PLATINA, Michelangelo
PLATINA, Michelangelo. – Nacque a Solere (Savigliano), presso Cuneo, il 20 agosto 1670, terzogenito del conte Lucio Antonio e di Maria Maddalena dei conti di Solere. Il padre era un esponente di una famiglia cremonese stabilitasi in Piemonte agli inizi del Seicento.
Intrapresi gli studi dapprima a Savigliano e in seguito a Torino (dove fu allievo del padre gesuita Onorato Saverio Barli) seguendo le orme dello zio Gian Michele, nel 1689 entrò nell’Ordine dei minori conventuali, assumendo il nome di Giuseppe Maria da Savigliano. Trasferitosi a Bologna, studiò con alcuni dei più autorevoli esponenti del suo Ordine, fra cui Sébastien Dupasquier (il frate savoiardo autore di un’imponente Summa theologiae scholasticae), Vincenzo Conti da Bergamo (futuro generale), e Baldassarre Melchiorre Milazzo da Naro, «uno dei più letterati della Religione e dei più considerati che ammirasse Roma a suo tempo» (Platina, Arte oratoria, 1716, p. V). La sua formazione continuò a Roma, dove studiò nel collegio di S. Bonaventura e divenne membro dell’Arcadia con lo pseudonimo di Algo Panicheo, a Napoli e «nelle più ragguardevoli città d’Italia» (p. V). Intrapresa la carriera accademica a Bologna, il 18 agosto 1700 venne eletto reggente del collegio di Foggia, carica che dovette lasciare pochi mesi dopo essendo stato chiamato a Venezia per una delicata missione.
Il generale dei minori conventuali, il veneziano Vincenzo Coronelli, il 18 maggio 1701 aveva infatti deciso di destinare Platina (e insieme con lui il padre Alessandro Burgos da Messina) al prestigioso incarico di reggente del ginnasio dei Frari di Venezia. La scelta del frate piemontese (che qualche tempo prima, durante il Capitolo generale dell’Ordine, si era distinto per una brillante conclusione teologica dedicata a Clemente XI) destò non poche sorprese nel convento lagunare, dove la tradizione aveva sempre imposto la reggenza di frati veneziani (o veneti), garantendo così al governo dei Frari «una specie di oligarchia chiusa, su modello della serrata del Maggior Consiglio» (Gatti, 1976, p. 568). Benché Platina godesse della piena fiducia dei vertici dell’Ordine e, in particolare, di Coronelli da cui era stato «assunto per secretario» (p. 487), la sua permanenza a Venezia si rivelò tutt’altro che facile. Dovette infatti scontare l’aperta ostilità dell’influente padre Carlo Antonio Donadoni, il quale, rivendicando da veneziano il diritto a ricoprire egli stesso la carica di reggente dei Frari, aveva denunciato al doge quello che ai suoi occhi appariva un sopruso perpetrato da Coronelli con il malcelato sostegno di Roma. La questione venne rimessa alle magistrature veneziane, le quali sentenziarono come illegittima la nomina di Platina e di Burgos.
Platina lasciò allora la Serenissima per tornare a Bologna, dove il 16 giugno 1702 venne nominato reggente del collegio cittadino. In tale veste si dedicò a tempo pieno agli studi di filosofia e teologia (ambiti nei quali Platina – ammiratore di Ignazio di Loyola, a cui nel 1721 dedicò un Panegirico più volte ristampato – sviluppò teorie apertamente antigallicane), di lettere italiane e latine, di poesia, di arte retorica e oratoria. A queste ultime discipline, anche su sollecitazione del generale dell’Ordine, Domenico Andrea Borghesi, consacrò cinque copiosi trattati (Arte oratoria; Stati oratori; Trattato del movimento degli affetti; Trattato dell’eloquenza spettante ai tropi; Trattato dell’eloquenza spettante alle figure delle parole; del sesto, dedicato a Elocuzione e periodo, rimasto manoscritto, non vi è più traccia), che uscirono a Bologna fra il 1716 e il 1731. Nel 1719 e nel 1724 sono attestati due soggiorni a Roma. Il primo in occasione del Capitolo generale; nel secondo, quando tenne due discorsi: uno in onore dell’Immacolata Concezione, l’altro, nella basilica dei Ss. Apostoli, in onore del beato Andrea de’ Conti. Negli stessi anni cominciò a tessere una fitta rete di relazioni con le élites culturali bolognesi (frequenti furono i rapporti con l’Accademia dei Difettuosi, di cui fu membro) e con le gerarchie ecclesiastiche della città, a partire dall’arcivescovo, cardinale Giacomo Boncompagni (al quale nel 1718 dedicò gli Stati oratori), e dal suo successore Prospero Lambertini. L’assunzione da parte di Platina di un ruolo pubblico all’interno della Chiesa bolognese è confermata dai sermoni pronunciati in S. Petronio (fra cui uno per impetrare dalla Vergine la protezione da un’alluvione che minacciava la città), e nella chiesa dell’Arciconfraternita della Morte, in ringraziamento della protezione celeste accordata a Bologna rimasta immune dal contagio di peste che nel 1720 si era propagato da Marsiglia.
Nonostante le tensioni vissute ai tempi della reggenza ai Frari, Platina, la cui fama di «predicatore celeberrimo» (così era definito nel 1710 dagli Accademici Muti di Reggio Emilia) si era abbinata a quella di «pubblico professore nello Studio di Bologna» (così era ricordato nel 1719 nell’affiliazione all’Accademia degli Innominati di Bra), accettò di tornare in Veneto quando, nel 1733, l’Università di Padova lo chiamò per ricoprire la cattedra di teologia e di metafisica. Dopo un paio di anni di intensa attività accademica (testimoniata dalla successiva pubblicazione in quattro volumi delle Praelectiones theologicae habitae in Gymnasio Patavino, Bologna 1736-40) tornò tuttavia nella città felsinea. Ad accoglierlo fu anche l’arcivescovo Prospero Lambertini, di cui Platina divenne stimato consigliere fino a quando, nel 1740, il cardinale non fu eletto papa con il nome di Benedetto XIV. La promozione di Lambertini al soglio pontificio venne celebrata anche da Platina, ormai «abbattuto e franto dall’età e dalle fatiche», in un’orazione tenuta, «dopo lungo silenzio», nella chiesa conventuale di S. Francesco il 9 ottobre 1740 (Orazione…, Bologna 1740, p. 1).
Morì nel convento di S. Francesco a Bologna il 5 gennaio 1743.
La cospicua produzione di Platina (una parte della quale rimasta manoscritta) non passò immune da critiche giunte anche dopo la sua morte, tanto che nel 1753 toccò a un confratello scrivere un «discorso apologetico» contro gli attacchi di un «professore anonimo» che «sotto il nome specioso di “letterato bolognese”» aveva censurato l’opera del frate piemontese. Stampata a Bologna sotto forma di lettera «scritta ad un signore NN. cesenate», la requisitoria contro i trattati di Platina si fondava sul confronto con le opere di oratoria del gesuita Cipriano Suarez, il cui compendio «val più […] che mille altri volumi da spaventare ogni fedel cristiano e da rendere a tutti odiosa questa peraltro amabilissima arte»; per il detrattore di Platina erano infatti finiti «i tempi ne’ quali per diventare oratore credeasi necessario di ammazzare i giovani con tomi di precetti», mentre si imponeva ora la necessità di avere «meno precetti e più esercizio e lettura degli antichi maestri» (Le opere rettoriche […] per via di diramazioni in tre parti ridotte e con discorso apologetico difese in alcun de’ suoi precetti da un religioso del medesimo ordine, Venezia 1753, p. XI).
Opere. Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Mss., A.490: In secundum Aristotelis de arte rhetorica librum […] et commentariola et investigationes thematum et quaestiones; A.1107-1108: Osservazioni sopra due trattati tradotti dal francese in italiano e stampati in Padova l’anno 1733 l’uno delle libertà, l’altro della concupiscenza; Arte oratoria […] dedicata al padre S. Francesco d’Assisi, Bologna 1716; Stati oratorij dedicati all’eminentissimo e reverendissimo sig. cardinale Giacomo Boncompagno arcivescovo di Bologna, Bologna 1718; Orazione […] in occasione del capitolo generale celebrato in Roma nel convento de SS. Apostoli l’anno 1719, Roma-Bologna 1719; Discorso […] in onore dell’Immacolata concezione di Maria Vergine in Faenza l’anno 1723, Roma-Faenza 1723; Discorso […] recitato nella chiesa della nobilissima arciconfraternita di Santa Maria della morte l’ultimo giorno del triduo instituito da confratelli professi dell’oratorio, Roma 1723; Discorso in onore del b. Andrea de’ Conti minorita recitato in Roma […] nella Basilica de’ SS. 12. Apostoli l’anno 1724, Roma 1724; Trattato del movimento degli affetti dedicato alla santità di nostro signore Benedetto XIII, Bologna 1726; Trattato dell’eloquenza spettante ai tropi dedicato a s. Antonio di Padova, Bologna 1730; Trattato dell’eloquenza spettante alle figure delle parole dedicato a s. Antonio di Padova, Bologna 1731.
Fonti e Bibl.: A. Manno, Il patriziato subalpino. Dizionario genealogico, XXIII, Firenze 1895, p. 565; Il catalogo degli Arcadi per ordine d’alfabeto. Colla serie delle colonie, e rappresentanze arcadiche, Roma 1720, p. X; Giornale de’ letterati pubblicato in Firenze per i mesi di gennaio, febbraio e marzo dell’anno 1743, II, 1, Firenze 1743, pp. 228-232 (la voce è riprodotta nella Biografia degli Italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII […] pubblicata per cura del professore Emilio De Tipaldo, V, Venezia 1837, pp. 266 s.).
A. Teetaert, Platina, Joseph, in Dictionnaire de theologie catholique, XII, 2, Paris 1935, coll. 2255 s.; I.L. Gatti, ll padre Vincenzo Coronelli dei frati minori conventuali negli anni del generalato (1701-1707), Roma 1976, pp. 7, 468, 493, 541, 567 s., 574, 578, 682 s.; A. Barzazi, Gli affanni dell’erudizione: studi e organizzazione culturale degli ordini religiosi a Venezia tra Sei e Settecento, Venezia 2004, p. 54; I.L. Gatti, I Frati minori conventuali tra giurisdizionalismo e rivoluzione: il p. Federico Lauro Barbarigo ministro generale dell’Ordine (1718-1801), Padova 2006, pp. 151, 154, 172.