Miseria e nobiltà
(Italia 1954, colore, 95m); regia: Mario Mattoli; produzione: Carlo Ponti, Dino De Laurentiis per Excelsa; soggetto: dall'omonimo testo teatrale di Eduardo Scarpetta; sceneggiatura: Mario Mattoli, Ruggero Maccari; fotografia: Karl Struss, Luciano Trasatti; montaggio: Roberto Cinquini; scenografia: Alberto Boccianti, Piero Filippone; costumi: Gaia Romanini; musica: Pippo Barzizza.
Sono tempi duri per lo scrivano Felice e il fotografo ambulante Pasquale: non c'è lavoro, non ci sono soldi, le loro famiglie sono costrette ad arrangiarsi alla meglio coabitando nello stesso appartamento, i pranzi saltati sono più numerosi di quelli consumati. Ecco perché, quando si presenta l'occasione di una piccola truffa, le due famiglie si rendono subito disponibili. Il marchesino Eugenio, infatti, vuole impalmare la bella Gemma, ma per riuscire nel suo intento deve far credere ai parenti di lei, borghesi arricchiti, che la sua famiglia nobile e di reddito facoltoso acconsente all'unione. Opportunamente agghindate, le famiglie di Felice e di Pasquale devono simulare di essere gli altolocati parenti del futuro sposo: si tradiranno a causa della fame atavica che li caratterizza. L'impresa comunque va a buon fine per il sopraggiungere del vero padre di Eugenio, che infine dà il suo consenso. Il matrimonio ha luogo e le famiglie di Felice e Pasquale potranno sfamarsi a sazietà.
La commedia di Eduardo Scarpetta, uno dei suoi maggiori successi teatrali e cavallo di battaglia per Eduardo De Filippo, era già stata portata sullo schermo nel 1940 con la regia di Corrado D'Errico e l'interpretazione di Virgilio Riento, restando però del tutto inosservata. È invece molto maggiore il successo di questa versione a colori, in cui Totò restò quasi sempre fedele al copione immettendo però alcune delle sue inconfondibili caratterizzazioni, prima tra tutte il balletto sulla tavola imbandita con gli spaghetti che chiude il primo tempo. Equivoci, scambi di persone e situazioni da pochade poggiano in questo caso sul tema unificante della fame, che appartiene alla grande tradizione di pulcinella e del teatro napoletano. Com'era sua abitudine, Mario Mattoli curò in modo particolare la composizione del cast, dimostrando una particolare cura nei personaggi di contorno. Sophia Loren, infatti, già utilizzata in piccoli ruoli dal regista umbro, venne qui per la prima volta valorizzata con una parte importante e lo stesso si può dire di Carlo Croccolo e di Valeria Moriconi, che poi conobbero una brillante carriera tra cinema e teatro. Notevole anche la presenza di due caratteristi come Dolores Palumbo e Giuseppe Porelli, il secondo destinato a un ruolo che lo avrebbe reso popolarissimo nello sceneggiato televisivo Giovanna la nonna del corsaro nero (1962) di Vittorio Metz, dove è il capo delle guardie. Risolto il problema del cast, Mattoli lasciò gli attori liberi di adattare il copione alle proprie esigenze, e questo consentì a Totò di apportare le modifiche prima citate. Il film, in virtù della sua origine teatrale, fu tra i pochi a godere di recensioni favorevoli all'epoca. Scrive per esempio Arturo Lanocita sul "Corriere della Sera" del 20 aprile 1954: "Anche le battute del lavoro originale sono quasi sempre riportate nel film a cui Totò, come doveva, ha dato con la sua maschera grottesca i toni e le invenzioni della Commedia dell'Arte. Il vecchio canovaccio acquista così una lucentezza nuova grazie a lui e ai suoi compagni".
L'abbinamento di Totò, Mattoli e Scarpetta fu abbastanza frequente in quel periodo visto che il terzetto si ritrovò anche per Un turco napoletano (1953) e Il medico dei pazzi (1954), dove riappare anche il personaggio di Felice Sciosciammocca. La grande tradizione del teatro napoletano sembra rappresentare per Totò una 'terza via', dopo i film che utilizzano le tecniche e le scansioni dell'avanspettacolo (come ha fatto in precedenza lo stesso Mattoli) e quelli che lo spingono nella direzione più neorealista e legata all'attualità (come fanno Steno e Monicelli con il loro film d'esordio nel 1949, Totò cerca casa, cui fa seguito il successivo e ancor più rilevante Guardie e ladri, 1951, che sarà anche selezionato a Cannes). La scena iniziale di Miseria e nobiltà, nella quale un contadino ignorante e squattrinato detta una lettera a Totò, non era inizialmente prevista, ma fu inserita per desiderio esplicito dell'attore, che la riteneva, come si è poi rivelata, molto adatta alle sue corde.
Interpreti e personaggi: Totò (Felice), Dolores Palumbo (Luisella), Enzo Turco (Pasquale), Valeria Moriconi (Pupella), Carlo Croccolo (Luigino), Gianni Cavalieri (don Gaetano), Sophia Loren (Gemma), Giuseppe Porelli (Ottavio), Franca Faldini (Nadia), Liana Billi (Concetta), Franco Sportelli (Vincenzo il maggiordomo), Franco Melidoni (Peppiniello), Giulia Melidoni (Bettina).
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