Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nell’ambito della mineralogia e della metallurgia il periodo compreso tra il XIII e XIV secolo si caratterizza per il consolidamento dell’industria del ferro e per il ritorno all’uso diffuso anche degli altri metalli nell’oreficeria e nella scultura. Lo sviluppo dell’ingegneria militare e civile favorisce l’introduzione di nuove tecniche di estrazione del minerale e della lavorazione dei metalli che condurranno, specialmente in Germania, al rinnovamento e al potenziamento di tutto il settore minerario metallurgico.
Nel suo De proprietatibus rerum, il francescano Bartolomeo Anglico, riferendosi all’Inghilterra della metà del XIII secolo, sottolinea come l’impiego del ferro trovasse larga applicazione sia per scopi militari (armi da taglio, parti sempre più consistenti delle macchine da guerra e ferratura dei cavalli), sia nell’edilizia (realizzazione di catene, centine, chiodi, staffe e cardini), sia in agricoltura (produzione degli attrezzi per lavorare la terra). Tra la fine del XIII secolo e l’inizio del secolo successivo si aprono nuove miniere e vengono eseguiti esperimenti per mettere a punto sistemi di drenaggio dei pozzi minerari in modo da sostituire il tradizionale e poco efficiente secchio in pelle portato in superficie a braccia o con un argano. Un nuovo sistema di drenaggio consiste nello scavare dei canali di scolo sotto il livello del pozzo o del bacino di raccolta delle acque infiltrate nelle gallerie, ma le difficoltà di manutenzione di questi condotti provocano precoci intasamenti. In Sassonia, e successivamente in Boemia, nello Harz e nella Baviera meridionale, si sperimentano macchine per il sollevamento dell’acqua alimentate da motori a trazione animale e, in seguito, là dove la presenza di corsi d’acqua lo consentiva, anche con motori idraulici. L’applicazione del motore idraulico ai sistemi per l’eduzione dell’acqua segna una svolta decisiva nella tecnologia mineraria che si concretizza soltanto a partire dal XV secolo.
Nel XIV secolo i sistemi per la preparazione del minerale alla fusione (lavaggio, rottura, frantumazione) sono eseguiti ancora manualmente all’aperto, ma l’ingegnerizzazione dell’energia idraulica, specialmente nei cantieri minerari tedeschi e alpini, porta a una progressiva introduzione di magli azionati dalla forza dell’acqua. I primi investimenti massicci per lo sviluppo dell’attività metallurgica si hanno nella produzione dell’argento, estratto dal minerale di piombo argentifero in Sassonia; dopo l’estrazione il minerale viene lavato, frantumato, fuso e sottoposto a ripetuti processi di coppellazione fino all’ottenimento dell’argento nel suo massimo grado di purezza.
Al passaggio fra XII e XIII secolo risale l’applicazione dell’energia idraulica per l’azionamento dei mantici e dei magli nelle miniere d’argento dell’area alpina trentina e tirolese e nell’industria siderurgica in Stiria, Carinzia, Lorena e Delfinato; agli inizi del XIV secolo sono già in funzione sistemi di pompaggio dell’aria a doppio mantice in grado di fornire un flusso costante. A partire dal XIV secolo tre tipologie di apparati siderurgici iniziano a sostituire le vecchie ferriere. La prima è la fornace catalana che, seppure di origine tardoantica, si diffonde in tutta Europa solo durante il basso Medioevo per la produzione del ferro con il metodo diretto. Questa tecnica, che non arriva a sviluppare le temperature necessarie per la fusione (1538°) e per questo è denominata lavorazione al “basso fuoco”, separa il metallo dal minerale allo stato pastoso. Il ferro così ottenuto viene poi lavorato alla fucina e sottoposto a trattamento di cementazione per trasformarlo in acciaio. Questo trattamento è eseguito riscaldando il manufatto di ferro, preventivamente cosparso di una miscela di sostanze carburanti (prevalentemente carbone), fino a circa 900°. A questa temperatura si agevola l’assorbimento superficiale del carbonio che, con il raffreddamento, resta imprigionato nel reticolo cristallino del ferro conferendogli una maggiore durezza superficiale. Un altro trattamento termico per l’indurimento superficiale del ferro è la tempra, eseguita sottoponendo il manufatto a brusco raffreddamento in acqua o in oli refrigeranti.
L’innovazione più importante nell’ambito della siderurgia è comunque l’introduzione di forni a tino di dimensioni maggiori come l’Osmund scandinavo e lo Stückofen tedesco; si tratta di forni a sezione cilindrica o quadra con uno sviluppo in altezza doppio o triplo rispetto ai comuni forni a manica che difficilmente raggiungevano i due metri.
Il maggior sviluppo in altezza abbinato a un flusso d’aria costante, garantito dalle potenti soffierie a mantici idrauliche, favoriscono l’innesco di quelle reazioni di ossidoriduzione che provocano la fusione del minerale di ferro producendo la ghisa che, fino a quel momento, era stata ottenuta soltanto casualmente, e comunque senza distinguerla dal ferro; nelle valli alpine, specialmente in quelle bergamasche e bresciane, si hanno le testimonianze più antiche, risalenti al XIII secolo, di questo tipo di lavorazione, che con gli sviluppi della siderurgia conduce all’introduzione del metodo indiretto nella produzione dell’acciaio. La ghisa ha caratteristiche meccaniche inferiori al ferro, ma la possibilità di lavorarla tramite fusione favorisce la sua diffusione nella produzione di manufatti di grosse dimensioni come armi da fuoco, proiettili, fondi per camini, alari, lastre per tombe. Per poterne migliorare le proprietà meccaniche e perché possa essere utilizzata anche per la produzione di utensili, armi e armature, la ghisa deve essere sottoposta a un trattamento termico di decarburazione. Tale operazione è eseguita con successivi riscaldamenti di masselli di ghisa entro bagni di ghisa liquida ai quali sono alternate sedute di martellatura all’incudine.
Un altro metallo molto diffuso nel Medioevo è il rame, presente nei giacimenti sia allo stato metallico, sia a quello minerale. Minerali come la cuprite e la malachite, riscaldati intorno ai 1000°, fondono facendo depositare il metallo nel crogiolo. L’argento, invece, oltre ai rari giacimenti allo stato nativo, è presente in natura principalmente nella galena, un minerale di piombo argentifero, dal quale si estrae attraverso i processi di fusione e coppellazione. Analogamente l’oro si trova in natura allo stato nativo sotto forma di pagliuzze e pepite contenute in pietre come i lapislazzuli o il quarzo, dalle quali viene estratto attraverso il metodo dell’amalgama con il mercurio. La gran parte dell’oro e dell’argento lavorato nel tardo Medioevo proviene dalle regioni a est del Reno.
Dopo la scoperta dei giacimenti argentiferi di Freiberg, intorno al 1136, l’industria argentifera dell’area centroeuropea cresce in maniera notevole fino al 1348, quando la crisi demografica innescata dalla “peste nera” determina la sospensione delle attività minerarie per circa un secolo. Intorno a questi anni – sembra nel 1325 –, sempre in Germania, fanno la loro prima comparsa le armi da fuoco; nel secolo successivo, oltre a rivoluzionare i modi di combattere, esse contribuiscono forse più di ogni altra cosa a incentivare lo sviluppo della metallurgia e la messa a punto di tecniche per lo sfruttamento sempre più intensivo dei giacimenti minerari.