modellazione numerica
I primi modelli della circolazione oceanica che risalgono agli anni Cinquanta del secolo scorso erano modelli estremamente idealizzati, in bacini quadrati e con profondità costanti che potevano essere risolti analiticamente. Le equazioni del moto per il fluido sia oceanico sia atmosferico sono in realtà estremamente complesse, non lineari e caratterizzate da processi turbolenti che possono essere soltanto parametrizzati. Non sono quindi riconducibili a soluzioni analitiche. Con l’avvento dei primi potenti calcolatori negli anni Settanta diventò possibile modellare circolazioni oceaniche più complesse. I modelli più semplici furono quelli in cui il fluido veniva considerato omogeneo, e quindi solo l’evoluzione spazio-temporale del campo di velocità doveva essere calcolato. Tuttavia, con la conoscenza più approfondita dovuta a sempre più sofisticate osservazioni sperimentali, le complessità dei modelli aumentarono esponenzialmente grazie alla crescita della capacità di memoria e di velocità dei calcolatori delle successive generazioni. L’inclusione delle coste continentali e di realistiche topografie dei fondali divenne possibile. Da modelli che coprivano solo bacini oceanici individuali, per es. il solo sistema della corrente del Golfo o l’Atlantico settentrionale, è ora possibile modellare la circolazione oceanica a scala globale. La componente di mesoscala, il ‘tempo’ oceanico scoperto negli anni Settanta, richiede una risoluzione orizzontale di 25 km nei subtropici che scende fino a 5 km nelle regioni polari. La risoluzione della mesoscala è un elemento cruciale per ogni modellazione realistica della circolazione in quanto la mesoscala costituisce la sua componente più energetica. Inoltre, la modellazione della circolazione verticale termoalina richiede un’alta risoluzione verticale, ossia la possibilità di discretizzare la distribuzione continua di temperatura, salinità, densità con un numero elevato di strati in verticale. Quanto realisticamente un modello simula la circolazione può essere determinato solo dal confronto con le distribuzioni di proprietà ottenute dai dati sperimentali. Discrepanze fra i risultati sperimentali e quelli modellistici possono portare a migliorare sostanzialmente i modelli, includendo processi fisici diversi e adottando sempre più sofisticate tecniche numeriche.