.
Nel 1955 la biblioteca scientifica del M. fu donata dai fratelli, Emma e Adolfo, all’Istituto di archeologia e storia dell’arte di Roma (Dono Monneret); a essa si aggiunse nel 1966 il materiale archivistico donato allo stesso istituto (Fondo Monneret, circa 23.000 unità archivistiche, cfr. Zannoni): l’ordinata mole di note, appunti bibliografici e testi manoscritti testimonia insieme con la corrispondenza (datata dal 1937 al 1954) la pluralità di interessi dello studioso (Roma, Biblioteca di archeologia e storia dell'arte). Nella sede dell'Istituto è inoltre conservato un fondo fotografico, di circa 12.000 fotografie.
Tra gli scritti pubblicati postumi non può omettersi l’Introduzione allo studio dell’archeologia islamica,Venezia-Roma 1966, probabilmente scritto alla metà degli anni Quaranta, opera di riferimento essenziale per gli studi sulla formazione dell’arte islamica.
La bibliografia del M. fu pubblicata con il necrologio da G. Levi della Vida in Rivista degli studi orientali, XXX (1955), pp. 182-188; fu in seguito integrata da A.M. Piemontese, Bibliografia delle opere di U. M. de V. (1881-1954), in Rivista degli studi orientali, LVIII (1984), pp. 1-12 (numero speciale di Studi in onore di U. M. de V., LVIII-LX, 1984-86); altri testi relativi alla produzione giovanile sono menzionati in Piccinelli e in Susani. Una bibliografia che racchiude tutti i titoli citati nelle tre suddette pubblicazioni si trova in Armando, 2006.
Fonti e Bibl.: Roma, Academia Belgica, Corrispondenza con F. Cumont, 1914-39 (http://www.academiabelgica.it); Roma, Arch. privato Levi della Vida (corrispondenza con Giorgio Levi della Vida, 1935-54); Roma, Archivio storico La Sapienza, Fascicoli dei docenti, 1717; Chi è? Dizionario biografico degli italiani d’oggi, a cura di F. Scarano, Roma 1948, V, p. 614 (ad vocem); G. Levi della Vida, U. M. de V. (1881-1954), in Rivista degli studi orientali, XXX (1955), pp. 172-181; M. Bussagli, U. M. de V. , in East and West, V (1955), pp. 276-278; E. Kühnel, In memoriam, U. M. de V. (1881- 1954), in Ars Orientalis, II (1957), pp. 627-633; R. Bianchi Bandinelli, Dal diario di un borghese e altri scritti, Roma 1976, pp. 370-373; A. Botti, Corrispondenza M. de V. - Prezzolini, in G. Prezzolini e il dibattito modernista, Urbino 1982-83, pp. 79-127; M. Petricioli, Archeologia e mare nostrum, Roma 1990, ad ind.; A. Piccinelli, Alle origini del Novecento: arte, architettura e città nell’opera di M. de V. (1903-1921), tesi di laurea, Università degli studi di Venezia, a.a. 1986 (non pubblicata); A. Contadini, U. M. de V.: a master of the Italian orientalist school, in Discovering Islamic art: scholars, collectors and collections, 1850-1950, a cura di S.J. Vernoit, London-New York 2000, pp. 156-162; A. Augenti, Per una storia dell’archeologia medievale italiana: M. de V., in Archeologia medievale, XVIII (2001), pp. 7-24; L'eredità di M. de V. a Milano. Atti del convegno, Milano ... 2002, a cura di M.G. Sandri, Firenze 2004 (si vedano in particolare: M.G. Sandri, M. de V. nell’archivio del Politecnico di Milano, pp. 9-13); N. Lombardini, Carteggio Corrado Ricci - M. de V. (1904-1917), Atti del convegno Milano 2002, s.l., pp. 23-32; E. Susani, Gli «scritti rifiutati»…, pp. 45-61; M.A. Lala Comneno, M. de V. islamista. Il catalogo Opere di arte islamica in Italia, pp. 63-65; F. Zannoni, Il carteggio e l’archivio di studio di M. de V. nella Biblioteca di archeologia e storia dell’arte di Roma, in L'eredità di M. de V. a Milano. Atti del convegno, Milano ... 2002, a cura di M.G. Sandri, Firenze 2004, pp. 15-21; G. Zucconi, Sitte e l’arte di costruire la città, in L'eredità di M. de V. a Milano..., pp. 99-103; S. Armando, «L’Oriente è paese dalle molte vite e dalle molte storie…». M. de V. e gli studi di arte islamica in Italia, tesi di laurea, Università della Tuscia di Viterbo, a.a. 2006 (non pubblicata); Id., M. de V. et la découverte des arts musulmans en Italie entre Croce et Strzygowski, in Le Caire monumental dessiné et photographié au XIXe siècle, a cura di M. Volait et al., Paris.