RICCIOLINI, Michelangelo
RICCIOLINI, Michelangelo. – Nacque a Roma il 29 settembre 1654, da Damiano, di Todi, e da Flaminia Piccolini, di Norcia. Il padre era auditore generale di casa Barberini e Ricciolini fu paggio e gentiluomo della famiglia. Mentre Nicola Pio (1724) lo dice allievo di Giovanni Angelo Canini, morto però quando Ricciolini aveva solo dodici anni, Orazio Marrini (1766) afferma che si formò con Carlo Maratti.
Nel 1686 era già sposato con Anna Cecilia Sementi, dalla quale ebbe l’anno successivo il figlio Niccolò, e da quell’anno al 1715 visse in borgo S. Spirito in una casa della famiglia Cesi.
Nel 1704 fu iscritto alla Congregazione dei Virtuosi al Pantheon, mentre non fu mai accademico di S. Luca; ciò nonostante, un suo autoritratto è conservato nella serie degli Uffizi. Nel 1708 fu inserito nell’elenco dei pittori «guazzaroli» che dovevano pagare la tassa speciale di quell’anno, a riprova di una prevalente attività decorativa non accademica (Guerrieri Borsoi, 2007, p. 15).
Probabilmente tra le sue prime opere va annoverata la decorazione della cappella maggiore di S. Lorenzo in Piscibus, ove realizzò l’Adorazione dei Magi, l’Adorazione dei pastori, le lunette con il Sogno di s. Giuseppe e la sua Morte, nonché due sordini all’esterno dello stesso ambiente raffiguranti l’Angelo annunziante e la Vergine annunziata, tutte opere oggi conservate presso l’istituto S. Giuseppe Calasanzio, dopo lo smantellamento dell’assetto barocco della chiesa. La cronologia più probabile per queste tele sembra essere poco dopo il 1674, anche in considerazione del fatto che Marrini le dice eseguite quando Ricciolini aveva vent’anni e che nel 1675 erano in corso altri lavori decorativi nella cappella. Poiché i Cesi contribuirono all’erezione dell’altare maggiore della chiesa, rinnovata dopo la cessione agli scolopi, è possibile che questo cospicuo incarico sia stato dato al pittore grazie alla loro protezione.
In queste opere, e in particolare nell’Adorazione dei pastori, sono evidenti i riferimenti alla pittura di Maratti, anche se si notano espressioni fortemente caratterizzate e atteggiamenti enfatici, nonché una gamma cromatica molto intensa e, almeno a tratti, echi della pittura cortonesca.
Nel 1680 dipinse elementi decorativi nel teatro in legno costruito dall’architetto Francesco Sforzini nel Palazzo pubblico di Orvieto. In una breve biografia settecentesca (Todi, Archivio storico comunale, Fondo Alvi, b. C, n. 18: Relazione sui templi, 1760-72 circa) si legge che lavorò anche nel teatro di Tordinona e nel primo teatro di palazzo Colonna a Roma.
Sempre nel 1680 dipinse a guazzo una stanza di palazzo Massimo all’Aracoeli a Roma, avente probabilmente al centro del soffitto una tela raffigurante il Carro del Sole con le dodici ore del giorno (non rintracciata), e fece altri piccoli lavori decorativi nello stesso stabile nel periodo successivo.
Nell’edificio, ristrutturato da Carlo Fontana, Ricciolini risulta attivo nell’ambito di una numerosa équipe di decoratori, tra i quali Francesco Corallo, Domenico Paradisi, Nicolò Stanchi, tutti spesso utilizzati in cantieri diretti da quell’architetto e con i quali collaborò di nuovo negli anni successivi.
Nel 1684-85 soggiornò per vari mesi a San Quirico d’Orcia, ove realizzò per il cardinale Flavio Chigi, con altri collaboratori dell’équipe di Francesco Corallo, la decorazione di numerose sale del grande palazzo del porporato. Gli si possono riferire, tra le altre figure, l’Ercole e l’Idra e i Continenti nella stanza del Cancro, Marte nel segno dello Scorpione, il Segno del Sagittario, il Tempo che scopre la Verità, il Carro di Apollo, figure tutte caratterizzate dalle tipiche espressioni stupite e dai caratteristici volti arrossati, ricche di pathos e movimento. Per questo stesso palazzo eseguì anche parte delle tele con Storie di Alessandro Magno, in omaggio al pontefice Alessandro VII, realizzate a imitazione di arazzi con una tempera magra. Non ricordate nei pagamenti, sono comunque anteriori al 1687 e ne restano sette, tra le quali sono state riferite a Ricciolini Alessandro Magno e il nodo di Gordio, Alessandro e Timoclea, Alessandro e Poro, Alessandro trafigge il leone, mentre le tele restanti spetterebbero ad Anton Angelo Bonifazi (Angelini, 2009, p. 146).
Dipinse in S. Girolamo in Campansi a Siena, chiesa ristrutturata a partire dal 1681 per volere di Agostino Chigi e consacrata nel 1685, in un’altra impresa diretta da Francesco Corallo, con il fiorista Nicolò Stanchi e altri collaboratori, realizzando nel catino absidale S. Girolamo giovinetto punito perché troppo ciceroniano e tre dipinti nella volta, l’Assunzione della Vergine, Gli angeli presentano la croce a s. Francesco e S. Pietro d’Alcantara.
Si è ipotizzato che abbia collaborato ancora con l’équipe di Francesco Corallo nel 1686 nella decorazione del salone di Vittoria della Rovere nella villa del Poggio Imperiale a Firenze (Ciampolini, 1992, p. 72), ma i documenti noti non attestano la sua presenza.
Affrescò la volta della cappella Capizzucchi in S. Maria in Campitelli a Roma, inaugurata nel 1685, con la Visione di s. Paolo nel terzo cielo, dinamica composizione barocca nella quale l’apostolo si proietta davanti alla luce che circonda Dio Padre, tra giocose ed espressive figure di angeli.
Secondo Marrini, dopo aver realizzato l’opera precedente, Ricciolini decorò la cappella di S. Nicolò in S. Lorenzo in Piscibus con la tela sull’altare raffigurante la Madonna con il Bambino e i ss. Nicolò e Filippo Neri (oggi si trova presso l’istituto S. Giuseppe Calasanzio), due laterali e la volta affrescata.
Realizzò per il cardinale Pietro Ottoboni, avendo Domenico Paradisi come impresario e François Simonot come paesaggista, i dipinti preparatori per una serie di arazzi raffiguranti Storie della Gerusalemme liberata, già citati nel 1693. Tre di questi «finti arazzi» sono oggi conservati nel palazzo Chigi di Ariccia e raffigurano Pietro l’eremita chiama Goffredo di Buglione a guidare la crociata, Il sorteggio dei crociati per accompagnare Armida e Il sonno di Erminia.
Gli arazzi che derivarono dalla serie furono realizzati nel 1735; se ne hanno varie notizie documentarie e ne sono stati rintracciati dieci (Petrucci, 1995).
Per Ottoboni lavorò anche per l’apparato dell’esposizione delle quarantore del 1692, eseguì un modello pittorico per la tomba di Alessandro VIII nel 1705, e due suoi dipinti, raffiguranti la Presentazione al Tempio e la Deposizione, figurano nell’inventario della collezione del cardinale Ottoboni nel 1740.
Nel 1692 circa (Manieri Elia, 1994) intraprese la realizzazione di una serie di tele con le Storie di s. Lorenzo poste nella parte alta della navata di S. Lorenzo in Piscibus, ora presso l’istituto S. Giuseppe Calasanzio, datate da una fonte settecentesca al 1699, per le quali si conoscono anche numerosi disegni preparatori.
Il carattere marattesco vi appare attenuato in favore di una maggiore drammaticità, con composizioni talora concitate e accentuati contrasti cromatici che rivelano riferimenti alla tradizione cortonesca e a pittori quali Daniele Seyter o Giuseppe Ghezzi.
Nel 1696 circa dipinse la volta di S. Maria delle Vergini raffigurante la Gloria del paradiso (Negro, 1995, p. 19). Intorno al 1698 realizzò, per il cardinale Giuseppe Renato Imperiali, la volta nel suo palazzo in piazza Colonna, non più esistente. Dovrebbe essere della fine del secolo anche il dipinto eseguito come impresa accademica dell’Aggraziato (Accademia degli Incolti) raffigurante Flora indica nella natura il segreto della verità, conservato nel collegio Nazareno di Roma (Il ritratto segreto, 2004).
Nel 1700 circa operò nella villa Mellini a Monte Mario e probabilmente anche nella contigua chiesetta della Croce (opere perdute).
Nel 1698-99 decorò, con collaboratori, per il cardinale Fabrizio Spada la galleria del palazzo di famiglia, probabilmente la sua opera più nota, con tele applicate al soffitto raffiguranti le Quattro parti del mondo, i Quattro elementi e le Quattro stagioni, separate dalle allegorie della Fortuna e della Ricchezza. Sua fu anche la decorazione delle pareti con trofei di armi, vasi, figure mitologiche, scene delle Metamorfosi e infiniti altri elementi decorativi.
L’anno seguente dipinse per il marchese Bernardino Spada un’alcova perduta e altre opere, mentre nel 1703-04 realizzò, per il cardinale Fabrizio, la decorazione di vari ambienti, tra i quali quello che reca nel soffitto Aurora e il carro del Sole fugano la Notte, all’interno di un finto parapetto sorretto da ignudi e decorato da rilievi, nonché le volte delle cosiddette stanze delle Porcellane e delle Virtù.
Domina un gusto decorativo sovrabbondante che persegue la varietà, esibisce l’erudizione e raggiunge livelli inusitati di piacevolezza cromatica.
Ancora per questa famiglia dipinse la tela con Sansone e Dalila (Galleria Spada) e altre opere segnalate dai documenti, ma non più esistenti.
Gli sono stati attribuiti interventi nella decorazione del palazzo Gori Pannilini al Porrione a Siena, accanto ad Antonio Colli e Paolo Albertoni, riferiti ai primi anni del Settecento.
Nel 1709 realizzò la Madonna e il Bambino appaiono a s. Filippo Neri, pala inviata nella cattedrale di Lubiana e oggi nella chiesa di S. Giorgio a Hruševo.
Affrescò la volta della galleria del palazzo Orsini Barberini a Monterotondo, ricordata da Marrini, raffigurando un basso muretto lungo le pareti, ornato da ignudi, putti e decori di varia natura, che inquadra il cielo aperto contro il quale si stagliano l’Aurora e tre figure forse identificabili con le Ore, così come Vulcano e i ciclopi, mentre è persa la figura aggredita dalla personificazione del Tempo.
La data di questo importante lavoro non è stata ancora determinata, neanche dagli inventari recentemente resi noti, ma il biografo Marrini, che sembra elencare in ordine cronologico le opere eseguite da Ricciolini nei palazzi, lo ricorda tra quelli in palazzo Spada e quelli a Macerata, cosicché dovrebbe essere collocato nel primo decennio del secolo, allorché il palazzo apparteneva ai Grillo, e ciò renderebbe plausibile la partecipazione del figlio Niccolò, proposta sulla base di considerazioni stilistiche. Ricciolini fu anche autore di altre decorazioni dello stesso edificio, perdute ma testimoniate da immagini fotografiche, nelle stanze dette dei Trofei e delle Prospettive (quest’ultima posteriore al 1708).
Nel 1710-12 affrescò a Macerata la volta della galleria di palazzo Buonaccorsi, ove rappresentò le Nozze di Bacco e Arianna, opera parzialmente completata nel 1713-15 dal figlio Niccolò.
Lo schema complessivo è affine a quello utilizzato a Monterotondo, con un parapetto dipinto sopra le pareti reali, ornato da numerose figure e decori, compresi quattro rilievi negli angoli con storie mitologiche, che inquadra un brano di cielo nel quale si stagliano innumerevoli divinità. I colori chiari, l’abbondanza delle decorazioni anche floreali, la varietà delle invenzioni, fanno di quest’opera un altro esempio molto significativo della sua attività.
Forse negli ultimi anni di vita, considerata la citazione di Nicola Pio, dipinse nel monastero di Tor de’ Specchi, ove certamente spetta a Ricciolini la sala rivestita con tele applicate al muro, simulanti arazzi, che rappresentano le Storie di David, caratterizzate da una cromia luminosa e da un’impostazione decorativa particolarmente aggraziata.
Sono opere settecentesche anche le due tele con S. Teresa d’Avila e S. Alberto in S. Maria della Stella ad Albano (Negro, 1994, p. 41), cittadina dove Ricciolini aveva una casa per la villeggiatura.
Dipinse, probabilmente con la collaborazione del figlio, la volta del casino tuscolano di Pietro Pescatore, personaggio strettamente legato al cardinale Ottoboni, raffigurando nel riquadro centrale il Tributo della moneta e nella cornice perimetrale monocroma elementi decorativi con putti, ignudi e piccole scene relative alla vita di s. Pietro, per ovvio riferimento al nome del committente. Questa ricca cornice presenta evidenti somiglianze con quella nella stanza dell’Aurora di palazzo Spada.
Gli è stata riferita, sulla base di considerazioni stilistiche, l’ideazione del ciclo di «finti arazzi» raffiguranti Storie di Giuseppe ebreo e del figliol prodigo, ordinati dalla Confraternita dell’Orazione e Morte di Frascati per decorare la chiesa di S. Maria in Vivario, effettivamente dipinti da Giulio Pantalissi e da Ignazio de Marchis nel 1714.
Nel 1715 costruì e cominciò a decorare la cappella dei Ss. Sebastiano e Rocco sempre in S. Maria in Vivario, opera completata dal figlio dopo la sua morte, realizzando nella volta l’affresco con Dio in gloria pregato dai ss. Sebastiano e Rocco per gli appestati, non più esistente a causa dei rifacimenti ottocenteschi della cappella.
Ricciolini si spense a Frascati il 10 dicembre 1715.
Fonti e Bibl.: Todi, Archivio storico comunale, Fondo Alvi, b. C, n. 18: Relazione sui templi, opere pittoriche, ecc. esistenti in Todi, 1760-1772 circa, c. 68rv.
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