CARAFA, Michele Enrico
Nacque a Napoli il 17 nov. 1787. figlio cadetto di Giovanni principe di Colubrano e duca d'Alvito e di Teresa Lembo, divenuta in seconde nozze principessa di Caramanico. Destinato per tradizione familiare alla carriera militare, fu dapprima inviato nel collegio della Nunziatella, ma il padre, buon dilettante di musica e apprezzato autore di composizioni religiose e da camera, intuì le sue attitudini musicali e ancora fanciullo lo affidò alle cure di certo Fazzi, un valente organista originario di Mantova, perché apprendesse i rudimenti dell'arte musicale. I risultati ottenuti indussero poi il C. a proseguire gli studi con Francesco Ruggi, allievo di F. Fenaroli nel conservatorio di S. Maria di Loreto. Già nel 1802 aveva composto per un teatro di dilettanti l'operetta Il Fantasma (eseguita nel 1805 nel teatrino privato del principe di Caramanico) e successivamente le cantate Il Natale di Giove e Achille e Deidamia, che furono la prima vera rivelazione del suo talento musicale.
Nel 1806 il C. si recò a Parigi con la madre, e divenuto dapprima allievo di L. Cherubini per il contrappunto e la composizione, studiò poi il pianoforte con F. Kalkbrenner. In questo periodo compose l'opera in un atto La Musicomania (libretto di R.-C.-G. de Pixérécourt, Parigi 1806), seguita da Il Prigioniero, rappresentata a Napoli. nello stesso anno. Dimostrò così di poter affrontare con successo la vita artistica, ma per desiderio del padre riprese invece la carriera militare e entrò nell'esercito francese come luogotenente degli ussari della guardia. Fatto prigioniero, nel 1806 nella battaglia di Campotenese, fu poi liberato e nominato scudiero del re. Partecipò alla spedizione di Sicilia, in cui si distinse tanto da guadagnarsi i gradi di capitano e la decorazione dell'Ordine delle Due Sicilie. Tornato a Napoli, nel 1808 sposò Antonietta d'Aubertan, e riprese gli studi musicali sotto la guida di F. Fenaroli. Nel 1812, sempre al seguito di Gioacchino Murat, partecipò alla campagna di Russia e dopo la battaglia di Ostrovo fu insignito della Legion d'onore da Napoleone, e poi nel 1813 nominato barone del Regno. Nella primavera del 1814 fece ritorno a Napoli e successivamente, dopo la Restaurazione, non essendo disposto ad accettare il nuovo stato di cose, preferì abbandonare l'esercito e dedicarsi esclusivamente alla carriera musicale.
Il C. esordì come operista sulle scene della sua città natale facendo rappresentare Il Vascello d'Occidente (libretto di L. A. Tottola, teatro del Fondo, 14 giugno 1814), opera che ottenne un caloroso successo; ad esso fece seguito l'anno successivo La Gelosia corretta,ossia Mariti aprite gli occhi (libretto di L. Romanelli, teatro dei Fiorentini, carnevale del 1815). Volle poi cimentarsi anche nel genere serio e sempre per Napoli diede alla scene Gabriella di Vergy (libretto di L. A. Tottola, teatro del Fondo, 3 luglio 1816), che ebbe quali interpreti d'eccezione I. Colbran, D. Nozzari e G. David. L'opera, accolta entusiasticamente fin dal suo primo apparire, fu più volte replicata e divenne popolarissima a Napoli soprattutto per alcuni brani, che neppure Donizetti e Mercadante quando musicarono lo stesso soggetto riuscirono ad oscurare.
Ormai raggiunta la celebrità, il C. decise di affrontare anche il pubblico di altre città e, dopo aver composto per il teatro S. Carlo Ifigenia in Tauride (19 marzo 1817), si recò a Milano per la rappresentazione di Adele di Lusignano (libretto di F. Romani, teatro alla Scala, 27 sett. 1817). Fu poi a Venezia e in altre città italiane per l'allestimento di sue opere, che diffusero la sua fama anche all'estero. Recatosi infatti a Parigi, esordì sulle scene dell'Opéra-Comique con l'opera Jeanne d'Arc à Orléans (libretto di Théaulon e A. Dartois, Salle Feydeau, 10 marzo 1821), che ottenne lusinghieri consensi di pubblico e fu ammirata dalla critica per la bellezza della linea melodica e l'elegante scrittura orchestrale. Rientrò poi a Napoli, ma, deluso della fredda accoglienza dei suoi concittadini tanto da non riuscire a far rappresentare un'opera destinata alla sua città, preferì recarsi a Roma e poi nuovamente a Parigi. La sua opera, Le solitaire (libretto di E. Planard, Opéra-Comique, 17 ag. 1822), fu accolta entusiasticamente e fu per molti anni il suo lavoro più popolare sia per la felicità dell'invenzione melodica sia per il vigore dell'espressione drammatica. Tornò poi a Roma per rappresentarvi L'Eufemio di Messina (libretto di F. Ferretti carnevale 1823), ma l'opera che, secondo il Fétis, avrebbe avuto ottimo esito, fu accolta in realtà piuttosto freddamente e il C., deluso del pubblico romano, allora totalmente conquistato dall'astro donizettiano, lasciò la città deciso a non mettervi più piede. Frattanto l'insuccesso romano veniva ripagato dal favore con cui a Vienna era stata accolta l'opera, Abufar o sia La Famiglia araba (libretto di F. Romani, Kärntnerthortheater, primavera 1823, poi Hofaper, 28 giugno 1823), che fu molto lodata dalla critica.
Il C. fece quindi ritorno a Parigi e ritrovò il successo con l'opera comica in un atto Le Valet de chambre (libr. di E. Scribe e A.-H.-J. Mélesville, Opéra-Comique, 16 sett. 1823), che consolidò la sua fama di compositore; sempre sulle scene dell'Opéra-Comique venivano poi rappresentate con buon esito L'auberge supposée (libretto di E. Planard, 26 apr. 1824) e La Belle au bois dormant (libretto di E. Planard, Académie Royale de Musique, 2 marzo 1825, coreografie di P. Gardel). Frattanto aveva continuato a scrivere anche per i teatri italiani, e dopo aver composto per Napoli il Tamerlano (libretto di J. Ferretti), che tuttavia per una serie di malintesi non venne rappresentato, scrisse per Milano Il Sonnambulo (libretto di F. Romani, teatro alla Scala, 13 nov. 1824). Con Il Paria (libretto di G. Rossi, Venezia, teatro La Fenice, 4 febbraio 1826) concluse la sua carriera italiana, e nel 1827 si stabilì definitivamente a Parigi. Dopo aver fatto rappresentare senza successo Il Sangarido (libretto di E. Planard e Pellissier, Opéra-Comique, 19 maggio 1827), scrisse l'opera comica Masaniello ou Le pêcheur napolitain (libretto di Moreau e Lafortelle, ibid., 27 dic. 1827) che fu subito riconosciuta come la sua partitura più riuscita e riscosse un clamoroso successo tanto da essere replicata per ben 136 sere consecutive. Tuttavia il delirante trionfo riportato sulle scene parigine dalla Muta di Portici di D. Auber, in cui veniva trattato lo stesso soggetto, decretò la scomparsa dal repertorio teatrale parigino di quello che veniva considerato il suo capolavoro, ricordato in seguito soltanto per alcuni brani. Continuò tuttavia a comporre e, confortato anche dall'amichevole appoggio di Rossini, poté godere ancora della stima del mondo musicale francese. Gran parte delle sue opere subirono però la stessa sorte del Masaniello e dovettero sostenere il confronto con lavori di artisti più dotati di lui, come Le nozze di Lammermoor (libretto di A. Roger e G. Waez, da Walter Scott, Théâtre Italien, 12 dicembre 1829), opera che, nonostante l'interpretazione della celebre Sontag, cantante molto amata dal pubblico parigino, e pur non essendo priva di belle pagine non resse al paragone con la Lucia di Donizetti e fu presto dimenticata. Frattanto nel 1834, ormai deciso a stabilirsi per sempre in Francia, fu naturalizzato francese; nel 1837 successe a J. F. Lesueur come membro dell'Académie des Beaux-Arts, e nel 1838, alla morte di F. Beer, fu nominato direttore del ginnasio di musica militare. Dal 1840 al 1858 fu inoltre professore di contrappunto e composizione al conservatorio di Parigi.
Compositore particolarmente fecondo, il C. lasciò numerose composizioni di genere sia profano sia religioso. Gran parte dei suoi spartiti autografi furono da lui stesso donati al conservatorio di Napoli nel 1869. Oltre a quelle già citate si ricordano le seguenti opere teatrali: Berenice in Siria (libretto di L. A. Tottola, Napoli, teatro S. Carlo, 29 luglio 1818); Elisabetta in Derbyshire,ossia Il Castello di Fotheringhay (libretto di A. Peracchi, Venezia, teatro La Fenice, 26 dic. 1818); Il Sacrificio d'Epito (libretto di Palmiro Tindario P. A. [Giovanni Kreglianovich], Venezia, teatro La Fenice, 26 dic. 1819, rappresentata in seguito forse al teatro S. Carlo di Napoli nel 1821 con modificazioni e il titolo Aristodemo); I Due Figaro,ossia Il soggetto di una commedia (libretto di F. Romani, Milano, teatro alla Scala, 6 giugno 1820, poi a Parigi, teatro dell'Odéon, 29 ag. 1827, in collaborazione con A. A. Leborne e con il titolo Les deux Figaro); La Festa di Bussone (libretto di S. Pellico, Milano, teatro Re, 28 giugno 1820); La Capricciosa e il soldato o sia Un momento di lezione (libretto di J. Ferretti, Roma, teatro Apollo, 26 dic. 1821); Gli Italici e gli Indiani (libretto di A. L. Tottola, Napoli, teatro S. Carlo, 4 ott. 1825); La Violette,ou Gérard de Nevers (libretto di F. Planard, Parigi, Opéra-Comique, 7 ott. 1828); Jenny (libretto di F. Saint-Georges, Parigi, Opéra-Comique, 26 sett. 1829); L'Auberge d'Auray (libretto di Moreau e d'Epagny, Parigi, Opéra-Comique, Salle Ventadour, 11 maggio 1830, in collaborazione con L. G. Hérold); Le Livre de l'Hermite (libretto di F. Planard e Dupont, Parigi, Opéra-Comique, 13 ag. 1831); La Marquise de Brinvilliers (libretto di Castil-Blaze, Opéra-Comique, 31 ott. 1831), in collaborazione con D. Auber, H.-M. Berton, F. Biangini, F. A. Boïeldieu, L. Cherubini, F. Paer: ouverture e finale del secondo atto); La Prison d'Edimbourg (libretto di E. Scribe e F. Planard, Opéra-Comique, 20 luglio 1833); La Maison du Rempart,ou Une Journée de la Fronde (libretto di Mélesville, Opéra-Comique, 7 nov. 1833); La Grande Duchesse (libretto di Mélesville e Merville, Opéra-Comique, 16 nov. 1835); Thérèse (libretto di E. Planard e A. de Leuven, Opéra-Comique, 26 sett. 1838); aria del baritono per Les Premiers pas ("scène-prologue" in collaborazione con A. Adam, D. Auber e J. Halévy, Opéra, Salle du Théátre historique, 15 novembre 1847). Delle altre composizioni del C. è utile menzionare i balli: L'Orgie di Coralli (Opéra-Comique, 18 luglio 1831); Nathalie ou La Laitière suisse (coreografie di F. Taglioni, in collaborazione con A. Gyrowetz, ibid., 7 nov. 1832); Pezzi per canto e pianoforte, tra cui: Le Retour (1836), Già la notte s'avvicina (1837), Mes souvenirs de Naples (1838), La Croisade; duetti, cantate, pezzi strumentali e per banda: Chanson composée par le roi Murat,mise en musique par son premier écuyer; Marche funebre pour la translation des cendres de Napoléon (Parigi 1854); la scena lirica Soeur Agnès ou la Religieuse; Ave Maria (Parigi 1555); Stabat Mater; Kyrie per 4 voci; Messa di gloria a 4 voci e altra musica sacra.
Artista sensibile, ugualmente versato nel genere comico e serio, il C. fu figura di primo piano nella vita musicale parigina e fu riconosciuto rappresentante tra i più significativi per il prestigio della musica italiana in Francia. Grande amico di Rossini, con cui aveva collaborato fin dai primi anni di attività musicale, scrivendo tra l'altro alcune arie per l'Adelaide di Borgogna (1817) e per il Mosè in Egitto (1818), venne tuttavia oscurato dalla fama del suo più celebre amico. Artista non privo di talento e dotato di facile vena melodica, sorretta da una solida cultura musicale derivatagli dagli anni di apprendistato alla scuola severa del Fenaroli, fu più volte rimproverato di eccessiva faciloneria e trascuratezza nello scrivere; in realtà gran parte delle sue opere teatrali, non prive di belle pagine e spesso sinceramente ispirate, risentirono non di rado dello stile di altri compositori e l'imitazione di moduli compositivi tipicamente rossiniani contribuirono non poco agli insuccessi riportati dai suoi lavori e all'oblio in cui cadde ben presto la sua produzione.
Osserva tuttavia il Florimo come molti dei rimproveri mossi alle sue opere, talora anche alle più riuscite, fossero in realtà ingiustificati e dovuti alle antipatie che si era attirato manifestando giudizi poco lusinghieri nei confronti di musicisti francesi contemporanei. Del resto lo stesso Rossini, nonostante l'amicizia che lo legava al C., con estrema serenità di giudizio ne mise in rilievo i pregi come i difetti, lasciando in questo breve profilo eritico un'immagine abbastanza eloquente del compositore napoletano: "Il nostro Don Michele... ha avuto un bell'ingegno dalla natura, ed è un valente compositore, che io stimo, ed apprezzo davvero, perché sono pregi della sua musica la spontaneità e facilità delle melodie, la finezza di gusto nelle forme, ed una orchestrazione, che se qualche volta si mostra povera e negletta, sa rialzarsi con begli effetti. Però, e non lo dico per vanità, ma perché è così, egli ebbe il torto di nascere mio contemporaneo" (Florimo). È questa una testimonianza tra le più significative sulla posizione occupata dal C. nell'ambito di quello straordinario periodo che fu l'Ottocento musicale italiano, in cui la coesistenza di personalità tra le più rappresentative della storia musicale lasciò poco spazio per figure minori, che in un altro ambiente artistico e in un diverso momento storico avrebbero trovato ben altra collocazione.
Pur con i suoi limiti il C. fu comunque personaggio non trascurabile e contribuì alla diffusione della cultura musicale italiana all'estero; la sua natura affabile e spontanea gli valse la stima e l'amicizia di molti artisti contemporanei, tra cui Bellini, Cherubini e non pochi dei nomi più prestigiosi del mondo musicale parigino. Fu anche ottimo insegnante e dalla sua scuola uscirono valorosi musicisti; nel 1860 la direzione dell'Opéra e Rossini gli offrirono l'incarico di adattare per le scene francesi il testo della Semiramide e di comporre le musiche del balletto per la rappresentazione parigina della opera, avvenuta il 4 luglio dello stesso anno con la partecipazione di Barbara e Carlotta Marchisio. In questa occasione il Rossini, dando prova di grande generosità, volle assegnare al C., allora settantaduenne e in precarie condizioni economiche, tutti i diritti d'autore della versione francese che fruttarono in pochi mesi un guadagno di circa 15.000 franchi. Tra i pochi artisti ad essere ammesso nella casa parigina di Rossini, il 14 marzo 1864, con Thomas, Meyerbeer e Auber, fu tra gli eletti cui fu concesso di assistere alla prima esecuzione della Petite Messe Solennelle.
Morì a Parigi il 26 luglio 1872.
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